Autore: sergio

COS’È UN MOVIMENTO DI LIBERAZIONE NAZIONALE ?

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L’emergere di “gruppi organizzati in lotta” in nome di un intero Popolo, per realizzare il principio di autodeterminazione dei Popoli e in particolare per liberare il Popolo dal giogo coloniale, sono comunemente denominati “Movimenti di Liberazione Nazionale”.

Non bisogna confondere i Movimenti di Liberazione Nazionale con i partiti insurrezionali che, come avvenuto in italia, hanno costituito il Comitato di Liberazione Nazionale, quale coalizione di partiti per la liberazione dal fascismo.

Il tratto caratteristico dei Movimenti di Liberazione Nazionale è la circostanza che la loro lotta, è legittimata dal diritto internazionale giacché essa mira alla realizzazione del “principio di autodeterminazione dei Popoli”.

Il diritto internazionale promuove la formazione di entità internazionali basate sulle libere aspirazioni della Popolazione, mettendo fine agli imperi multinazionali e ai regimi coloniali.

I Movimenti di Liberazione Nazionale sono legittimati ad agire in nome di un intero Popolo e questo principio è fermamente radicato nel sistema normativo internazionale specificatamente in tre aree:

  • Come postulato anticoloniale;
  • Contro il divieto all’instaurazione e mantenimento di regimi di occupazione straniera, quindi colonialisti;
  • Contro il divieto all’instaurazione e mantenimento di regimi razzisti,

Il diritto all’autodeterminazione, nella sua eccezione esterna, spetta ancor più ai Popoli sottoposti a regime militare straniero, se essi precedentemente facevano parte di uno Stato indipendente o comunque possiedono uno “status” distinto da quella dello stato occupante … in questo caso il Popolo Veneto ha uno status differenziato da quello italiano e la Venetia è una Repubblica, tutt’ora esistente e con più di mille anni di storia.

Il diritto di autodeterminazione dei Popoli ha valore “ius cogens” che nel diritto internazionale, significa norme di carattere imperativo (ossia cogenti, inderogabili).
Il Movimento di Liberazione Nazionale è un soggetto di diritto internazionale, destinatario delle norme sulla protezione e immunità degli individui che agiscono in nome e per conto loro.

È questa una conseguenza del fatto che tali Movimenti sono degli Enti autonomi e indipendenti a livello internazione.

A differenza per quanto accade per gli insorti, il controllo effettivo di parte del territorio non è, per i Movimenti di Liberazione Nazionale, una condizione essenziale per l’acquisizione della soggettività internazionale.

In sostanza, i Movimenti di Liberazione Nazionale hanno uno status giuridico internazionale rilevante, in ragione degli scopi politici da essi perseguiti e cioè la lotta per liberarsi dalla dominazione di uno stato straniero, da un regime razzista o da un regime colonialista.

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DDF – SEZ.02 – ART.02 – LA COMUNITA’ DI CONVIVENZA

  1. La Comunità di Convivenza è costituita da almeno due individui, che mutuamente compartecipano alla vita di ciascuno l’uno/a dell’altro/a, secondo i comuni espressi interessi.
  2. I componenti della Comunità di Convivenza, non devono essere significativamente legati da sentimenti, ma da valori e interessi comuni, per il cui perseguimento si renda necessaria la condivisione della medesima realtà abitativa.

DDF – SEZ.02 – ART.01 – LA CONVIVENZA

  1. Qual’ora più soggetti decidano di condividere spazi abitativi comuni, per necessità dettate da valori e interessi comuni, si costituiscono in Comunità di Convivenza, vincolate dalla “Carta di Comunità di Convivenza”  dove sono indicati i diritti e i doveri di ciascuno dei membri della Comunità nonchè dalla coabitazione in comune dimora.
  2. Qual’ora due o più soggetti non ancora emancipati, decidano di stabilire una convivenza, per il suo attuarsi è necessario il consenso e il benestare delle rispettive famiglie d’origine, nonchè dalla coabitazione in comune dimora..
  3. Qualsiasi Convivenza determinata da condizioni temporanee si costituisce in via provvisoria e se superiore ai trenta giorni, deve essere comunicata alle Autorità Anagrafica del Distretto ove avviene la coabitazione.

DDF – SEZ.01 – ART.03 – LA FAMIGLIA PRIMARIA (FAMPRI)

  1. La Famiglia è Primaria (FAMPRI) per gli individui che mutuamente hanno deciso di costituirsi in tal senso.
  2. La Famiglia Primaria (FAMPRI) può costituirsi attraverso il mutuo consenso di soggetti emancipati.
  3. Qual’ora due soggetti non ancora emancipati, decidano di costituirsi come famiglia primaria (FAMPRI), per il suo concretarsi è necessario il consenso e il benestare di entrambe le famiglie originarie nonchè di una comune dimora abitativa.

