Autore: sergio

TRANSIZIONE … FASE DI

TERRORISMO DI STATO E STRATEGIA DELLA TENSIONE

Uno Stato può decidere di ricorrervi contro i suoi stessi cittadini, a fini repressivi per eliminare direttamente un gruppo politico, o per eliminarlo come interlocutore politico e togliergli credibilità davanti all’opinione pubblica incolpandolo di atti commessi da terzi (operazioni False flag), oppure per intimidire e far emigrare una popolazione che non desidera (pulizia etnica), per creare uno stato di emergenza che giustifica una deriva autoritaria con la sospensione e deroga delle Costituzioni in nome della sicurezza nazionale.
Un ulteriore modo, proprio degli stati e non replicabile da soggetti non statali, di fare terrorismo è l’istituire un ordinamento giuridico e di pubblica sicurezza estremamente punitivi: tramite organizzazioni di polizia segreta e regolamenti molto rigidi si instaura un clima di paura in cui ogni cittadino diventa passibile di punizione, in pratica “colpevole fino a prova contraria”.
STRATEGIA DELLA TENSIONE
La locuzione strategia della tensione identifica una strategia politica da realizzare mediante un disegno eversivo, tesa alla destabilizzazione o al disfacimento di equilibri precostituiti.
Si basa generalmente su una serie preordinata di atti terroristici, volti a creare uno stato di tensione e di paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare o auspicare svolte politiche di stampo autoritario.
Può anche essere attuata sottoforma di tattica militare che consiste nel commettere attentati dinamitardi e attribuirne la paternità ad altri.

TASSE … O ESTORSIONI DI STATO ITALIANE

Chiunque, mediante violenza  o minaccia , costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000.
La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell’articolo precedente.

Ratio Legis
Tale disposizione trova il proprio fondamento non solo nella necessità di tutelare il patrimonio individuale, ma anche la libertà di autodeterminazione del singolo.

La violenza o la minaccia devono essere dirette a coartare la volontà della vittima affinchè questa compia un atto di disposizione patrimoniale, rimanendo indifferenti le modalità con cui queste condotte si realizzano.
Nello specifico la minaccia può concretarsi anche in un comportamento omissivo come nell’ipotesi in cui il proprietario di un immobile rifiuti la conclusione di un contratto di locazione in caso di mancato pagamento di un canone superiore a quello stabilito dalla legge.
La costrizione può avere ad oggetto il compimento di un atto di disposizione patrimoniale positivo (come ad esempio la donazione di una somma di danaro) o negativo (si pensi alla remissione di un debito), anche annullabile, ma necessariamente produttivo di effetti giuridici (gli atti radicalmente nulli non integrano la fattispecie in esame).
Il profitto non ha rilevanza solo economica o patrimoniale, ma può quindi trattarsi di un diverso vantaggio, a differenza del danno che deve invece essere esclusivamente di natura patrimoniale.

ecco cosa dice Wikipedia:

L’estorsione, in diritto, è un reato commesso da chi, con violenza o minaccia, costringa uno o più soggetti a fare o a non fare qualche atto al fine di trarne un ingiusto profitto con altrui danno.
È tipico reato commesso con la cooperazione della vittima.
La coercizione sulla vittima è relativa perché in essa residua un minimum di capacità di autodeterminazione che viene coartata dall’agente al fine di far compiere un atto dispositivo (dare,fare,non fare).
È reato di evento in cui la cooperazione della vittima è carpita con la forza intesa come coazione relativa.
Tra forza e la coazione deve sussistere un rapporto strumentale di mezzo a fine altrimenti si avrà solo induzione.
La condotta consiste nella costrizione mediante violenza o minaccia a determinati comportamenti attivi o omissivi.
La minaccia estorsiva può avere adoggetto anche una omissione con la pospettazione da parte dell’ agente di non impedire ciò che ha il dovere giuridico di impedire. L’evento è quadruplice: 1) stato di coazione psichica, volontà viziata 2)atto dispositivo patrimoniale 3)danno altrui 4) profitto ingiusto per l ‘agente o altri.
È una tipica attività spesso utilizzata dalle organizzazioni criminali (soprattutto le organizzazioni di tipo mafioso) a cui si ricorre per acquisire capitali ingenti, ma soprattutto per controllare il territorio.

