Autore: sergio

IL DISTRETTO

SEZIONE 14 – ARTICOLO 01
 
Il territorio di ogni Distretto è costituito dall'insieme delle Comunità Locali che nell'ambito territoriale costituiscono i collegi elettorali uninominali dei propri Delegati.
Inizialmente ogni Distretto estende la propria competenza territoriale rimarcando i territori degli attuali comuni (1.651).
Ogni Distretto concorre a determinare la linea politica della Municipalità di cui fa parte, essendo l'insieme dei Delegati delle Comunità Locali anche membri del Consiglio della Municipalità che possono fornire raccomandazioni e linee guida al fine di organizzare al meglio l'esercizio delle funzioni amministrative sul proprio territorio e secondo le competenze a loro delegate.
 
 

I PRESIDI AMMINISTRATIVI

SEZIONE 15 – ARTICOLO 03
 
Lo Stato si avvale dei Presidi Amministrativi quale massima espressione del decentramento amministrativo del servizio messo a disposizione della Comunità Locale dal pubblico ufficio.
I Presidi amministrativi possono essere istituiti anche temporaneamente e vengono coordinati dai Distretti Amministrativi istituiti nell'ambito della Municipalità territorialmente competente.
E' la Municipalità che decide in ambito di Consiglio Municipale l'istituzione di un Presidio (Polizia, ufficio anagrafe…) sentito il competente Dipartimento.
 
 

IL DELEGATO

SEZIONE 15 – ARTICOLO 02
 
Rappresenta la Comunità Locale il DELEGATO eletto fra i Cittadini maggiorenni e membri della collettività residente da almeno tre anni.
Per eleggere il proprio Delegato, la Comunità Locale con limitato numero di Cittadini residenti concorre con altre Comunità Locali territorialmente limitrofe, ma appartenenti al medesimo Distretto Amministrativo e Municipalità.
Attraverso il proprio Delegato, la Comunità Locale partecipa attivamente e concorre alla politica e all'amministrazione del proprio Distretto Amministrativo e della Municipalità di cui fa parte.
Il Delegato eletto è anche membro del Consiglio della Municipalità.
Il Delegato eletto assolve all'incarico rappresentativo di Marigo (ex Sindaco) con rotazione annuale fra tutti i Delegati del proprio Distretto territoriale..
Per tutte le questioni cui è chiamata a concorrere, la Comunità Locale si determina con il voto a democrazia diretta avvalendosi del proprio Delegato detentore di limitata rappresentatività (non facoltà decisionale) quale espressione della diretta volontà popolare dei Cittadini di cui è portavoce.
 

LA COMUNITÀ LOCALE

SEZOINE 15 – ARTICOLO 01
 
Per Comunità Locale  si intende l'insieme socialmente organizzato di individui che condividono una particolare limitata estensione geografica e il cui territorio coincide quasi sempre con un centro abitato, un borgo, un quartiere.
Tutte le Comunità Locali costituiscono il massimo decentramento territoriale dei vari Distretti Amministrativi.
Con decisione espressa dai Cittadini del luogo, tutte le Comunità Locali sono designate dal Consiglio Distrettuale di ogni Distretto.
Per tutte le questioni cui è chiamata a concorrere, la Comunità Locale si determina con il voto a democrazia diretta avvalendosi del proprio Delegato detentore di limitata rappresentatività (non facoltà decisionale) quale espressione della diretta volontà popolare dei Cittadini di cui è portavoce.
Ogni Comunità Locale costituisce la DELEGAZIONE ELETTORALE nel cui ambito si svolge l'elezione del DELEGATO.
 
