L’identità personale è dunque l’estrinsecazione di ciò che ogni Persona è fisicamente, intellettualmente e coscientemente.
Nessuno e nessuna norma di legge può privare una Persona della propria identità e del proprio nome.
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PERCHE’ UN NOME E UN COGNOME
Il prenome, o nome di battesimo: è dato dai genitori all’atto della nascita del figlio o della figlia.
Il cognome, o il nome patronimico: è il nome della famiglia, volto a distinguere una persona da altri membri della società.
La successiva registrazione all’anagrafe del Popolo di appartenenza è un atto che i genitori hanno il diritto/dovere di compiere solo ed esclusivamente per consentire la regolamentazione dei rapporti nell’ambito della società di appartenenza.
Con la propria emancipazione e attraverso il proprio nome e cognome il nativo potrà poi chiedere di entrare a far parte della società acquisendo oltre ai diritti previsti dalla Nazionalità anche i doveri previsti dalla Cittadinanza.
IL DIRITTO AL NOME
Il concetto di diritto al nome però è più ampio e comprende anche il diritto di ciascun individuo ad averne uno, istituto giuridico oggetto di alcune dichiarazioni solenni segnatamente riferite ai diritti dell’infanzia, per le quali il bambino ha espressamente diritto ad avere un nome.
Così si esprime infatti la Convenzione sui Diritti del Bambino elaborata dall’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e già diversi sono gli atti di recepimento in diversi paesi. In realtà il concetto sussisteva anche in ordinamenti di molto precedenti, sia pure più genericamente e quindi non limitatamente all’infante.
Vi sono inoltre state teorizzazioni che leggono questo senso della locuzione “diritto al nome” come nitido esempio di un diritto di fonte consuetudinaria.
COSA SI INTENDE PER IDENTITA’ PERSONALE IN FILOSOFIA
In filosofia s’intende la capacità dell’individuo di avere consapevolezza del permanere costante del suo io che si manterrebbe sostanzialmente identico attraverso il tempo e le diverse e varie esperienze che hanno segnato la sua vita fino al momento presente.
LA NON RISPOSTA DI DIO A MOSE’ SUL SUO NOME
“‘Qual è il suo nome?’
Che dirò loro?” (Es 3:13).
Mosè vuol sapere il nome di Dio.
Ma non lo sapeva già?
Tutti gli ebrei si erano sempre riferiti a Dio come a Yhvh.
Evidentemente Mosè era consapevole che quella formula non era proprio un nome, ma era il modo misterioso con cui ci si doveva riferire a Dio.
Ma il suo nome?
Vista la confidenza con Dio – di cui Mosè godeva fino al punto che Dio parlava “a Mosè faccia a faccia, proprio come un uomo parlerebbe col suo prossimo” (Es 33:1) – egli osa la domanda.
Certo con prudenza, usando un giro di parole e attribuendo la domanda ad altri: “Supponiamo che . . . ed essi realmente mi dicano: ‘Qual è il suo nome?’ Che dirò loro?” (Es 3:13).
Gli angeli furono riottosi nel rivelare il proprio nome e, di fatto, non lo rivelarono.
Come avrebbe risposto Dio?
“A ciò Dio disse a Mosè:” (v. 13).
Si noti molto attentamente, ma davvero molto attentamente.
“A ciò”, cioè alla richiesta di Mosè, Dio “disse”.
La Bibbia dice che in realtà Dio non rispose alla richiesta di Mosè.
Ma “disse” qualcosa.
Per tutta risposta, Dio “disse”: “IO MOSTRERÒ D’ESSERE CIÒ CHE MOSTRERÒ D’ESSERE” (v. 14; il maiuscoletto è di TNM).
Qui occorre fare bene attenzione.
Dobbiamo esaminare la frase di Dio nell’originale per comprenderla dovutamente.
אהיה אשר אהיה
ehyèh ashèr ehyèh
sono/sarò [chi] sono/sarò
Secondo questa nota, la locuzione divina sarebbe “l’espressione con cui Dio chiama se stesso”.
In verità, Dio qui non sta chiamando se stesso.
Dio sta invece rispondendo alla domanda di Mosè, ma non per dare il suo nome.
Come tutta risposta a Mosè che vuol sapere il suo nome, Dio dice: “SONO CHI SONO” (traduzione letterale dall’ebraico)… ovvero IO SONO COLUI CHE E’.