Autore: sergio

POLISIA NASIONALE VENETA

La Polisia Nasionale Veneta (Polisia) è istituita nell’ambito della Repubblica Veneta  col compito di salvaguardare la sicurezza personale dei cittadini, i loro beni, la tranquilla e rispettosa convivenza civile, il rispetto delle leggi, prevenendo il compiersi di illeciti e di assicurarne i responsabili alla giustizia.
La Polisia ha il compito di salvaguardia delle Istituzioni democratiche, delle Autorità costituite a livello Federale, di Contea e Municipale, nonché dei beni immobili, mobili e strumentali dello Stato stesso.
La Polisia concorre con le Forze Armate alla difesa territoriale della Nazione nel quadro operativo dell’impiego strategico di difesa militare e al concorso nelle attività di protezione e difesa civile in caso di calamità naturali e di ogni altra necessità.

Vedi:
DECRETO COSTITUTIVO
REGOLAMENTO DI POLISIA
PROSPETTO RETRIBUTIVO
RUOLI E QUALIFICHE
SERVIZI E SPECIALIZZAZIONI

NOME … IDENTITA’ PERSONALE

L’identità personale è dunque l’estrinsecazione di ciò che ogni Persona è fisicamente, intellettualmente e coscientemente.
Nessuno e nessuna norma di legge può privare una Persona della propria identità e del proprio nome.
PERCHE’ UN NOME E UN COGNOME
Il prenome, o nome di battesimo: è dato dai genitori all’atto della nascita del figlio o della figlia.
Il cognome, o il nome patronimico: è il nome della famiglia, volto a distinguere una persona da altri membri della società.
La successiva registrazione all’anagrafe del Popolo di appartenenza è un atto che i genitori hanno il diritto/dovere di compiere solo ed esclusivamente per consentire la regolamentazione dei rapporti nell’ambito della società di appartenenza.
Con la propria emancipazione e attraverso il proprio nome e cognome il nativo potrà poi chiedere di entrare a far parte della società acquisendo oltre ai diritti previsti dalla Nazionalità anche i doveri previsti dalla Cittadinanza.
IL DIRITTO AL NOME
Il concetto di diritto al nome però è più ampio e comprende anche il diritto di ciascun individuo ad averne uno, istituto giuridico oggetto di alcune dichiarazioni solenni segnatamente riferite ai diritti dell’infanzia, per le quali il bambino ha espressamente diritto ad avere un nome.
Così si esprime infatti la Convenzione sui Diritti del Bambino elaborata dall’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e già diversi sono gli atti di recepimento in diversi paesi. In realtà il concetto sussisteva anche in ordinamenti di molto precedenti, sia pure più genericamente e quindi non limitatamente all’infante.
Vi sono inoltre state teorizzazioni che leggono questo senso della locuzione “diritto al nome” come nitido esempio di un diritto di fonte consuetudinaria.
COSA SI INTENDE PER IDENTITA’ PERSONALE IN FILOSOFIA
In filosofia s’intende la capacità dell’individuo di avere consapevolezza del permanere costante del suo io che si manterrebbe sostanzialmente identico attraverso il tempo e le diverse e varie esperienze che hanno segnato la sua vita fino al momento presente.
LA NON RISPOSTA DI DIO A MOSE’ SUL SUO NOME
“‘Qual è il suo nome?’
Che dirò loro?” (Es 3:13).
Mosè vuol sapere il nome di Dio.
Ma non lo sapeva già?
Tutti gli ebrei si erano sempre riferiti a Dio come a Yhvh.
Evidentemente Mosè era consapevole che quella formula non era proprio un nome, ma era il modo misterioso con cui ci si doveva riferire a Dio.
Ma il suo nome?
Vista la confidenza con Dio – di cui Mosè godeva fino al punto che Dio parlava “a Mosè faccia a faccia, proprio come un uomo parlerebbe col suo prossimo” (Es 33:1) – egli osa la domanda.
Certo con prudenza, usando un giro di parole e attribuendo la domanda ad altri: “Supponiamo che . . . ed essi realmente mi dicano: ‘Qual è il suo nome?’ Che dirò loro?” (Es 3:13).
Gli angeli furono riottosi nel rivelare il proprio nome e, di fatto, non lo rivelarono.
Come avrebbe risposto Dio?
A ciò Dio disse a Mosè:” (v. 13).
Si noti molto attentamente, ma davvero molto attentamente.
“A ciò”, cioè alla richiesta di Mosè, Dio “disse”.
La Bibbia dice che in realtà Dio non rispose alla richiesta di Mosè.
Ma “disse” qualcosa.
Per tutta risposta, Dio “disse”: “IO MOSTRERÒ D’ESSERE CIÒ CHE MOSTRERÒ D’ESSERE” (v. 14; il maiuscoletto è di TNM).
Qui occorre fare bene attenzione.
Dobbiamo esaminare la frase di Dio nell’originale per comprenderla dovutamente.
אהיה אשר אהיה
ehyèh ashèr ehyèh
sono/sarò [chi] sono/sarò
Secondo questa nota, la locuzione divina sarebbe “l’espressione con cui Dio chiama se stesso”.
In verità, Dio qui non sta chiamando se stesso.
Dio sta invece rispondendo alla domanda di Mosè, ma non per dare il suo nome.
Come tutta risposta a Mosè che vuol sapere il suo nome, Dio dice: “SONO CHI SONO” (traduzione letterale dall’ebraico)… ovvero IO SONO COLUI CHE E’.

