Autore: sergio

BANCHE: LA SENTENZA CHE RESTITUISCE LE CASE ALL’ASTA A TUTTI I DEBITORI

(TRATTO DA QUI)

Pignoramenti immobiliari tutti bloccati: con la nuova pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione il giudice deve valutare se il decreto ingiuntivo è stato emesso sulla base di clausole abusive contrarie ai diritti del consumatore.

È una sentenza davvero epocale quella che le Sezioni Unite della Cassazione hanno appena pubblicato. Una sentenza che restituisce le case all’asta a tutti i debitori sottoposti al pignoramento immobiliare da parte di soggetti forti come le banche o le finanziarie.

Grazie alla possibilità di applicazione retroattiva del principio varato dalla Suprema Corte [1], oggi chi sta subendo l’esproprio di una casa o di qualsiasi altro bene può nuovamente opporsi alla procedura anche se, in precedenza, è rimasto inerte e ha fatto scadere tutti i termini.

Cerchiamo di comprendere, più nel concreto, cosa cambia da oggi in poi.

La Caporetto delle banche: il principio

Il principio era già stato affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in almeno due occasioni.

Secondo i giudici europei, lo Stato italiano deve garantire ai consumatori la possibilità di opporsi al decreto ingiuntivo delle banche anche se questo non è stato contestato a suo tempo e pertanto è divenuto definitivo.

Deve farlo, in particolare, tutte le volte in cui il credito che ha dato vita all’esecuzione forzata si basa su un contratto abusivo, contenente cioè clausole vessatorie.

Il cosiddetto “giudicato” – ossia il fatto che una sentenza o un decreto ingiuntivo sia divenuto definitivo e perciò non più impugnabile – non può essere un limite alla tutela dei cittadini.

Pertanto per il giudice dell’esecuzione – quello cioè dinanzi al quale si svolge la procedura di pignoramento immobiliare – deve poter rimettere in gioco tutto il processo e bloccare l’asta giudiziaria se, alla base di tutto ciò, c’è la violazione delle norme europee che tutelano il consumatore.

Quindi, in presenza di un contratto bancario (una fideiussione, un mutuo, un’apertura di credito o qualsiasi altro contratto) che contenga clausole vessatorie, il debitore può opporsi anche a pignoramento già in corso e rimettere tutto in discussione.

La straordinarietà di tale affermazione si comprende solo se si conosce la regola generale del nostro processo anche nota con il termine tecnico: “giudicato”.

In forza di tale principio, il debitore che non abbia presentato opposizione contro un decreto ingiuntivo o non abbia fatto appello contro una sentenza a lui sfavorevole, non può più presentare un’opposizione quando ormai è partito il pignoramento, anche se solo in quella sede dovesse accorgersi dell’illegittimità del contratto firmato con la banca.

Così, molti cittadini si trovano oggi ad avere le case all’asta solo perché, al momento della notifica degli atti giudiziari non hanno inteso difendersi (a volte per ignoranza, a volte per incompetenza, altre per eccessiva leggerezza).

Condizioni per poter bloccare il pignoramento della casa

Il principio affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione può applicarsi solo in presenza delle seguenti condizioni:

il debitore deve essere un consumatore: sicché il contratto con la banca non deve essere stato sottoscritto per ragioni lavorative, imprenditoriali o professionali;

il contratto sottoscritto dal debitore con la banca deve contenere almeno una clausola vessatoria;

l’asta giudiziaria non deve essersi già conclusa con il provvedimento di assegnazione dell’immobile al miglior offerente.

Un esempio servirà a comprendere meglio la situazione.
Immaginiamo il caso di Tizio che abbia sottoscritto un contratto di mutuo ipotecario con una banca per l’acquisto della sua prima casa in cui andrà ad abitare insieme alla sua famiglia.

Nel contratto è presente una clausola abusiva che deroga al principio generale che impone quale foro competente per eventuali cause quello del luogo di residenza del debitore: in forza di tale clausola, si stabilisce che ogni controversia dovrà essere instaurata dinanzi a un tribunale lontano dall’abitazione di Tizio.

Proprio per questa ragione, nel momento in cui riceve il decreto ingiuntivo della banca, Tizio decide di non opporsi non avendo come pagare un avvocato di un altro foro.

Il decreto ingiuntivo diventa definitivo e la banca notifica a Tizio il pignoramento immobiliare.

La casa viene messa all’asta. Senonché Tizio riceve un consiglio da un amico avvocato il quale gli fa notare che il contratto con la banca viola la disciplina dei consumatori proprio per via di tale clausola abusiva, ma che ormai è troppo tardi per opporsi.