TAMQUAM NON ESSET

Tamquam non esset è un antico brocardo latino la cui traduzione letterale è: Come se non esistesse.
Tale massima è usata in riferimento a norme giuridiche (o parti di esse) ritenute dalla giurisprudenza vessatorie, lacunose o imperfette, così da essere considerate come non esistenti, come non scritte: incapaci cioè di produrre effetti giuridici.
Parimenti la massima è usata in diritto penale e precisamente nella teoria della causalità naturale per escludere il nesso di causalità solo se si verifica una causa autonoma, rispetto alla quale la precedente è da considerarsi tamquam non esset e trova, nell’attività dell’imputato, soltanto l’occasione per svilupparsi.

STATO … CONCETTO DI


Qualunque autorità è affidata a incaricati che la esercitano secondo l’ordinamento liberamente determinato con il mutuo consenso della società di appartenenza; ogni autorità deriva ed è attribuita dal reciproco consenso sociale, e tutte le persone che mediante il voto e/o il consenso attribuiscono tale rappresentanza hanno eguale potere di toglierla.
Qualunque autorità così costituita non ha alcuna facoltà di sopprimere o  limitare il potere della persona di designarla o revocarla attraverso il voto e/o il consenso sociale.
L’attribuzione e la revoca dell’autorità a rappresentanti eletti attraverso il voto e/o il consenso sociale determina il diritto e il potere per ogni persona di rappresentare se stessa.
LO STATO STRANIERO OCCUPANTE, RAZZISTA E COLONIALISTA ITALIANO
Lo stato italiano sul Territorio della Repubblica di Venezia rimane ad oggi uno stato straniero occupante, a nulla rilevando sotto il profilo della legittimazione dell’esercizio della sua sovranità sul Territorio della Nazione Veneta gli anni di illecita e illegittima occupazione razzista e colonialista.
STATO ITALIANO O … SOCIETA’ DI CORPORAZIONE ???
Lo stato italiano, anche espressione della repubblica italiana società/corporazione registrata (S.E.C.) (American Securites Exchange Act 1934), il cui ordinamento, statuti, codici, norme, e regolamenti definiti come regolamento legiferato di una società sono in effetti una norma della società/corporazione della repubblica italiana e che tali sono limitatamente applicabili a coloro che sono agenti di tali società e/o facenti parti della stessa.

LE CONTEE O STATI FEDERATI

Le Nazioni vicine che potrebbero inizialmente confluire per poi raggiungere il proprio totale ripristino di sovranità sono:
IL MAGGIOR CONSIGLIO (CONSIGLIO FEDERALE)
ART. L-5 OGVP
Il Consiglio Federale (CF), (o Maggior Consiglio), è l’Organo collegiale dei Governatori degli Stati federati (Contee) riuniti in sede congiunta.
Il CF è presieduto da uno dei Governatori di Contea in carica e delegato a rotazione annuale quale Presidente dell’Assemblea Federale.
Il CF concorre col GVP (e quindi col Minor Consiglio) alla determinazione della politica nazionale secondo le indicazioni di Municipalità e Delegazioni che sono vincolanti in materia legislativa sia in termini abrogativi sia propositivi.
IL PRESIDENTE DEL MAGGIOR CONSIGLIO
Il Presidente del Consiglio Federale è nominato a rotazione annuale fra i Governatori di Contea degli Stati Federati.
Rappresenta e coordina i lavori dell’Assemblea con competenza legislativa concernente la politica attuativa nazionale.
IL GOVERNATORE DI CONTEA
Il Governatore della Contea rappresenta lo stato federato ed è Capo del Governo Statale.
Il Governatore di Contea è nominato a rotazione annuale fra tutti i Reggenti delle Municipalità che fanno parte dello stato federato.