POPOLAZIONE

La parola popolo nel suo significato più specifico è un termine giuridico che indica l’insieme delle persone fisiche che sono in rapporto di cittadinanza con uno Stato tali da essere titolari della sovranità che il più delle volte non viene esercitata in maniera diretta, ma delegata a uno o a più rappresentanti.
“Popolo” non è da confondere con la parola “popolazione”, che indica genericamente l’insieme degli individui che abitano uno stesso territorio.

Ecco cosa dice Wikipedia:
L’insieme dei cittadini di uno Stato costituisce il suo popolo, uno dei tre elementi costituenti dello Stato, assieme al territorio e alla sovranità.”
Per popolazione si intende l’insieme delle persone che risiedono sul territorio di uno Stato (i suoi abitanti), a prescindere dal fatto che siano suoi cittadini.
La popolazione, dunque, differisce dal popolo in quanto, da un lato, comprende anche gli stranieri e gli apolidi che risiedono sul territorio dello Stato mentre, dall’altro, non comprende i cittadini residenti all’estero.
La divergenza tra popolo e popolazione è accentuata negli stati interessati da un forte flusso migratorio, in entrata o in uscita.

STATO GIURIDICO E STATO CIVILE

mi-son-venetoLo stato giuridico è la posizione amministrativa correttamente registrata di un qualsiasi soggetto (fisico o giuridico) rispetto alla collettività.
Lo stato civile è in pratica l’archivio certificato dei fatti giuridici di ogni soggetto, fisico o giuridico, che entra a far parte della comunità.

ANAGRAFE

L’Anagrafe è il registro della popolazione della Repubblica Veneta.registro-elettronico
È amministrato dal Dipartimento attraverso il “Distretto Anagrafico” quale ufficio periferico istituito presso ogni Municipalità.
Il Distretto Anagrafico ha lo scopo di certificare tutto quello che è necessario in ordine ad ogni:
1) PERSONA FISICA (soggetto) attraverso i
– Registro dei Cittadini Veneti residenti
– Registro dei Cittadini Veneti residenti all’estero
– Registro degli Stranieri residenti (oltre i 30 giorni di permanenza)
– Registro dei Turisti (fino a 30 giorni di permanenza)
2) PERSONA GIURIDICA (o imprese) attraverso i
– Registro dei soggetti giuridici attivi
– Registro dei soggetti giuridici cessati
Il Distretto Anagrafico ha dunque il compito di certificare la registrazione dello “status giuridico” sia delle persone fisiche che dei soggetti giuridici presenti sul territorio di propria competenza.

VIOLENZA E VIOLENZA PRIVATA

LEI NON SA CHI SONO IO 2« Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo 339. »
Ma come si configura la violenza ?
La violenza è un’azione compiuta mediante l’abuso della forza di una o più persone che operano con lo scopo di costringere altri ad agire o a piegarsi contro la propria volontà.
L’abuso della forza può essere non solo fisico (con o senza armi), ma anche espressione di violenza solo verbale, o psicologica (ricatti, intimidazioni, minacce).
La violenza non necessariamente implica un danno fisico.
Essa può anche avere lo scopo di indurre a un certo comportamento.
Alcuni esempi di violenza non fisica:resizer.jsp
– la minaccia;
– il plagio;
– l’imposizione d’autorità contro la volontà del soggetto.
La vasta tipologia di azioni del tipo sopra indicato si esprime in un’attività chiamata coercizione o coartazione, in termini immediati, a lunga scadenza, subdolamente, con secondi fini.
In tutti questi casi la violenza ha lo scopo di indurre nell’altro comportamenti che altrimenti non avrebbe.