Ebbene, grazie al nuovo principio fissato dalla Cassazione, ora anche Tizio può presentare opposizione nonostante abbia fatto scadere i termini.

Infatti, benché il debitore non abbia proposto opposizione contro il decreto, adesso spetta al giudice dell’esecuzione controllare se la clausola del contratto è vessatoria.

E avvisare il debitore medesimo che entro quaranta giorni può proporre l’opposizione per far accertare la natura abusiva della clausola che ha effetti sull’ingiunzione di pagamento.

Inizierà un nuovo processo volto a giudicare dell’eventuale legittimità del contratto, durante il quale il giudice può sospendere l’esecutorietà del decreto ingiuntivo (e quindi del pignoramento).

All’esito del giudizio, non appena il giudice avrà accertato la presenza della clausola abusiva, il pignoramento cesserà definitivamente e quindi la casa tornerà al debitore.

I precedenti

Come anticipato, la pronuncia delle Sezioni Unite si basa sul principio fissato dalla Grande sezione della Corte di giustizia europea nelle cause C-693/19 e C-831/19, che aveva bocciato la normativa italiana laddove precludeva al giudice dell’esecuzione di pronunciarsi sulla validità delle clausole contrattuali, in quanto ormai coperta dall’autorità di cosa giudicata del decreto ingiuntivo non opposto.

Il tutto perché, spiegano i giudici Ue, al consumatore va garantita una «tutela effettiva».

In base alla giurisprudenza eurounitaria il giudice nazionale è tenuto a esaminare d’ufficio la presenza di clausole abusive nel contratto, a patto che gli elementi di diritto e di fatto già in suo possesso suscitino seri dubbi in materia.

Invece costringere il debitore a proporre l’opposizione solo entro i canonici 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo per far valere i propri diritti si pone in contrasto con la tutela del consumatore e con il principio del rilievo d’ufficio del carattere abusivo delle clausole contrattuali.

Insomma: per effettuare il controllo d’ufficio il giudice del monitorio deve esercitare i poteri istruttori consentiti dall’articolo 640, primo comma, cod. proc. civ.

Cosa cambia da oggi in poi?

Da oggi in poi, già in fase di richiesta del decreto ingiuntivo, il giudice dovrà richiedere alle banche di produrre il contratto su cui si basa il credito.

Eventualmente, deve rigettare la richiesta di decreto ingiuntivo se l’istruttoria sulla natura vessatoria della clausola risulta troppo complessa perché richiede di assumere testimonianze o svolgere una consulenza tecnica d’ufficio.

A quel punto il creditore dovrà avviare un processo ordinario di accertamento del proprio credito.

L’emissione invece del decreto ingiuntivo deve essere motivata: l’obbligo è funzionale a informare il consumatore che il giudice del monitorio ha svolto il controllo d’ufficio sulla presenza di clausole abusive nel contratto sotteso al credito azionato.

Che succede invece se tutto ciò non si verifica? Al debitore deve essere consentito di presentare opposizione tardiva contro il decreto ingiuntivo anche a pignoramento già avviato.

Come detto, tale regola si applica anche alle procedure già in corso, consentendo a chi sta subendo un pignoramento e ha la casa all’asta di bloccare tutta la procedura e di presentare un’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo.

Il tutto a condizione che il bene pignorato non sia stato già assegnato. In tal caso il consumatore può soltanto attivare un altro giudizio per chiedere il risarcimento del danno.

Se allora l’ingiunzione non motiva sul punto, il giudice dell’esecuzione ha il potere/dovere di rilevare d’ufficio l’esistenza di una clausola abusiva che incide sull’esistenza o sull’entità del credito oggetto del provvedimento monitorio.
2023.05.16 – FURLANETTO 4X4 COMPANY AEI – FATTURA VENDITA NR. 0130718190158391

 

E ciò fino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito.

Esempi di clausole abusive

Se si tratta, ad esempio, di una clausola che deroga al foro del consumatore la sospensione è totale; se, invece, si discute soltanto di una clausola che determina interessi moratori eccessivi, la sospensione ben può essere parziale, mantenendo intatta l’esecutorietà del titolo per la quota capitale, rispetto alla quale prosegue l’esecuzione forzata già intrapresa dal creditore professionista.

Il giudizio di opposizione, quindi, procede regolarmente.

Altre clausole abusive sono quelle, ad esempio, che vincolano il diritto del consumatore di chiedere il trasferimento del mutuo presso altro istituto di credito, che lo subordinano al pagamento di penali, che prevedono l’anatocismo, che limitano altri diritti del consumatore.

Cosa deve fare chi ha casa all’asta?

