BANCHE: LA SENTENZA CHE RESTITUISCE LE CASE ALL’ASTA A TUTTI I DEBITORI

(TRATTO DA QUI)

Pignoramenti immobiliari tutti bloccati: con la nuova pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione il giudice deve valutare se il decreto ingiuntivo è stato emesso sulla base di clausole abusive contrarie ai diritti del consumatore.

È una sentenza davvero epocale quella che le Sezioni Unite della Cassazione hanno appena pubblicato. Una sentenza che restituisce le case all’asta a tutti i debitori sottoposti al pignoramento immobiliare da parte di soggetti forti come le banche o le finanziarie.

Grazie alla possibilità di applicazione retroattiva del principio varato dalla Suprema Corte [1], oggi chi sta subendo l’esproprio di una casa o di qualsiasi altro bene può nuovamente opporsi alla procedura anche se, in precedenza, è rimasto inerte e ha fatto scadere tutti i termini.

Cerchiamo di comprendere, più nel concreto, cosa cambia da oggi in poi.

La Caporetto delle banche: il principio

Il principio era già stato affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in almeno due occasioni.

Secondo i giudici europei, lo Stato italiano deve garantire ai consumatori la possibilità di opporsi al decreto ingiuntivo delle banche anche se questo non è stato contestato a suo tempo e pertanto è divenuto definitivo.

Deve farlo, in particolare, tutte le volte in cui il credito che ha dato vita all’esecuzione forzata si basa su un contratto abusivo, contenente cioè clausole vessatorie.

Il cosiddetto “giudicato” – ossia il fatto che una sentenza o un decreto ingiuntivo sia divenuto definitivo e perciò non più impugnabile – non può essere un limite alla tutela dei cittadini.

Pertanto per il giudice dell’esecuzione – quello cioè dinanzi al quale si svolge la procedura di pignoramento immobiliare – deve poter rimettere in gioco tutto il processo e bloccare l’asta giudiziaria se, alla base di tutto ciò, c’è la violazione delle norme europee che tutelano il consumatore.

Quindi, in presenza di un contratto bancario (una fideiussione, un mutuo, un’apertura di credito o qualsiasi altro contratto) che contenga clausole vessatorie, il debitore può opporsi anche a pignoramento già in corso e rimettere tutto in discussione.

La straordinarietà di tale affermazione si comprende solo se si conosce la regola generale del nostro processo anche nota con il termine tecnico: “giudicato”.

In forza di tale principio, il debitore che non abbia presentato opposizione contro un decreto ingiuntivo o non abbia fatto appello contro una sentenza a lui sfavorevole, non può più presentare un’opposizione quando ormai è partito il pignoramento, anche se solo in quella sede dovesse accorgersi dell’illegittimità del contratto firmato con la banca.

Così, molti cittadini si trovano oggi ad avere le case all’asta solo perché, al momento della notifica degli atti giudiziari non hanno inteso difendersi (a volte per ignoranza, a volte per incompetenza, altre per eccessiva leggerezza).

Condizioni per poter bloccare il pignoramento della casa

Il principio affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione può applicarsi solo in presenza delle seguenti condizioni:

il debitore deve essere un consumatore: sicché il contratto con la banca non deve essere stato sottoscritto per ragioni lavorative, imprenditoriali o professionali;

il contratto sottoscritto dal debitore con la banca deve contenere almeno una clausola vessatoria;

l’asta giudiziaria non deve essersi già conclusa con il provvedimento di assegnazione dell’immobile al miglior offerente.

Un esempio servirà a comprendere meglio la situazione.
Immaginiamo il caso di Tizio che abbia sottoscritto un contratto di mutuo ipotecario con una banca per l’acquisto della sua prima casa in cui andrà ad abitare insieme alla sua famiglia.

Nel contratto è presente una clausola abusiva che deroga al principio generale che impone quale foro competente per eventuali cause quello del luogo di residenza del debitore: in forza di tale clausola, si stabilisce che ogni controversia dovrà essere instaurata dinanzi a un tribunale lontano dall’abitazione di Tizio.

Proprio per questa ragione, nel momento in cui riceve il decreto ingiuntivo della banca, Tizio decide di non opporsi non avendo come pagare un avvocato di un altro foro.

Il decreto ingiuntivo diventa definitivo e la banca notifica a Tizio il pignoramento immobiliare.

La casa viene messa all’asta. Senonché Tizio riceve un consiglio da un amico avvocato il quale gli fa notare che il contratto con la banca viola la disciplina dei consumatori proprio per via di tale clausola abusiva, ma che ormai è troppo tardi per opporsi.

Ebbene, grazie al nuovo principio fissato dalla Cassazione, ora anche Tizio può presentare opposizione nonostante abbia fatto scadere i termini.

Infatti, benché il debitore non abbia proposto opposizione contro il decreto, adesso spetta al giudice dell’esecuzione controllare se la clausola del contratto è vessatoria.

