PREMESSA

« Jus naturale est libertas, quam habet unusquisque potentia sua ad naturae suae conservationem suo arbitrio utendi, et per consequens illa omnia, quae eo videbuntur tender, faciendi »
COMMENTO
«Il diritto di natura, che gli autori chiamano comunemente jus naturale, è la libertà che ciascuno ha di usare il proprio potere a suo arbitrio per la conservazione della sua natura, cioè della sua vita e conseguentemente di fare qualsiasi cosa che, secondo il suo giudizio e la sua ragione, egli concepisca come il mezzo più idoneo a questo fine. »
Gli argomenti affrontati nell’ambito della dottrina del diritto naturale concernono al diritto, perché pongono in discussione la legittimità delle leggi, alla morale, ossia l’intima coscienza dell’uomo, presumendo limiti al potere dello Stato e alla politica.
GENESI DEL DIRITTO VENETO (radici autoctone)
Un forte condizionamento ideologico grava sull’analisi storica: l’unitarismo italico ha teso a proiettare su Roma la paternità di qualsivoglia espressione culturale degna di essere studiata.
Un poco d’umiltà, invece, insegnerebbe ad apprezzare la grandezza di altri Popoli europei.
[…] Attratto nell’orbita della romanità, il Popolo Veneto, è stato solo in parte influenzato dai modelli culturali tipici dell’urbs.
[…] restò marginale l’impronta romana nell’assetto politico e giuridico.
Si è ben lontani dal dimostrare che il nostro Popolo abbia fatto propri tutti gli istituti giuridici e tutti i modelli culturali dei Romani e le fonti a disposizione sono comunque sufficienti a dimostrare il contrario.
(vedi “Giustizia Veneta” di Edoardo Rubini – Filippi Editore Venezia)
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Prendiamo in considerazione il diritto naturale come strettamente legato alla libertà individuale.
L’idea che ogni individuo abbia il diritto di utilizzare il proprio potere per preservare la propria esistenza rappresenta una base per le moderne teorie sui diritti umani.
Questo jus naturale è innato, preesistente a qualsiasi istituzione sociale o politica, e fonda la legittimità delle azioni umane sulla ragione e sulla necessità di sopravvivenza.
L’affermazione sottolinea un punto cardine della dottrina del diritto naturale: l’intima relazione con la morale.
La “coscienza intima dell’uomo” introduce un limite implicito: ciò che è giusto non dipende soltanto dal potere o dalla forza, ma anche da una valutazione razionale e morale delle azioni e dei loro fini.
Questa visione implica che le leggi positive, emanate dagli Stati, devono rispettare i principi morali per essere considerate legittime.
La dottrina del diritto naturale presume che lo Stato, essendo una costruzione artificiale, non abbia autorità assoluta.
Le leggi che violano i principi naturali di libertà, dignità e giustizia non possono essere considerate legittime.
Questo concetto pone le basi per la disobbedienza civile e la resistenza contro i regimi tirannici, richiamandosi ai diritti naturali come superiori alle leggi umane.
Sul piano politico, la teoria del diritto naturale ha storicamente fornito una giustificazione per opporsi a governi autoritari, per esempio durante la Rivoluzione Francese o Americana.
Sul piano giuridico, è alla base dello sviluppo di principi come l’uguaglianza davanti alla legge e il diritto alla vita.
Il jus naturale è stato oggetto di critiche nella filosofia moderna e contemporanea.
Autori come Hobbes lo hanno reinterpretato in chiave più pessimistica, sostenendo che senza uno Stato forte il diritto naturale porterebbe al “bellum omnium contra omnes”.
Al contrario, pensatori come Locke hanno sottolineato il ruolo dello jus naturale come fondamento per limitare il potere statale e garantire i diritti individuali.
Questo concetto si lega profondamente ai valori più volte espressi, come la libertà, la dignità e la resistenza contro l’ingiustizia.
L’esperienza personale di ciascuno e la nostra visione del mondo potrebbero integrare questa riflessione, sottolineando come i principi del diritto naturale siano stati, e siano ancora oggi, uno strumento per difendere la verità e l’integrità contro soprusi e abusi di potere.

La riflessione proposta rappresenta un’interessante analisi della genesi del diritto veneto, mettendo in discussione la visione unitaria e romanocentrica spesso adottata nella storiografia italiana.
Il passaggio sottolinea il peso ideologico che grava sulla narrazione storica italiana, spesso orientata a enfatizzare il contributo di Roma come matrice comune di ogni sviluppo culturale, politico e giuridico nella penisola.
Questa prospettiva, tipica dell’unitarismo ottocentesco, tende a ignorare o minimizzare le peculiarità locali e le influenze di altri Popoli europei.
L’autonomia culturale e giuridica del Popolo Veneto emerge chiaramente, suggerendo che il rapporto con Roma fu più di convivenza che di assimilazione.
Pur attratto dall’orbita della romanità, il Popolo Veneto avrebbe mantenuto un’identità propria, preservando e sviluppando istituti giuridici autoctoni.
Questo porta a una visione del diritto veneto come espressione di radici locali e influenze esterne diverse da quelle romane.
L’affermazione secondo cui l’impronta romana rimase marginale nell’assetto politico e giuridico veneto rappresenta una rottura rispetto alla narrazione dominante.
Le fonti che confermano l’esistenza di modelli giuridici autoctoni indicano che il Popolo Veneto non adottò acriticamente le istituzioni romane, ma le integrò in un sistema giuridico più ampio e complesso, con caratteristiche proprie.
Il passaggio invita a una rivalutazione critica delle radici giuridiche venete, apprezzando il contributo culturale specifico del Popolo Veneto nel contesto europeo.
Si pone quindi l’accento su una “polifonia giuridica”, dove le influenze locali e quelle esterne si intrecciano senza subordinazione.
La critica all’unitarismo italico e al romanocentrismo trova un’eco nei movimenti culturali e politici che rivendicano le “autonomie locali” e la valorizzazione delle identità “regionali”.
In questo contesto, il diritto veneto rappresenta un esempio significativo di come una comunità possa sviluppare modelli propri, in dialogo ma non subordinati a quelli esterni.
Volendo esplorare il concetto di libertà e di resistenza, questa riflessione sul diritto veneto potrebbe arricchire la narrazione, dimostrando come il Popolo Veneto abbia difeso la propria identità e libertà giuridica anche nei secoli in cui l’influenza romana era predominante.
Una tale analisi potrebbe inoltre inserirsi in un discorso sui limiti del potere centralizzato e sull’importanza delle tradizioni locali.

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