Chi ha un pignoramento in corso dovrà quindi rivolgersi immediatamente alla consulenza di un avvocato esperto in diritto del consumo o in diritto bancario al fine di far valutare l’eventuale presenza di clausole abusive all’interno del contratto e chiedere quindi che venga presentata opposizione all’esecuzione.

Opposizione per la quale, come detto, non ci sono termini di scadenza se non l’assegnazione dell’immobile pignorato all’offerente.

(TRATTO DA QUI)

 

SOVRANITA’ …

Ecco come in Treccani viene definita la Sovranità:
Potere originario e indipendente da ogni altro potere.


In relazione allo Stato contemporaneo, il termine s. viene ad assumere un duplice significato.
Da un lato, se riferito all’ordinamento giuridico statale nel suo complesso, sta a indicare l’originarietà dell’ordinamento medesimo, nel senso che esso non deriva la sua validità da alcun altro ordinamento superiore.
Dall’altro lato, quando lo Stato viene preso in considerazione sotto il suo aspetto di persona giuridica (Stato-persona), il termine s. sta a indicare la posizione di indipendenza nei riguardi di ogni altra persona giuridica esistente al suo esterno (cosiddetta s. esterna); e, per altro verso, l’assoluta supremazia di fronte a tutte le altre persone, fisiche e giuridiche, che si muovono nel suo ambito territoriale (cosiddetta s. interna) e, di conseguenza, la stessa potestà di governo assoluta della persona giuridica statale.
Inoltre, il termine s. viene in rilievo nell’espressione s. territoriale, con la quale si intende indicare la competenza esclusiva dello Stato in rapporto al proprio territorio e alle risorse naturali ivi contenute (cosiddetto principio della s. permanente dello Stato sulle proprie risorse naturali, uno dei cardini del nuovo ordine economico internazionale propugnato dai paesi in via di sviluppo a partire dagli anni 1970), nonché il potere di imperio dello Stato su tutte le persone fisiche e giuridiche che si trovino in tale ambito territoriale; si parla invece di s. personale per indicare il potere di imperio dello Stato sugli individui che gli appartengono per cittadinanza ovunque essi siano, anche all’estero o su spazi sottratti alla giurisdizione statale (un esempio di s. personale è quella esercitata dallo Stato sull’equipaggio di una nave in alto mare).

La s. dello Stato, entrando in contatto con ordinamenti più vasti (quale in primo luogo quello internazionale), incontra dei limiti al proprio esclusivo esercizio (si pensi, per es., alle norme consuetudinarie relative al trattamento degli stranieri e degli agenti diplomatici stranieri, o ai principi in materia di divieto di inquinamento transfrontaliero).
Lo Stato può inoltre acconsentire a delle limitazioni della propria s. per effetto dell’adesione a organizzazioni internazionali dotate di poteri e funzioni tali da configurare una interferenza esterna, talora assai penetrante, nella potestà dello Stato stesso.
A questo riguardo, occorre sottolineare che, nella Costituzione italiana, tale ipotesi è espressamente contemplata nella norma dell’art. 11: «L’Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di s. necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni».

Nella Costituzione italiana la s. popolare è “accolta” e proclamata nell’art. 1, nel quale si afferma che la s. appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, cioè con un sistema di democrazia indiretta.

(TRATTO DA QUI)

Nell’ambito del costituzionalismo moderno, la teoria della sovranità popolare è strettamente collegata al suffragio universale e alla sua progressiva affermazione (DemocraziaDiritto di voto). Questo forte collegamento emerge, in particolare, nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese del 1793, in cui viene affermato che la sovranità risiede nel popolo (art. 25) e che il popolo sovrano è costituito dall’universalità dei cittadini (art. 7 Cost. Francia 1793). Non è un caso, invece, che la Costituzione francese del 1791, che prevedeva un suffragio di tipo censitario (esplicitato nella distinzione tra cittadini c.d. attivi e cittadini c.d. passivi; Cittadinanza. Diritto costituzionale) parlasse piuttosto, secondo l’impostazione di J.-E. Sieyès di sovranità della nazione, anziché di sovranità popolare.