COMMENTO
La Comunità Locale è anche intesa come il centro della vita di relazione dell'individuo ed è spesso espressione della tipicità e della caratteristica realtà territoriale.
UN PO' DI STORIA
Il riferimento più antico è del 1116.
Si ritiene che, attorno al XII secolo, tra gli abitanti di uno stesso villaggio (o di più villaggi soggetti alla stessa giurisdizione) fosse sorto il comune interesse di mettere mano collettivamente ad alcune questioni, riguardanti tutti indipendentemente dall'estrazione economica e sociale.
Era necessario, per esempio, regolamentare l'uso dei beni pubblici, come boschi, pascoli e acque, organizzare la manutenzione della chiesa, ma anche di strade, ponti e pozzi, occuparsi dei servigi da rendere al signore locale.
Questa autonomia restava comunque sottoposta al governo centrale, che imponeva le tasse, legiferava sulla giustizia e pretendeva un certo numero di soldati.
A capo della comunità stava il meriga o mariga (in latino maricus), un rappresentante eletto liberamente dalla popolazione riunita in consiglio (vicinia) o dal feudatario locale nel caso ce ne fosse uno.
Con la Serenissima, questo ordinamento fu in gran parte mantenuto: la regola si evolse in villa, divisa in più colmelli (altrimenti detti comuni o desene), ciascuno con un proprio meriga.
LA VICINA
Nel Medioevo la vicinia era lo spazio dove si conduceva la vita quotidiana, spesso conteneva una chiesa, da qui prendeva il nome, e le botteghe.
Vi vivevano famiglie per intere generazioni, di indifferente ceto sociale, era un nucleo di densa solidarietà sociale, nella vicinia era nelle assemblee che si discutevano e decidevano le regole.
Il suo nome deriva da vicus-i ("villaggio" in latino), dal quale si analogizza l'assemblea dei villani, ovvero degli abitanti della villa.
Queste assemblee prendevano anche nome di vicinanze, università agrarie, o terrazzani.
Il termine vicinia assume diversi significati a seconda del contesto: in ambiti urbani, come a Brescia o Bergamo, indicava una specie di comitato di quartiere.
In ambiti rurali aveva un significato simile all'odierna amministrazione comunale.
La vicinia di San Pancrazio a Bergamo, è quella che ha conservato un'abbondante documentazione che permette la ricostruzione di come si sia evoluta nel tempo questa forma di società urbana, a sostegno dei comuni.
Era consuetudine ritenere "vicini" gli abitanti originari di una località.
Essi erano i discendenti di famiglie che abitavano ab immemore nella località.
Agli originari si contrapponevano i forestieri.
Esempi di vicinie sono le Vicinie della Valcamonica e alcune Magnifiche Comunità come quelle di Cadore, Folgaria, Fiemme e Locarno.
 

CLANDESTINITÀ

SEZIONE 06 – ARTICOLO 16
 
L'OGVP attribuisce lo status di "clandestino" allo straniero che si è trasferito e soggiorna illegalmente nei territori della SRV con tutte le conseguenze derivanti sotto il profilo penale e amministrativo.
Anche la mancanza, l'improprio utilizzo o la scadenza dei termini dell'autorizzazione al soggiorno costituisce per lo straniero condizione di clandestinità.
La condizione di "clandestinità" è reato penale se l'illegale ingresso e permanenza nei territori della SRV  derivano da interessi e motivazioni discordi e incompatibili con lo stato di necessità che hanno costretto lo straniero a scappare dal proprio Paese di origine a causa di una guerra, per calamità naturali, discriminazioni politiche, religiose, razziali o di nazionalità o perché appartenente ad una categoria sociale di persone perseguitate.
Sempre che non sussistano le suindicate ragioni è ammessa l'espulsione immediata del clandestino e il divieto di ritorno nella SRV e/o la richiesta di autorizzazione al soggiorno per i successivi anni, così come stabilito dal relativo regolamento di esecuzione.
 
COMMENTO
L'immigrazione illegale
 (o immigrazione clandestina o immigrazione irregolare) è l'ingresso o il soggiorno di stranieri in violazione delle leggi di immigrazione previste da questo OGVP.
 

IMMIGRATI

SEZIONE 06 – ARTICOLO 15
 
L'OGVP riconosce lo status di "immigrato" allo straniero che si è trasferito in modo temporaneo nei territori della SRV in conformità con la regolamentazione e il controllo dei flussi migratori in ingresso.
 