SERENISSIMI

Serenissimi è il nome dato dai mass media a un gruppo di persone (autodefinitesi Veneta Serenissima Armata, braccio operativo del cosiddetto Veneto Serenissimo Governo) che nel nome della Repubblica di Venezia, la notte fra l’8 ed il 9 maggio 1997, a pochi giorni dalla ricorrenza del bicentenario della caduta della Serenissima (12 maggio 1797), occupò piazza San Marco e il campanile della basilica issando sulla cella campanaria la bandiera di Venezia.
Il gesto era inteso come rivendicazione simbolica di natura indipendentistica.
Secondo i suoi fautori lo scioglimento della Repubblica di Venezia, il 12 maggio 1797 a seguito dell’invasione napoleonica, sarebbe stato illegale, così come il plebiscito del Veneto del 1866 che ratificò l’annessione all’Italia.
Il caso suscitò un vasto clamore ed ebbe rilievo sia nella stampa italiana sia in quella internazionale.
Secondo quanto accertato in seguito, l’intenzione degli occupanti del campanile sarebbe stata quella di tenere tale posizione sino al 12 maggio, bicentenario dell’abdicazione del Maggior Consiglio della Repubblica Veneta e del Doge Ludovico Manin alle truppe francesi; allo scopo s’erano dotati anche di viveri.
Gli uomini sul campanile erano in possesso di un radiotrasmettitore, già utilizzato in vari episodi di “pirateria radiofonica” a partire dal 17 marzo 1997, per emettere abusivamente messaggi politici in tutto il Veneto sulle stesse frequenze della RAI (in particolare il TG1), coprendone le trasmissioni e incitare i veneziani all’insurrezione.
I manifestanti comunicarono alle autorità, che nel frattempo avevano isolato la piazza, che avrebbero iniziato a trattare non appena fosse giunto un loro rappresentante.
La sera stessa il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, andò a parlare con i manifestanti.
Al mattino del 9 alle ore 8.15, su ordine del prefetto, uomini del GIS dei Carabinieri diedero inizio allo sgombero.
Un gruppo di militari occupò la piazza arrestandovi alcuni occupanti, un altro gruppo scalò il campanile usando delle impalcature poste all’esterno del monumento mentre altri penetrarono all’interno.
Nel giro di pochi minuti i carabinieri arrestarono tutti i partecipanti all’azione.
Le persone coinvolte
Il gruppo dei Serenissimi era composto da:
Giuseppe “Bepin” Segato
Gilberto Buson
Cristian Contin
Flavio Contin
Antonio Barison
Luca Peroni
Moreno Menini
Fausto Faccia
Andrea Viviani
Le motivazioni all’inizio non furono chiare e solo la conoscenza dei personaggi che l’attuarono portarono a definire meglio l’ambiente in cui si progettò l’evento.
Sembra che queste persone, pur non svolgendo un’attività politica in senso proprio, avessero nostalgia per i tempi della Repubblica di Venezia, cancellata manu militari da Napoleone Bonaparte e ne auspicassero la restaurazione.
Sostenevano di aver fatto delle ricerche storiche e scoperto elementi che, a loro parere, invalidavano l’atto di Napoleone del 1797, l’accettazione dell’atto da parte del Maggior Consiglio e anche il plebiscito di ratifica dell’annessione al Regno d’Italia del 1866.
Secondo i Serenissimi l’atto di Napoleone era illegittimo in quanto effettuato contro uno Stato neutrale e non perfezionato dal “Maggior Consiglio”, che avrebbe deliberato in mancanza del numero legale; il plebiscito del Veneto del 1866, invece, sarebbe stato caratterizzato da brogli e violazioni degli accordi internazionali sottoscritti durante l’armistizio di Cormons e il trattato di Vienna.
A seguito delle indagini volte a svelare la pianificazione del gesto eversivo, fu istruito un processo. Tra i capi di accusa ipotizzati vi erano:
  1. attentato contro l’unità dello Stato
  2. banda armata
  3. interruzione di pubblico servizio, per le interruzioni delle trasmissioni televisive effettuate in precedenza alla manifestazione veneziana.