(TRATTO DA QUI)

 

LEGITTIMA DIFESA – ANCHE IN AMBITO INTERNAZIONALE

Nel diritto internazionale, la legittima difesa – quale diritto di uno Stato di opporre una reazione armata, anche con l’assistenza di Stati terzi, a difesa della propria integrità territoriale e indipendenza politica – è contemplata da una norma consuetudinaria che trova conferma nell’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite.
La legittima difesa si configura, infatti, come un’eccezione al divieto dell’uso della forza previsto nell’art. 2, par. 4, della Carta (Uso della forza. Diritto internazionale).
(tratto da qui)


da un RDN presentato dal Presidente del MLNV e del GVP Sergio Bortotto contro le insistenti e illegali le pretese dell’italia contro di lui:
(VEDI IL RDN)

Mi chiedo …
e se dovesse giungere il momento che per non soccombere si è costretti a vincere la prepotenza altrui con la forza?
L’oppresso si fa forse carnefice?
E il tiranno è forse “vittima” della sua stessa prepotenza?
La storia dell’umanità è intrisa di violenza e di guerre ma quasi sempre scatenate dal più forte, da colui che crede di non patire le conseguenze delle sue stesse azioni.
E’ necessario riequilibrare le posizioni, affinché l’uno non sottometta l’altro, affinché il mite non abbia a conoscere il peso della mano che sopprime e il violento e il prepotente conosca i limiti e le conseguenze delle sue azioni.
Dio ci scampi da tale passo, ma il momento è vicino, molto vicino.
Ma al punto in cui si è arrivati è meglio essere chiari.
Si può invocare la legittima difesa contro lo stato straniero italiano?
Si dice che la “legittima difesa” nell’ordinamento giuridico italiano, è una causa di giustificazione.
Ma quando realmente si configura una situazione di pericolo … quando si respinge una violenza attuale o quando vi sia il concreto pericolo di subire una prevedibile imminente violenza?
La legittima difesa comporta per forza un’aggressione e una reazione ad essa.
Ma è forse necessario che la vittima debba lasciar fare all’aggressore ciò che vuole per giustificare la sua reazione?
Non è forse suo diritto prevenire un prevedibile male ingiusto?
La vittima non tutela forse un suo diritto inalienabile?
E veniamo al dunque.
Esiste forse una causa giustificativa a favore dell’aggressore per cui la sua minaccia possa non essere considerata ingiusta e illegale?
Ovvero, vi sono minacce e aggressioni ai diritti della persona umana che possono essere non considerate tali, per legge?
Ci sono aggressioni che possono essere giustificate dalla legge?
Ovvero, vi possono essere istituzioni dello stato e circostanze per le quali siano esse legittimate a violare i diritti umani delle persone?
Se si, quali inimmaginabili interessi dovrebbero tutelare per sopraffare i diritti umani delle persone?
Il Cittadino Veneto che critica, anche aspramente, la provocazione dell’occupazione della propria Patria lui si trova sul posto legittimamente perché è a casa sua, ed esprime a diritto il proprio disappunto sulla presenza dello stato occupante che non ha invece diritto di trovarsi in quel luogo.
E’ chiaro che la presenza di ogni istituzione italiana è una sfida e una minaccia ai valori e sentimenti per la propria Patria … è una vera e propria aggressione ai sentimenti di amor patrio per i Veneti.
Ed è così poi che un atto dimostrativo da parte di Patrioti Veneti diviene illegale per lo stato italiano, trovando unanimi e concordi, accusa e giudizio in un tribunale dello stato occupante.
In poche parole l’italia è l’aggressore che diviene vittima e subisce la reazione del cittadino veneto che critica, anche aspramente e non tace l’oltraggio e la violenza che ogni giorno viene fatto alla propria Patria.
E dove sarebbe l’imparzialità di un giusto processo quando accusa e giudizio sono esercitate in difetto assoluto di giurisdizione da due autorità italiane, in un tribunale italiano, contro Veneti che tali si professano e che difendono l’aggressione al proprio sentimento nazionale e difendono la propria Patria?
Dov’è la garanzia della terzietà del giudice italiano?
Se è punibile la reazione (a parole) non è forse punibile anche l’aggressione e la provocazione che l’italia perpetua ogni giorno?
Non è forse legittima la difesa della propria Patria onorata da un Cittadino Veneto che ritiene offensiva l’ostentazione anche di un tribunale dello stato occupante italiano?
Lo stato straniero italiano che ci occupa ed è qui presente illegalmente “ab origine”, con la frode non può pretendere di fare giustizia.
Diciamo la verità una volta tanto.
Lo stato italiano non tollera che si metta in discussione tale verità nascosta, che si mettano in discussione le sue istituzioni … ma sono sue, appunto, non nostre.
Deve imporre la sua presenza e non tollera che la si critichi.
E tanto per essere chiaro ancora una volta con lo stato italiano ricordo che così mi pronuncio in virtù della libertà di manifestazione del pensiero, derivante dalla mia libera coscienza perché è un diritto riconosciuto negli ordinamenti democratici … quindi mal si giudica tutta questa oppressione.
La libertà di espressione è sancita anche dall’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ratificata dall’Italia con l. 4 agosto 1955, n. 848 che recita: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione.”
Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.
Vi ricordo che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è un documento sui diritti individuali, firmato a Parigi il 10 dicembre 1948, la cui redazione fu promossa dalle Nazioni Unite perché avesse applicazione in tutti gli stati membri.
Nel preambolo si recita: “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;
Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione;
Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;
Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’uguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;
Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;
L’ASSEMBLEA GENERALE ha proclamato la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.”
Ricordiamo all’italia in particolar modo l’art.19 che recita: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.”
Ed ecco così avuta anche la risposta al dilemma morale che mi affliggeva “vincere o soccombere?”.
Proprio la Carta dei diritti umani recita: è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione.
Dunque è moralmente lecito ribellarsi alla tirannide e all’oppressione italiana, ancor più se non sono rispettati i diritti umani.
Mediterò su questo ve lo assicuro.
Siete dunque resi edotti anche in virtù di quanto stabilito dalle norme dell’U.C.C. .
Non c’è onore in quello che fate.

