REGISTRARE DI NASCOSTO PER DOTARSI DI PROVE

Registrazioni di nascosto a colleghi e datore di lavoro: valgono come prova

Il lavoratore, a determinate condizioni, può usare strumenti di registrazione audio sul luogo di lavoro per tutelarsi contro le dedotte condotte vessatorie del datore di lavoro anche travalicando i limiti del diritto alla riservatezza

  • Registrazioni occulte colleghi e datore di lavoro
  • Vessazioni sul luogo di lavoro: il caso
  • Ammissione delle prove
  • Testo integrale dell’ordinanza del tribunale di Cassino

Registrazioni occulte colleghi e datore di lavoro

Al lavoratore è riconosciuto il diritto a costituirsi mezzo di prova contro il datore di lavoro in una causa futura se le registrazioni siano effettuate con il genuino intento di tutelare la propria posizione lavorativa e procurarsi una fonte di prova da utilizzare nel processo.

È quanto statuito dal Tribunale di Cassino – Sezione Lavoro, con ordinanza del 18.07.2022 (testo in calce).

Vessazioni sul luogo di lavoro: il caso

Nella vicenda in oggetto, il lavoratore adiva il Tribunale ordinario, in funzione di Giudice del Lavoro, deducendo di aver patito condotte vessatorie ed illegittime da parte del datore di lavoro.

A sostegno di quanto affermato, il lavoratore produceva, tra le altre fonti di prova, delle registrazioni audio raccolte per il mezzo del telefono cellulare che il ricorrente aveva usato all’interno della sede di lavoro.

Si costituiva in giudizio la difesa della ditta datoriale, contestando gli assunti del ricorrente e chiedendo si dichiarasse l’inammissibilità delle predette registrazioni fonografiche in quanto raccolte in violazione dei precetti di cui al documento sottoscritto dal lavoratore quale titolare del trattamento dei dati personali ex art. 29 GDPR 679/2016, ritenendo sussistente, peraltro, il reato di violazione della privacy di cui all’art. 167 del Codice della privacy.

Ammissione delle prove

Il Tribunale di Cassino, Giudice del Lavoro, ha osservato che la prova raccolta dal lavoratore con la fonoregistrazione a mezzo del telefono cellulare può validamente essere prodotta nel processo lavoristico alla luce del principio secondo cui la finalità difensiva della registrazione dei colloqui tra dipendente e i colleghi sul luogo di lavoro esclude la necessità di chiedere il consenso dei presenti.

Ciò con la preminente finalità di contemperare la norma sul consenso del trattamento dei dati personali con le formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti in giudizio.

Ne discende la assoluta legittimità della condotta del lavoratore che abbia effettuato le registrazioni occulte se pertinenti alle tesi difensive e non eccedenti le connesse finalità (Cass. Civ. 12534/2019; Cass. Civ. 11322/2018; Cass.Civ. 27424/2014).

Il Giudice del Lavoro, dunque, nell’ ammettere al compendio probatorio del giudizio le registrazioni prodotte dal ricorrente – in un’ottica di bilanciamento tra diritti costituzionalmente protetti – ha riconosciuto prevalenza, rispetto al diritto dell’interessato ad opporsi al trattamento dei dati personali – cosiddetto “ius arcendi” – al trattamento dei dati stessi qualora effettuato per ragioni di giustizia.

Il Giudice ha evidenziato, tra l’altro, che, sotto il profilo normativo, tale impostazione trovava collocazione nell’art. 47 del D.Lgs 196 del 2003 e trova attuale riconoscimento in seno all’art. 2-undecies del medesimo decreto, come introdotto dall’articolo 2 comma 1 lett. f del D. Lgs 10.08.2018 n. 101, recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale dai dettami del Regolamento UE 2016/679.

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