Nel maggio 2006 vi sono stati altri rinvii a giudizio per altri reati connessi agli stessi fatti.
Il processo ai Serenissimi si concluse con assoluzioni, patteggiamenti e condanne:
Luigi Faccia: condanna a 4 anni e 9 mesi di reclusione per la manifestazione veneziana (scontati 3 e mezzo ed affidato ai servizi sociali) oltre ad una condanna a 6 mesi di reclusione per associazione sovversiva da parte del Tribunale di Verona, 5 anni e 3 mesi complessivi.
Non aveva partecipato alla manifestazione, ma fu identificato come uno degli organizzatori dell’operazione e sedicente Presidente del Veneto Serenissimo Governo.
Giuseppe Segato: condanna a 3 anni e 7 mesi di reclusione per il reato di eversione.
Non aveva partecipato all’azione, ma fu identificato come “l’Ambasciatore Veneto” aspettato quella notte e come l’ideologo del gruppo.
Gravemente ammalatosi durante la prigionia, morirà il 26 marzo 2006, poco dopo la scarcerazione.
La Corte di cassazione infine, con sentenza della VI sezione penale n. 26151 del 16 marzo 2011 (depositata il 5 luglio 2011) ha assolto tre membri del gruppo (Gilberto Buson, Cristian Contin e Flavio Contin) dalle accuse più gravi di costituzione di banda armata e di associazione sovversiva per finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, in quanto l’organizzazione, che pur perseguiva un programma eversivo ipotizzando atti di violenza, fu ritenuta strutturalmente inidonea a raggiungere lo scopo per mancanza di strumenti.
Una prima domanda di grazia per Luigi Faccia fu presentata dalla moglie nel dicembre 1999, ma nel 2000 l’allora ministro della giustizia Piero Fassino, ne bloccò l’iter.
Una volta cambiato titolare del dicastero, intervenne una nuova domanda. Il ministro leghista Roberto Castelli dichiarò che «Faccia non ha fatto male a nessuno», e tuttavia la grazia, che è competenza esclusiva del presidente della Repubblica, non gli fu concessa.
Durante la detenzione i Serenissimi ricevettero numerose lettere di solidarietà, alcune sono raccolte nel libro Ti con nu, nu con Ti.

SECESSIONE

Secessione significa letteralmente divisione, separazione, ma il Popolo Veneto non ha bisogno di dividersi dallo stato straniero occupante italiano perchè è quest’ultimo che deve andarsene, con le buone o con le cattive.
Il processo secessionista è tipico degli “insorti” laddove una popolazione si rivolta contro il proprio stato perché è un tiranno… è quindi un processo interno ad una nazione e si realizza spesso con la rivolta e conquista della territorialità strappata al controllo dominante da parte della popolazione o una parte di essa.
Appare fin troppo evidente che questa opzione non è quella giuridicamente necessaria al Popolo Veneto che di fatto non è italiano.