 

AUTOTULEA INTERNAZIONALE

Reazione ad un fatto illecito internazionale direttamente da parte del soggetto che ha subito l’aggressione della propria sfera giuridica (autotutela individuale) o di Stati diversi da quello direttamente leso (autotutela collettiva). Consiste, quindi, nel farsi giustizia da se´ in ragione della anorganicità della Comunità internazionale che non presenta un sistema accentrato di garanzia dell’attuazione coattiva delle norme.
L’ordinamento internazionale, pertanto, non facendo funzionare la norma posta a tutela della sfera giuridica di colui che ha compiuto la 
violazione, ne consente l’invasione mediante il compimento di atti e/o comportamenti che di per se´ sarebbero illeciti ma che divengono giuridicamente leciti in ragione della preesistente violazione.
L’autotutela si presenta, quindi, come una causa di 
esclusione della illiceità .
Rientrano nell’istituto dell’autotutela individuale, la 
legittima difesa, la rappresaglia (oggi più frequentemente denominata contromisura) e la ritorsione; nell’autotutela c.d. collettiva, l’intervento.
Per essere lecita l’autotutela non può consistere comunque nella 
minaccia o nell’uso della forza in ragione del divieto sancito dalla norma consuetudinaria cogente e codificato nell’art. 2, comma 4o Carta Onu, con l’unica eccezione ex art. 51.

Autotutela internazionale nell’ordinamento internazionale generale:
non sembrerebbero esistere, secondo una parte della dottrina, al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 51 della Carta Onu, cioè a dire dell’autotutela collettiva in risposta ad un attacco armato ammessa anche dalla Corte internazionale di giustizia nella sentenza del 27 giugno 1986, Stati Uniti c. Nicaragua quale norma consuetudinaria, dei principi generali che consentano ad uno Stato di intervenire a tutela di un interesse fondamentale della Comunità internazionale o di un interesse collettivo, senza che l’interveniente abbia subito direttamente il danno.
In senso contrario, si esprime però l’art. 5, comma 3o, del testo provvisorio di articoli della Commissione del diritto internazionale sulla responsabilità degli Stati che, in tema di conseguenze dell’illecito, allorquando si tratti di crimini internazionali, cioè di violazioni di interessi fondamentali della Comunità internazionale in quanto tale, stabilisce che qualsiasi Stato possa reagire per ripristinare l’ordine giuridico violato.
Viene comunque ammessa, anche se non unanimemente, la esistenza di singole norme consuetudinarie (ad esempio in caso di violazioni gravi dei diritti umani; dell’autodeterminazione dei popoli) e di norme pattizie che consentono tale possibilità .
Per le norme pattizie si fa, ad esempio riferimento all’art. 88 Ceca che riconosce, in caso di inadempimento di uno Stato membro, la possibilità di reazione da parte di tutti gli altri Stati membri, che possono così legittimamente venire meno all’adempimento degli obblighi fondamentali di cui all’art. 4 Trattato Ceca; nonche´ alle numerose convenzioni internazionali in materia di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che contengono anch’esse norme a carattere erga omnes.

Autotutela internazionale nel quadro del sistema delle N.U.: l’art. 51 della Carta Onu prevede che nessuna disposizione della Carta e, quindi, neanche l’art. 2(4) che fa divieto di usare la forza, può pregiudicare il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva in presenza di un attacco armato contro un membro delle N.U., fintantoche´ il Consiglio di sicurezza non abbia preso le misure necessarie a mantenere la pace e la sicurezza internazionali.
Lo scopo è quello di prevenire o eliminare una minaccia alla pace e contrastare aggressioni armate o altre violazioni alla pace.
La liceità dell’autotutela internazionale mediante l’uso della forza armata ex art. 51 Carta Onu riposa sui seguenti requisiti:
a) temporanea impossibilità del Consiglio di sicurezza di adottare le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionali;
b) esistenza di un attacco armato già sferrato contro un membro delle N.U.;
c) necessità dell’azione intrapresa;
d) proporzionalità dell’azione intrapresa;
e) obbligo di immediata informazione del Consiglio di sicurezza da parte degli Stati circa le misure intraprese. V. anche intervento.

