Il gesto era inteso come rivendicazione simbolica di natura indipendentistica.
Secondo i suoi fautori lo scioglimento della Repubblica di Venezia, il 12 maggio 1797 a seguito dell’invasione napoleonica, sarebbe stato illegale, così come il plebiscito del Veneto del 1866 che ratificò l’annessione all’Italia.
Il caso suscitò un vasto clamore ed ebbe rilievo sia nella stampa italiana sia in quella internazionale.
Gli uomini sul campanile erano in possesso di un radiotrasmettitore, già utilizzato in vari episodi di “pirateria radiofonica” a partire dal 17 marzo 1997, per emettere abusivamente messaggi politici in tutto il Veneto sulle stesse frequenze della RAI (in particolare il TG1), coprendone le trasmissioni e incitare i veneziani all’insurrezione.
I manifestanti comunicarono alle autorità, che nel frattempo avevano isolato la piazza, che avrebbero iniziato a trattare non appena fosse giunto un loro rappresentante.
La sera stessa il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, andò a parlare con i manifestanti.
Un gruppo di militari occupò la piazza arrestandovi alcuni occupanti, un altro gruppo scalò il campanile usando delle impalcature poste all’esterno del monumento mentre altri penetrarono all’interno.
Nel giro di pochi minuti i carabinieri arrestarono tutti i partecipanti all’azione.
Le persone coinvolte
Il gruppo dei Serenissimi era composto da:
Giuseppe “Bepin” Segato
Gilberto Buson
Cristian Contin
Flavio Contin
Antonio Barison
Luca Peroni
Moreno Menini
Fausto Faccia
Andrea Viviani
Le motivazioni all’inizio non furono chiare e solo la conoscenza dei personaggi che l’attuarono portarono a definire meglio l’ambiente in cui si progettò l’evento.
Sembra che queste persone, pur non svolgendo un’attività politica in senso proprio, avessero nostalgia per i tempi della Repubblica di Venezia, cancellata manu militari da Napoleone Bonaparte e ne auspicassero la restaurazione.
Sostenevano di aver fatto delle ricerche storiche e scoperto elementi che, a loro parere, invalidavano l’atto di Napoleone del 1797, l’accettazione dell’atto da parte del Maggior Consiglio e anche il plebiscito di ratifica dell’annessione al Regno d’Italia del 1866.
Secondo i Serenissimi l’atto di Napoleone era illegittimo in quanto effettuato contro uno Stato neutrale e non perfezionato dal “Maggior Consiglio”, che avrebbe deliberato in mancanza del numero legale; il plebiscito del Veneto del 1866, invece, sarebbe stato caratterizzato da brogli e violazioni degli accordi internazionali sottoscritti durante l’armistizio di Cormons e il trattato di Vienna.
A seguito delle indagini volte a svelare la pianificazione del gesto eversivo, fu istruito un processo. Tra i capi di accusa ipotizzati vi erano:
- attentato contro l’unità dello Stato
- banda armata
- interruzione di pubblico servizio, per le interruzioni delle trasmissioni televisive effettuate in precedenza alla manifestazione veneziana.
Nel maggio 2006 vi sono stati altri rinvii a giudizio per altri reati connessi agli stessi fatti.
Il processo ai Serenissimi si concluse con assoluzioni, patteggiamenti e condanne:
Luigi Faccia: condanna a 4 anni e 9 mesi di reclusione per la manifestazione veneziana (scontati 3 e mezzo ed affidato ai servizi sociali) oltre ad una condanna a 6 mesi di reclusione per associazione sovversiva da parte del Tribunale di Verona, 5 anni e 3 mesi complessivi.
Non aveva partecipato alla manifestazione, ma fu identificato come uno degli organizzatori dell’operazione e sedicente Presidente del Veneto Serenissimo Governo.
Giuseppe Segato: condanna a 3 anni e 7 mesi di reclusione per il reato di eversione.
Non aveva partecipato all’azione, ma fu identificato come “l’Ambasciatore Veneto” aspettato quella notte e come l’ideologo del gruppo.
Gravemente ammalatosi durante la prigionia, morirà il 26 marzo 2006, poco dopo la scarcerazione.
La Corte di cassazione infine, con sentenza della VI sezione penale n. 26151 del 16 marzo 2011 (depositata il 5 luglio 2011) ha assolto tre membri del gruppo (Gilberto Buson, Cristian Contin e Flavio Contin) dalle accuse più gravi di costituzione di banda armata e di associazione sovversiva per finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, in quanto l’organizzazione, che pur perseguiva un programma eversivo ipotizzando atti di violenza, fu ritenuta strutturalmente inidonea a raggiungere lo scopo per mancanza di strumenti.
Una prima domanda di grazia per Luigi Faccia fu presentata dalla moglie nel dicembre 1999, ma nel 2000 l’allora ministro della giustizia Piero Fassino, ne bloccò l’iter.
Una volta cambiato titolare del dicastero, intervenne una nuova domanda. Il ministro leghista Roberto Castelli dichiarò che «Faccia non ha fatto male a nessuno», e tuttavia la grazia, che è competenza esclusiva del presidente della Repubblica, non gli fu concessa.
Durante la detenzione i Serenissimi ricevettero numerose lettere di solidarietà, alcune sono raccolte nel libro Ti con nu, nu con Ti.