SCHIAVISMO

Lo schiavismo è il sistema sociale ed economico basato sulla schiavitù:
« [La schiavitù] è lo stato o la condizione di un individuo sul quale si esercitano gli attributi del diritto di proprietà o taluni di essi, e lo “schiavo” è l’individuo che ha tale stato o condizione »
(Nazioni Unite, Convenzione supplementare sull’abolizione della schiavitù, del commercio di schiavi e delle istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù).
Oggi la schiavitù è una condizione formalmente illegale in tutto il mondo, fatto sancito tramite l’adozione, da parte delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, avvenuta nel 1948.
La schiavitù nel X secolo scomparve in Europa che però continuò ad ammettere in uso lo schiavismo all’esterno delle proprie nazioni. Per il resto del mondo soltanto a partire dall’epoca dell’Illuminismo avvenne una sparizione graduale del fenomeno, favorito persino da eventi reazionari come il Congresso di Vienna. Dalla fine dell’ultimo millennio, tuttavia, si assiste ad un inaspettato e consistente ritorno dello schiavismo caratterizzato da proprie peculiarità nei diversi Stati.
Similmente a quanto si è potuto osservare nel corso della storia, lo schiavismo colpisce spesso etnie di paesi stranieri, che per una ragione o l’altra si trovano in un ruolo subalterno o in posizione svantaggiata. Ad esempio tra gli immigrati provenienti dall’Est Europa e da altri continenti non si trovano più solo persone motivate dal bisogno di sicurezza o di sostentamento personale: spesso infatti gli emigranti lasciano il paese contro la propria volontà; altre volte si tratta di persone che sono state convinte a partire con promesse ingannevoli. In questi casi, non è esagerato scomodare il termine di tratta di schiavi verso i paesi occidentali (vedi nota sulla legislazione alla fine di questo capitolo). In Italia, i settori economici dove il fenomeno dello schiavismo è più frequente sono forse la prostituzione e l’agricoltura.
Le ragioni di questo fenomeno sono molteplici. Secondo lo studioso Bales Kevin, le cause dell’espansione di nuove forme di schiavismo, che spesso riguardano anche le società occidentali, sarebbero il rapido incremento della popolazione mondiale e la cattiva gestione (spesso da parte dei governi di paesi poveri) delle nuove sfide cui deve andare incontro la politica.
Tra queste, la globalizzazione ha senza dubbio un posto di primo piano
La cattiva gestione avrebbe favorito, infine, la formazione ed il consolidarsi di nuovi gruppi di élite interessati a sfruttare il mutamento sociale ed economico in corso.
Per una rudimentale caratterizzazione delle nuove forme di schiavismo si ricordano pochi punti di vista essenziali:
  • Riconoscimento sociale: la schiavitù dell’epoca postmoderna viene sempre ed unanimemente condannata dalla coscienza comune (vedi ad es. Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 4, per il caso europeo). In quanto illegale, in Occidente il rapporto di schiavitù non può quasi esistere senza l’appoggio della criminalità organizzata, spesso internazionale, e di forme di mobilità come l’emigrazione clandestina.[87]
  • Mansioni: Nel caso dello schiavismo dei paesi occidentalizzati, lo spettro delle mansioni cui può essere addetto uno schiavo è notevolmente mutato. Non esistono più in Occidente schiavi guerrieri, né insegnanti; neanche le mansioni dei lavori domestici presso una famiglia sembrano poter rientrare sotto il fenomeno di schiavismo.
  • A parte la prostituzione e l’agricoltura, sono spesso considerate come schiavismo moderno forme di sfruttamento violento il racket delle elemosine, il traffico di organi e l’abuso di minorenni per pedo-pornografia.
  • Acquisizione e durata del rapporto di schiavitù: La condizione di schiavitù acquisita per nascita è ormai almeno in teoria impossibile. Essendo meno facile da instaurare e meno difficile da sciogliere, il rapporto di schiavitù non dura quasi mai tutta la vita della vittima, ma tende a colpire soprattutto le fasce di età giovane. Sono infatti molte le fonti a sostenere che gli schiavi siano in buona parte dei minorenni.
  • Mezzi di pressione: Per lo sfruttatore attivo nei paesi occidentali, oggi la maniera più efficace per sostenere il rapporto di schiavitù è probabilmente la minaccia di violente ritorsioni contro i parenti rimasti in patria. Va inoltre detto che ancor oggi i debiti vengono usati come mezzo di pressione nei confronti della vittima. Ovviamente, se nell’antichità la schiavitù era spesso il normale risvolto dell’incapacità di pagare un regolare debito, oggi la schiavitù si basa abbastanza sistematicamente su accordi di prestito abusivi, in quanto è in pratica impossibile estinguere il debito.

 

ATYAGRAHA OVVERO “FERMEZZA IN UNA BUONA CAUSA”.