STALKING GIUDIZIARIO

A cura dell’Avv. Maria Luisa Missiaggia e dell’Avv. Maria Giulia Fenoaltea

Quando si può parlare di stalking giudiziario?
Lo stalking giudiziario, è una forma di atti persecutori ex art. 612 bis c.p., le cui azioni moleste consistono in reiterate pretese risarcitorie in sede civile, amministrativa ed anche in denunce-querele del tutto infondate.
Tali azioni giudiziarie, infatti, sono volte unicamente a creare nella vittima uno stato di ansia e paura, e costringono la stessa a sostenere tutte le spese del giudizio per far valere le proprie ragioni.
A ben vedere, la Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 3831/2017, ha implicitamente riconosciuto la configurabilità del reato di atti persecutori, perpetrati attraverso “un utilizzo degenerato dello strumento giudiziario a fini vessatori”.
Il delitto di atti persecutori “giudiziari”, viene integrato da una pluralità di condotte e pretese fatte valere in giudizio devono essere palesemente infondate e strumentali.

IL PUNTO DI VISTA CIVILISTICO: LA LITE TEMERARIA
Il reato di stalking giudiziario affermato negli ultimi tempi dalla dottrina e dalla giurisprudenza svolge in ambito penale la funzione deterrente della c.d. lite temeraria in ambito civile di cui all’art. 96 comma 3 c.p.c.
L’articolo in questione, non ha trovato larga applicazione e, solo recentemente i Tribunali sembrano recepire l’importanza di tale istituto. Difatti le pronunce della Corte di Cassazione, ormai affermano a chiare lette che “l’art. 96, comma 3, c.p.c., introduce nell’ordinamento una forma di danno punitivo per scoraggiare l’abuso del processo, e preservare la funzionalità del sistema giustizia con la censura di iniziative giudiziarie avventate o meramente dilatorie, conseguentemente perseguendo indirettamente interessi pubblici quali il buon funzionamento e l’efficienza della giustizia, e, più in particolare, la ragionevole durata dei processi mediante lo scoraggiare cause pretestuose” (ex multis, Cass. SU, 4853/2021).

IL PUNTO DI VISTA PENALISTICO
Dal punto di vista penalistico, per integrare il reato di stalking giudiziario, le condotte devono ripetersi nel tempo e costringere la vittima a cambiare le proprie abitudini di vita.
Come sopra specificato, infatti, le denunce querele reiterate, devono essere volte unicamente a vessare il soggetto destinatario delle stesse.
Diversamente, l’infondatezza della singola accusa riguardante il fatto materiale potrebbe configurare anche il reato di calunnia ex art. 368 c.p.

COSA DICE LA CASSAZIONE?
È stato condannato per stalking giudiziario un avvocato di Monza che aveva intentato ben 39 ricorsi civili e penali del tutto infondati nei confronti di un suo cliente.
Nel caso in questione, la Cassazione penale con la recentissima sentenza n.11429/2020 ha, infatti, stabilito che è imputabile per il reato di stalking “giudiziario” l’avvocato che, usando in modo strumentale la sua qualifica, intenta un numero elevato di cause infondate.
Ad affermarlo è la Cassazione, confermando la decisione del Gip, secondo il quale l’indagato aveva messo in atto “una gran copia di azioni giudiziarie in maniera del tutto strumentale, al fine di aggredire e molestare”.
Ebbene, in seguito a tale condotta il legale è stato sospeso dalla professione per un intero anno.
In conclusione, lo stalking giudiziario, inizia ad essere rilevante per il nostro ordinamento, svolgendo cosi la duplice funzione di tutelare la vittima delle condotte criminose e di non sovraccaricare i tribunali con cause infondate.

TRATTO DA QUI

COSA CAMBIA PER IL POPOLO VENETO NELL’ ISTANTE IN CUI IL TERRITORIO E’ LIBERO?