 

 

TRANSIZIONE … FASE DI

TERRORISMO DI STATO E STRATEGIA DELLA TENSIONE

Uno Stato può decidere di ricorrervi contro i suoi stessi cittadini, a fini repressivi per eliminare direttamente un gruppo politico, o per eliminarlo come interlocutore politico e togliergli credibilità davanti all’opinione pubblica incolpandolo di atti commessi da terzi (operazioni False flag), oppure per intimidire e far emigrare una popolazione che non desidera (pulizia etnica), per creare uno stato di emergenza che giustifica una deriva autoritaria con la sospensione e deroga delle Costituzioni in nome della sicurezza nazionale.
Un ulteriore modo, proprio degli stati e non replicabile da soggetti non statali, di fare terrorismo è l’istituire un ordinamento giuridico e di pubblica sicurezza estremamente punitivi: tramite organizzazioni di polizia segreta e regolamenti molto rigidi si instaura un clima di paura in cui ogni cittadino diventa passibile di punizione, in pratica “colpevole fino a prova contraria”.
STRATEGIA DELLA TENSIONE
La locuzione strategia della tensione identifica una strategia politica da realizzare mediante un disegno eversivo, tesa alla destabilizzazione o al disfacimento di equilibri precostituiti.
Si basa generalmente su una serie preordinata di atti terroristici, volti a creare uno stato di tensione e di paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare o auspicare svolte politiche di stampo autoritario.
Può anche essere attuata sottoforma di tattica militare che consiste nel commettere attentati dinamitardi e attribuirne la paternità ad altri.

TASSE … O ESTORSIONI DI STATO ITALIANE

Chiunque, mediante violenza  o minaccia , costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000.
La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell’articolo precedente.

Ratio Legis
Tale disposizione trova il proprio fondamento non solo nella necessità di tutelare il patrimonio individuale, ma anche la libertà di autodeterminazione del singolo.

La violenza o la minaccia devono essere dirette a coartare la volontà della vittima affinchè questa compia un atto di disposizione patrimoniale, rimanendo indifferenti le modalità con cui queste condotte si realizzano.
Nello specifico la minaccia può concretarsi anche in un comportamento omissivo come nell’ipotesi in cui il proprietario di un immobile rifiuti la conclusione di un contratto di locazione in caso di mancato pagamento di un canone superiore a quello stabilito dalla legge.
La costrizione può avere ad oggetto il compimento di un atto di disposizione patrimoniale positivo (come ad esempio la donazione di una somma di danaro) o negativo (si pensi alla remissione di un debito), anche annullabile, ma necessariamente produttivo di effetti giuridici (gli atti radicalmente nulli non integrano la fattispecie in esame).
Il profitto non ha rilevanza solo economica o patrimoniale, ma può quindi trattarsi di un diverso vantaggio, a differenza del danno che deve invece essere esclusivamente di natura patrimoniale.

ecco cosa dice Wikipedia:

L’estorsione, in diritto, è un reato commesso da chi, con violenza o minaccia, costringa uno o più soggetti a fare o a non fare qualche atto al fine di trarne un ingiusto profitto con altrui danno.
È tipico reato commesso con la cooperazione della vittima.
La coercizione sulla vittima è relativa perché in essa residua un minimum di capacità di autodeterminazione che viene coartata dall’agente al fine di far compiere un atto dispositivo (dare,fare,non fare).
È reato di evento in cui la cooperazione della vittima è carpita con la forza intesa come coazione relativa.
Tra forza e la coazione deve sussistere un rapporto strumentale di mezzo a fine altrimenti si avrà solo induzione.
La condotta consiste nella costrizione mediante violenza o minaccia a determinati comportamenti attivi o omissivi.
La minaccia estorsiva può avere adoggetto anche una omissione con la pospettazione da parte dell’ agente di non impedire ciò che ha il dovere giuridico di impedire. L’evento è quadruplice: 1) stato di coazione psichica, volontà viziata 2)atto dispositivo patrimoniale 3)danno altrui 4) profitto ingiusto per l ‘agente o altri.
È una tipica attività spesso utilizzata dalle organizzazioni criminali (soprattutto le organizzazioni di tipo mafioso) a cui si ricorre per acquisire capitali ingenti, ma soprattutto per controllare il territorio.

TAMQUAM NON ESSET

Tamquam non esset è un antico brocardo latino la cui traduzione letterale è: Come se non esistesse.
Tale massima è usata in riferimento a norme giuridiche (o parti di esse) ritenute dalla giurisprudenza vessatorie, lacunose o imperfette, così da essere considerate come non esistenti, come non scritte: incapaci cioè di produrre effetti giuridici.
Parimenti la massima è usata in diritto penale e precisamente nella teoria della causalità naturale per escludere il nesso di causalità solo se si verifica una causa autonoma, rispetto alla quale la precedente è da considerarsi tamquam non esset e trova, nell’attività dell’imputato, soltanto l’occasione per svilupparsi.