Reazione ad un fatto illecito internazionale direttamente da parte del soggetto che ha subito l’aggressione della propria sfera giuridica (autotutela individuale) o di Stati diversi da quello direttamente leso (autotutela collettiva). Consiste, quindi, nel farsi giustizia da se´ in ragione della anorganicità della Comunità internazionale che non presenta un sistema accentrato di garanzia dell’attuazione coattiva delle norme.
L’ordinamento internazionale, pertanto, non facendo funzionare la norma posta a tutela della sfera giuridica di colui che ha compiuto la violazione, ne consente l’invasione mediante il compimento di atti e/o comportamenti che di per se´ sarebbero illeciti ma che divengono giuridicamente leciti in ragione della preesistente violazione.
L’autotutela si presenta, quindi, come una causa di esclusione della illiceità .
Rientrano nell’istituto dell’autotutela individuale, la legittima difesa, la rappresaglia (oggi più frequentemente denominata contromisura) e la ritorsione; nell’autotutela c.d. collettiva, l’intervento.
Per essere lecita l’autotutela non può consistere comunque nella minaccia o nell’uso della forza in ragione del divieto sancito dalla norma consuetudinaria cogente e codificato nell’art. 2, comma 4o Carta Onu, con l’unica eccezione ex art. 51.
Autotutela internazionale nell’ordinamento internazionale generale:
non sembrerebbero esistere, secondo una parte della dottrina, al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 51 della Carta Onu, cioè a dire dell’autotutela collettiva in risposta ad un attacco armato ammessa anche dalla Corte internazionale di giustizia nella sentenza del 27 giugno 1986, Stati Uniti c. Nicaragua quale norma consuetudinaria, dei principi generali che consentano ad uno Stato di intervenire a tutela di un interesse fondamentale della Comunità internazionale o di un interesse collettivo, senza che l’interveniente abbia subito direttamente il danno.
In senso contrario, si esprime però l’art. 5, comma 3o, del testo provvisorio di articoli della Commissione del diritto internazionale sulla responsabilità degli Stati che, in tema di conseguenze dell’illecito, allorquando si tratti di crimini internazionali, cioè di violazioni di interessi fondamentali della Comunità internazionale in quanto tale, stabilisce che qualsiasi Stato possa reagire per ripristinare l’ordine giuridico violato.
Viene comunque ammessa, anche se non unanimemente, la esistenza di singole norme consuetudinarie (ad esempio in caso di violazioni gravi dei diritti umani; dell’autodeterminazione dei popoli) e di norme pattizie che consentono tale possibilità .
Per le norme pattizie si fa, ad esempio riferimento all’art. 88 Ceca che riconosce, in caso di inadempimento di uno Stato membro, la possibilità di reazione da parte di tutti gli altri Stati membri, che possono così legittimamente venire meno all’adempimento degli obblighi fondamentali di cui all’art. 4 Trattato Ceca; nonche´ alle numerose convenzioni internazionali in materia di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che contengono anch’esse norme a carattere erga omnes.
Autotutela internazionale nel quadro del sistema delle N.U.: l’art. 51 della Carta Onu prevede che nessuna disposizione della Carta e, quindi, neanche l’art. 2(4) che fa divieto di usare la forza, può pregiudicare il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva in presenza di un attacco armato contro un membro delle N.U., fintantoche´ il Consiglio di sicurezza non abbia preso le misure necessarie a mantenere la pace e la sicurezza internazionali.
Lo scopo è quello di prevenire o eliminare una minaccia alla pace e contrastare aggressioni armate o altre violazioni alla pace.
La liceità dell’autotutela internazionale mediante l’uso della forza armata ex art. 51 Carta Onu riposa sui seguenti requisiti:
a) temporanea impossibilità del Consiglio di sicurezza di adottare le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionali;
b) esistenza di un attacco armato già sferrato contro un membro delle N.U.;
c) necessità dell’azione intrapresa;
d) proporzionalità dell’azione intrapresa;
e) obbligo di immediata informazione del Consiglio di sicurezza da parte degli Stati circa le misure intraprese. V. anche intervento.