Il Popolo Veneto ha una grande, unica opportunità per non rassegnarsi a un miserabile presente.
Può riconquistare il proprio futuro esercitando il diritto di autodeterminazione previsto dalle norme internazionali …
… ma bisogna smetterla di avere paura e tutti insieme uniti riconoscersi POPOLO VENETO (mai diventato italiano) e rinnegare l’imposta cittadinanza italiana.
Abbiamo il diritto di gridare a gran voce
BASTA ITALIA!
Il principio di autodeterminazione dei popoli sancisce il diritto di un popolo sottoposto a dominazione straniera ad ottenere l’indipendenza, associarsi a un altro stato o comunque a poter scegliere autonomamente il proprio regime politico.
Tale principio costituisce una norma di diritto internazionale generale, cioè una norma che produce effetti giuridici (diritti e obblighi) per tutta la Comunità degli Stati.
Inoltre, questo principio è anche una norma di ius cogens, cioè diritto inderogabile, un principio supremo e irrinunciabile del diritto internazionale, per cui non può essere derogato mediante convenzione internazionale.
Come tutto il diritto internazionale, il diritto di autodeterminazione viene ratificato da leggi interne, per esempio, in Italia, la L. n. 881/1977, e vale come legge dello Stato che prevale sul diritto interno (Cass. pen. 21-3 1975).
I NOSTRI PRIMI 10 OBBIETTIVI

  1. ESPULSIONE di tutte le istituzioni straniere, partiti politici, sindacati, magistratura, guardia di finanza, equitalia,  inps, notai, ordini professionali, carabinieri, polizia, forze armate, eurogendfor… espulsione di tutti i clandestini e dei criminali stranieri.
  2. RIPRISTINO dei confini nazionali e delle frontiere, della Polizia Nazionale e delle Cernide (protezione e difesa civile delle municipalità).
  3. RESTITUZIONE di tutte le proprietà,  (beni privati e pubblici) espropriate illegalmente in procedimenti stranieri italiani;   rivalutazione e ricapitalizzazione dei danni subiti, iscrizione a ruolo giudiziario dei responsabili e confisca cautelare di tutti i loro beni fino alla 7ma generazione  e grado parentale.
  4. IDENTITA’ NAZIONALE attraverso il risveglio del sentimento e dell’identità nazionale con particolare riferimento alla cultura, alla storia, alle nostre tradizioni, alle festitività Venete, alla riforma scolastica e ai programmi didattici.
  5. RIAPPROPRIAZIONE valorizzazione, potenziamento e consolidamento di tutte le risorse e dei servizi nazionali disponibili (trasporti, comunicazioni, risorse energetiche, idriche, faunistiche, alimentari…)
  6. SOVRANITA’ MONETARIA Cassa Nazionale Veneta (di cui tutti i Cittadini sono soci); Reddito di cittadinanza con crediti sociali mensili erogati a tutti i Cittadini residenti al fine di garantire una vita minima dignitosa;  i crediti sociali sono cumulabili con altri redditi (da lavoro, da impresa, da rendita) e indipendentemente dall’attività lavorativa effettuata.
  7. RIFORMA DEL LAVORO e del sistema pensionistico con abolizione del lavoro subordinato sostituito dalla prestazione individuale a contratto continuativo o temporaneo, (regole generali e sostanziali uguali per tutti i lavoratori e regole particolari e compatibili concordate privatamente fra le parti);   il sistema pensionistico sarò solo di natura privata ma solo perché sarà garantito il reddito di cittadinanza attraverso crediti sociali per tutto l’arco dell’esistenza in vita di ogni Cittadino residente.
  8. MODERATA OBBLIGAZIONI TRIBUTARIA con una imposta unica al 10 % esclusivamente sui consumi, (non sui redditi), a pari aliquota fiscale per tutti e municipalizzata.
  9. PREVIDENZA SOCIALE con assicurazione obbligatoria unica personale per ogni singolo cittadino a copertura dei rischi  sugli infortuni sul lavoro e delle principali responsabilità giuridiche civili, sia di natura personale che professionale.
  10. UNA REPUBBLICA SENZA I PARTITI POLITICI. Se c’è qualcosa di positivo nella nostra esperienza di dominazione italiana, è sicuramente quella di aver sofferto ogni tipo di sopruso e visto all’opera ogni tipo di inefficienza che uno stato possa concepire. L’italia ci insegna che la partitocrazia è uno dei tanti metodi per soffocare la democrazia sostituendo alle decisioni popolari, le decisioni del “partito”. Il nostro primo obiettivo sarà quindi l’eliminazione di tutti i partiti mentre prenderemo esempio positivo dalla culla della democrazia, la civiltà greca con le sue polis e ovviamente il nostro passato, la Repubblica di Venezia. Essendo la popolazione molto più numerosa di quella dell’età antica sarà adottata una democrazia diretta a rappresentatività limitata il cui centro di potere è però formato dai rappresentati e non dai rappresentanti. Per ottenere questo è indispensabile un decentramento sostanziale, con istituzioni orizzontali, con competenze diversificate e non sovrapposte.