NATURALIZZAZIONE

SEZIONE 06 – ARTICOLO 11
 
La cittadinanza veneta può essere acquisita anche con richiesta di naturalizzazione da parte di:
  1. figlio/a di madre veneta anche quando ha acquisito la cittadinanza a seguito di precedente matrimonio con cittadino veneto;
  2. figlio/a nato/a da precedenti relazioni e a seguito di naturalizzazione per matrimonio di uno dei genitori che ha ottenuto la cittadinanza veneta;
  3. figlio/a nato/a da precedenti relazioni e a seguito di naturalizzazione del genitore che convivendo costituisce una coppia di fatto con un cittadino veneto;
La naturalizzazione è l'acquisizione della cittadinanza da parte dello straniero che accetta l'attribuzione della pienezza e dei limiti dei diritti e dei doveri civili e politici che la Serenissima Repubblica conferisce ai membri della società che liberamente hanno deciso di farvi parte e che si trovi nelle condizioni previste dalla legge.
Il conseguimento della naturalizzazione è subordinato alla sussistenza nella persona richiedente dei requisiti previsti dalla legge quali:
  • aver vissuto ininterrottamente nella Repubblica Veneta per almeno vent’ anni (20) anni consecutivi;
  • aver contratto matrimonio con persona di cittadinanza veneta da almeno sei (6) anni;
  • essere convivente e costituendo coppia di fatto legalmente certificata dal almeno sei (6) anni con persona di cittadinanza veneta;
  • conoscenza della lingua, della cultura e delle tradizioni venete;
  • assenza di condanne e precedenti penali;
  • non sussistano sospetti e la fondata pericolosità per la sicurezza nazionale ovunque nel mondo.
 

APOLIDIA

SEZIONE 06 – ARTICOLO 12
 
L'apolidia è la condizione dei soggetti privi di qualunque cittadinanza.
 
COMMENTO
Si diventa apolidi:
– per origine, quando non si è mai goduto di diritti né mai sottoposti ai doveri di alcuno Stato;
– per derivazione a causa di varie ragioni, tutte conseguenti alla perdita di una pregressa cittadinanza e alla mancanza di una contestuale acquisizione di una nuova.
Le ragioni possono essere:
– annullamento della cittadinanza da parte dello Stato, per ragioni politiche, etniche, di sicurezza o altro;
– perdita di privilegi acquisiti in precedenza (per esempio la cittadinanza acquisita per matrimonio);
– rinuncia volontaria alla cittadinanza.
Circa 10 milioni di persone nel mondo sono apolidi.
Spesso, questa condizione significa che non possono andare a scuola, essere visitati da un medico, avere un lavoro, aprire un conto in banca, comprare una casa e persino sposarsi.
L’apolidia è la condizione di un individuo che nessuno Stato considera come suo cittadino e al quale, di conseguenza, non viene riconosciuto il diritto fondamentale alla nazionalità né assicurato il godimento dei diritti ad essa correlati.
Invisibile è il termine più comunemente usato per descrivere cosa si prova a vivere senza nazionalità. Per i bambini e i giovani che vivono in situazioni di apolidia, essere ‘invisibili’ significa dover rinunciare a un’istruzione, essere emarginati nel parco giochi, non poter ricevere cure mediche, essere privi di opportunità di lavoro e non poter far sentire la propria voce.
Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per rifugiati
Oltre a fornire la definizione di persona apolide, la Convenzione del 1954 sullo status delle persone apolidi delinea i diritti e le misure di protezione che devono essere garantite alle persone prive di cittadinanza.
L’obbligo di proteggere le persone apolidi si traduce quindi in un implicito obbligo di doverle preventivamente identificare, proprio al fine di garantire loro adeguata protezione.
A questo fine, alcuni Paesi si sono dotati di procedure per la determinazione dello status di apolide.
Per garantire il godimento dei diritti elencati dalla Convenzione di cui sono titolari le persone apolidi, l’Italia ha istituito una procedura per il riconoscimento dello status di apolidia esperibile in via amministrativa o giudiziaria.
 
 

RIFUGIATO

SEZIONE 06 – ARTICOLO 14
 
L'OGVP riconosce lo status di rifugiato e la relativa protezione attraverso l'asilo politico al profugo di cui sia accertata la reale titolarità dei diritti previsti dalle convenzioni internazionali e sempre che ciò non costituisca prevalente rischio per la sicurezza nazionale.
 

PROFUGO

SEZIONE 06 – ARTICOLO 13
 
L'OGVP riconosce la condizione di profugo a chiunque sia scappato dal Paese di origine per motivi di calamità naturali, discriminazioni politiche, religiose, razziali o di nazionalità o perché appartenente ad una categoria sociale di persone perseguitate, o a causa di una guerra presente nel suo Paese.
Con il riconoscimento di tale provvisoria condizione il profugo può accedere allo status di rifugiato.