Gandhi, nel corso del 1907, avviò una riflessione volta a discutere criticamente l’uso di questi termini.
Solo alcuni anni dopo (attorno al 1913) Gandhi iniziò a rifarsi al termine “ahimsa” = nonviolenza / innocenza (letteralmente: “assenza della volontà di nuocere”).
Peraltro Gandhi stesso diverrà consapevole assai presto che l’ahimsa è da intendersi in senso positivo, e non semplicemente negativo, come pura “assenza di violenza”.Ahimsa significa l’appello ad una “forza altra”, distinta dalla violenza e ad essa opposta, e la definirà “forza che dà vita”.
Così Gandhi il 18 dicembre 1907 indisse, dalle colonne del settimanale degli indiani del Sudafrica “Indian Opinion”, un concorso per trovare un nome più appropriato e che sapesse cogliere a pieno lo spirito del metodo.
La proposta vincente fu suggerita da shri Maganlal Gandhi: sadagraha, cioè “fermezza in una buona causa”.
A Gandhi la parola piacque, ma – dice lui stesso nella sua autobiografia – “affinché fosse più comprensibile io poi la cambiai in satyagraha, che da allora in poi è diventata comune in lingua gujarati per definire la nostra lotta”.
Il 10 gennaio 1908 Indian Opinion pubblica per la prima volta la parola Satyagraha, che da allora divenne il nome ufficiale del movimento e del metodo di lotta promosso da M. K. Gandhi: la forza che nasce dalla verità e dall’amore.
Il satyagrahi (colui che pratica il satyagraha) aderisce a undici principi che osserva in spirito di umiltà: non violenza, verità, non rubare, castità, rinuncia ai beni materiali, lavoro manuale, moderazione nel mangiare e nel bere, impavidità, rispetto per tutte le religioni, swadeshi (uso dei prodotti fatti a mano), sradicamento dell’intoccabilità.
Il satyagraha può anche essere definito una forma di lotta politica e sociale (per Gandhi vi è una forte identità tra i due termini), dotata della massima efficacia se utilizzata per fini nobili e degni; risulta, invece, inutile o dannosa per chi lo pratica per egoismo o brama.
Nel pensiero satyagraha vi è identità tra fine e mezzo, a dispetto di ogni concezione “machiavelliana”: per raggiungere una meta giusta l’unico modo è quello di usare metodi pacifici e nonviolenti, con amore verso il “nemico” contro cui è diretto.
Esso distingue il peccato dal peccatore e, mentre verso il primo si scaglia con tutta la sua forza, verso il secondo si comporta fraternamente: il suo obiettivo non è la distruzione dell’avversario, ma la sua convinzione (con-vincere, vincere con), e la pacifica convivenza di entrambi.
Chi pratica il Satyagraha intende dare forza all’avversario che usando motodi violenti è in realtà debole e per questo necessita della forza spirituale che si sprigiona durante un’azione nonviolenta.
Nel satyagraha vi è una forte tensione morale: i valori sono una componente fondamentale del pensiero e dell’azione, in ogni campo (sociale, politico, religioso, economico, culturale, ecc.).
Il satyagraha è anche il servizio dell’altro: nella disputa è còmpito del satyagrahi mostrare la via giusta, aderirvi e accettare a cuor sereno tutte le conseguenze.
La disobbedienza civile potrebbe rendere necessario infrangere una legge ingiusta: in tal caso il cittadino, rispettoso di tutte le altre leggi, moderato dall’auto-disciplina, obbedirà alla superiore legge morale e trasgredirà quella dello stato accettando senza rimorso la pena corrispondente.
Il fondamento di ciò è la superiorità della purezza dello spirito (derivante dall’obbedienza alla legge morale) rispetto alla sofferenza del corpo che potrebbe essere causata dal danno economico ricevuto o dalla permanenza in prigione.
Nel concreto il satyagraha si traduce in molteplici forme, alcune delle quali storicamente sperimentate, altre sono ancora da ideare.
Esse sono: la non collaborazione nonviolenta, il boicottaggio, la disobbedienza civile, l’obiezione di coscienza alle spese militari, l’azione diretta nonviolenta, il digiuno, ecc., nonché, in termini più generali, il pacifismo.
In India si ricorda la storica marcia del sale del 1930.
Il governo inglese aveva imposto una tassa sul sale che, essendo questo una materia prima di fondamentale importanza, andava a colpire pesantemente tutta la popolazione indiana con particolare danno dei più poveri.
Gandhi e i suoi collaboratori (o meglio amici, compagni, familiari) partirono dalla loro fattoria che erano in 78: i loro nomi vennero pubblicati sui giornali perché la polizia ne fosse informata.
Percorsero a piedi le duecento miglia che separano Ahmedabad da Dandi, nello stato del Gujarat, marciando per 24 giorni, e quando arrivarono alle saline erano diverse migliaia.
Alla fine il Mahatma raccolse un pugno di sale.
Disarmati, ordinatamente e col sorriso sulle labbra, i manifestanti andavano incontro alla polizia, sul luogo per sedare la rivolta.
Nonostante i duri colpi di sfollagente, i numerosi feriti e la violenza delle autorità, i cittadini continuavano ad avanzare silenziosi, a subire il trattamento senza reagire in alcun modo, senza neanche difendersi.
Dopo un po’ la polizia si arrese di fronte ad una fiumana di gente che continuava ad avanzare senza paura.
Fu lo stesso comandante ad ammettere, a posteriori, il senso di impotenza di fronte a quella moltitudine, che coglieva impreparati gli agenti generalmente avvezzi a ben altro tipo di proteste popolari.
Martin Luther King praticò il satyagraha ispirandosi direttamente alle gesta nonviolente di Gesù e di Gandhi.
Negli Stati Uniti d’America del Sud organizzò un boicottaggio agli autobus, poiché vigevano delle norme che imponevano discriminazioni razziali nei posti a sedere.
Altri esempi di Martin Luther King sono la marcia su Washington per la conquista dei diritti civili e i numerosi sit-in.