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CI SONO PERSONE CHE SOSTENGONO CHE GLI AUTODETERMINATI PRESSO IL MLNV CHE REGISTRANO LA LORO ATTIVITÀ VENETA EVADONO LE TASSE … È VERO?

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Evadere le tasse significa commettere dei reati o degli illeciti amministrativi.

Ma nel caso di Cittadini del Popolo Veneto, autodeterminatesi sotto l’egida del MLNV, non possono sussistere simili violazioni perché non è solo un diritto non pagare le tasse allo stato straniero occupante … è anche un dovere sacro e santo.

Il Cittadino combatte l’occupazione straniera e non la deve sostenere.

Le tasse sono il frutto di atti di saccheggio, delle vere  e proprie estorsioni da parte di autorità d’occupazione straniere.

Infine il Cittadino autodeterminatesi e apre un’attività Veneta, sta alle regole del proprio Governo Veneto Provvisorio e a questi paga le tasse … quindi dove sta l’evasione?

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QUALCUNO DICE CHE ALCUNI AUTODETERMINATI PRESSO IL MLNV ABBIANO SUBÌTO PIGNORAMENTI DI CASE, BLOCCO CONTO CORRENTE… PERCHÈ È ACCADUTO?

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Perché l’italia non rispetta le regole e dei diritti dei Cittadini dimostra di non interessarsi alcunché.

La maggior parte delle volte i Cittadini arrivano tardi al MLNV e tentano di impedire certi provvedimenti autodeterminandosi e facendo qualche rigetto.

A monte, però, ci sono procedure avviate in ambito italiano, magari con legali italiani, che hanno anche aggravato la posizione da contestare allo stato italiano.

In ogni caso proponiamo sempre di fare il rigetto di notifica dell’atto notificato, anche in qualsiasi posizione si trovi il procedimento, perché è tutto illegale ciò che fa lo stato italiano sui nostri territori.

Possiamo anche procedere, qual’ora il Cittadino lo ritenesse utile, con provvedimenti di ricorsi tramite giuristi ma solo allo scopo di invalidare le procedure poste in essere, se ve ne sono i presupposti giuridici.

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CHE DIFFERENZA C’È TRA RIGETTI E RICORSI?

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ll rigetto è l’atto formale attraverso il quale ogni Cittadino del Popolo Veneto si oppone e contrasta l’illegalità dell’ azione posta in essere dalle forze e autorità di occupazione straniere italiane che agiscono in difetto assoluto di giurisdizione e lo fa informando delle loro responsabilità i destinatari secondo le norme vigenti, anche riferite a quelle dell’U.C.C.

I rigetti di notifica non sono dei ricorsi posti in essere in ambito italiano ma sono atti espressioni di volontà attraverso i quali il Cittadino del Popolo Veneto, che liberamente e coscientemente si è autodeterminato e ha dichiarato la propria Nazionalità e Cittadinanza Veneta, si oppone alle illegali pretese italiane di obbligarlo al pagamento di imposte ed essere soggetto a controlli e provvedimenti da parte delle istituzioni di occupazione.

Questo Governo Veneto Provisorio (GVP) viene invece attivato sul fronte dell’iscrizione a ruolo giudiziario (IRG) dei responsabili che hanno emesso l’atto e/o il provvedimento oggetto di rigetto.

Tale procedura è deputata a sviluppare e potenziare il principio di effettività che prevede la concreta esecuzione di quanto stabilito dal diritto sostanziale, cioè dalle norme del nostro Ordinamento Giuridico Veneto Provvisorio, (l’obbiettivo è il disconoscimento della personalità dello stato straniero occupante italiano rispetto alla sua illegale sovranità sui nostri territori – la personalità dello Stato è infatti determinata e dimensionata dal criterio dell’effettività; nonché ai fini di determinare a chi spetti la sovranità di un territorio occupato, in base all’ effettivo esercizio del potere di governo).

RIFLETTETE PRIMA DI FARE UN RIGETTO DI NOTIFICA
(vedi la disposizione in proposito)
Perché è necessario essere in onore per fare un RDN.
Un “servizio essenziale e socialmente utile”, dev’essere corrisposto, per poterne usufruire.
Anche laddove si trattasse di una violazione amministrativa, se correttamente elevata, è doveroso corrispondere quanto reclamato (es: alcune contravvenzioni per violazione stradale) e poi fare il RDN.
Bisogna essere sempre in onore perché non si può pretendere che il MLNV si opponga al pagamento di un servizio necessario o ad una “sanzione eticamente giusta”, anche se esercitato, per ora,  da autorità d’occupazione straniere italiane.
Il consiglio è di pagare quanto in necessità e fare poi anche il RDN.
Il RDN non serve per non pagare “multe” o bollette.

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