E avvisare il debitore medesimo che entro quaranta giorni può proporre l’opposizione per far accertare la natura abusiva della clausola che ha effetti sull’ingiunzione di pagamento.

Inizierà un nuovo processo volto a giudicare dell’eventuale legittimità del contratto, durante il quale il giudice può sospendere l’esecutorietà del decreto ingiuntivo (e quindi del pignoramento).

All’esito del giudizio, non appena il giudice avrà accertato la presenza della clausola abusiva, il pignoramento cesserà definitivamente e quindi la casa tornerà al debitore.

I precedenti

Come anticipato, la pronuncia delle Sezioni Unite si basa sul principio fissato dalla Grande sezione della Corte di giustizia europea nelle cause C-693/19 e C-831/19, che aveva bocciato la normativa italiana laddove precludeva al giudice dell’esecuzione di pronunciarsi sulla validità delle clausole contrattuali, in quanto ormai coperta dall’autorità di cosa giudicata del decreto ingiuntivo non opposto.

Il tutto perché, spiegano i giudici Ue, al consumatore va garantita una «tutela effettiva».

In base alla giurisprudenza eurounitaria il giudice nazionale è tenuto a esaminare d’ufficio la presenza di clausole abusive nel contratto, a patto che gli elementi di diritto e di fatto già in suo possesso suscitino seri dubbi in materia.

Invece costringere il debitore a proporre l’opposizione solo entro i canonici 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo per far valere i propri diritti si pone in contrasto con la tutela del consumatore e con il principio del rilievo d’ufficio del carattere abusivo delle clausole contrattuali.

Insomma: per effettuare il controllo d’ufficio il giudice del monitorio deve esercitare i poteri istruttori consentiti dall’articolo 640, primo comma, cod. proc. civ.

Cosa cambia da oggi in poi?

Da oggi in poi, già in fase di richiesta del decreto ingiuntivo, il giudice dovrà richiedere alle banche di produrre il contratto su cui si basa il credito.

Eventualmente, deve rigettare la richiesta di decreto ingiuntivo se l’istruttoria sulla natura vessatoria della clausola risulta troppo complessa perché richiede di assumere testimonianze o svolgere una consulenza tecnica d’ufficio.

A quel punto il creditore dovrà avviare un processo ordinario di accertamento del proprio credito.

L’emissione invece del decreto ingiuntivo deve essere motivata: l’obbligo è funzionale a informare il consumatore che il giudice del monitorio ha svolto il controllo d’ufficio sulla presenza di clausole abusive nel contratto sotteso al credito azionato.

Che succede invece se tutto ciò non si verifica? Al debitore deve essere consentito di presentare opposizione tardiva contro il decreto ingiuntivo anche a pignoramento già avviato.

Come detto, tale regola si applica anche alle procedure già in corso, consentendo a chi sta subendo un pignoramento e ha la casa all’asta di bloccare tutta la procedura e di presentare un’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo.

Il tutto a condizione che il bene pignorato non sia stato già assegnato. In tal caso il consumatore può soltanto attivare un altro giudizio per chiedere il risarcimento del danno.

Se allora l’ingiunzione non motiva sul punto, il giudice dell’esecuzione ha il potere/dovere di rilevare d’ufficio l’esistenza di una clausola abusiva che incide sull’esistenza o sull’entità del credito oggetto del provvedimento monitorio.
2023.05.16 – FURLANETTO 4X4 COMPANY AEI – FATTURA VENDITA NR. 0130718190158391

 

E ciò fino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito.

Esempi di clausole abusive

Se si tratta, ad esempio, di una clausola che deroga al foro del consumatore la sospensione è totale; se, invece, si discute soltanto di una clausola che determina interessi moratori eccessivi, la sospensione ben può essere parziale, mantenendo intatta l’esecutorietà del titolo per la quota capitale, rispetto alla quale prosegue l’esecuzione forzata già intrapresa dal creditore professionista.

Il giudizio di opposizione, quindi, procede regolarmente.

Altre clausole abusive sono quelle, ad esempio, che vincolano il diritto del consumatore di chiedere il trasferimento del mutuo presso altro istituto di credito, che lo subordinano al pagamento di penali, che prevedono l’anatocismo, che limitano altri diritti del consumatore.

Cosa deve fare chi ha casa all’asta?

Chi ha un pignoramento in corso dovrà quindi rivolgersi immediatamente alla consulenza di un avvocato esperto in diritto del consumo o in diritto bancario al fine di far valutare l’eventuale presenza di clausole abusive all’interno del contratto e chiedere quindi che venga presentata opposizione all’esecuzione.

Opposizione per la quale, come detto, non ci sono termini di scadenza se non l’assegnazione dell’immobile pignorato all’offerente.

(TRATTO DA QUI)

 

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