 

DDF – SEZ.01 – ART.01 – LA FAMIGLIA quale Nucleo Sociale Primario

  1. La Famiglia è il nucleo sociale primario, costituito da almeno due individui, che mutuamente compartecipano alla vita di ciascuno l’uno/a dell’altra/o, manifestando la compattezza e solidità giuridica prevista dalla “Carta della Famiglia Autodeterminata”.
  2. I componenti della Famiglia, sono significativamente legati da sentimenti, valori, vincoli di parentela e interessi comuni, nonché dalla condivisione della medesima abitazione e una compartecipata condivisione dei beni secondo quanto dettato dalla “Carta della Famiglia Autodeterminata”.
  3. Considerato che ogni persona umana è ciò che è, vale a dire espressione della propria personalità derivante dalla propria originale individualità e come tale titolare di una propria identità, la Famiglia deve concorrere al naturale compimento di tali peculiarità di ciascuno dei propri membri, originari e acquisiti.
  4. La “Carta della Famiglia Autodeterminata” è il patto siglato scritto e celebrato pubblicamente fra soggetti originari la famiglia stessa.
  5. Nella “Carta della Famiglia Autodeterminata” sono indicati i diritti e i doveri di ciascuno dei propri membri.

PACTA SUNT SERVANDA – RISPETTO DEI TRATTATI

Pacta sunt servanda esprime un principio fondamentale e universalmente riconosciuto del diritto internazionale generale, ovverosia il diritto che si applica a tutti gli Stati e sul quale si basano le relazioni internazionali tra gli Stati: i patti, i trattati, le intese o più in generale gli accordi degli Stati vanno rispettati.
L’art. 26 della Convenzione sul diritto dei trattati (Vienna, 23 maggio 1969) è rubricata pacta sunt servanda e afferma: «Ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere da esse eseguito in buona fede».
L’art. 10 comma 1 della Costituzione italiana stabilisce che “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute.”
Tale norma si riferisce appunto alle consuetudini internazionali (assieme ad altre controverse fonti generali internazionali) sancendo l’obbligatorietà all’interno dell’ordinamento giuridico italiano di queste ultime.
Poiché “pacta sunt servanda” è appunto una consuetudine internazionale e come tale vincolante tutti gli stati (per l’Italia in virtù dell’art. 10), autorevole dottrina (Rolando Quadri) è giunta a sostenere che anche ai patti debba conformarsi l’ordinamento giuridico italiano in ossequio al principio previsto dall’art. 10.
Se un patto non venisse rispettato dall’Italia, si violerebbe non già lo stesso patto ma al contempo una norma di rango costituzionale.
Tuttavia a parte il riconoscimento di una impeccabile argomentazione logica, non si può, secondo altra parte della dottrina (Conforti), accettare una simile teoria in quanto la volontà del costituente nel redigere l’art. 10 è messa in luce dai lavori preparatori; né potrebbe ipotizzarsi l’assurgere di un trattato internazionale a rango di norma costituzionale.
Visto il proliferare degli accordi nei più disparati settori, si rischierebbe, accettando la visione del Quadri, di aggirare importanti garanzie costituzionali mediante la stipula di trattati.
Discorso diverso può farsi per altri ordinamenti, quali ad esempio gli Stati Uniti d’America o la Francia nelle cui rispettive costituzioni è espressamente previsto l’adattamento ai trattati.

ART. 51 – CARTA DELLE NAZIONI UNITE

Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale.

Le misure prese da Membri nell’esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale.


Legittima difesa. Diritto internazionale
Nel diritto internazionale, la legittima difesa – quale diritto di uno Stato di opporre una reazione armata, anche con l’assistenza di Stati terzi, a difesa della propria integrità territoriale e indipendenza politica – è contemplata da una norma consuetudinaria che trova conferma nell’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite. La legittima difesa si configura, infatti, come un’eccezione al divieto dell’uso della forza previsto nell’art. 2, par. 4, della Carta (Uso della forza. Diritto internazionale).
L’art. 51 citato ribadisce il «diritto naturale» alla legittima difesa individuale o collettiva, nel caso in cui si verifichi un attacco armato contro un membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionali. Le misure adottate dagli Stati membri nell’esercizio della legittima difesa devono essere immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di sicurezza e possono essere mantenute soltanto finché il Consiglio non prenda le decisioni necessarie per ristabilire la pace.


Condizioni per l’esercizio della legittima difesa.
La legittima difesa può esercitarsi solo in caso di attacco armato in atto, sferrato da forze regolari attraverso una frontiera internazionale o attraverso l’invio di bande armate sul territorio di un altro Stato, quando tale operazione, per la sua ampiezza, configuri un’aggressione armata (Aggressione. Diritto internazionale).
L’azione militare deve inoltre rispettare i parametri della necessità e della proporzionalità.
L’art. 51 della Carta dell’ONU e la corrispondente norma di diritto consuetudinario vietano pertanto un’occupazione militare prolungata e l’annessione del territorio dello Stato autore dell’attacco.


La legittima difesa ‘preventiva’.
La nozione di legittima difesa è stata a volte interpretata in modo estensivo, facendovi rientrare anche azioni armate dirette a respingere un attacco militare certo e imminente, ma non ancora sferrato (cosiddetta legittima difesa preventiva).
Secondo gli Stati che l’hanno proposta (Stati Uniti e Israele, in diverse occasioni), tale accezione estesa è ammessa nel diritto internazionale generale, come ritiene anche una parte della dottrina.
Sono invece da considerarsi privi di fondamento nel diritto internazionale ulteriori ampliamenti della nozione, collegati alla lotta contro il terrorismo e finalizzati a legittimare azioni armate condotte contro entità non statali (come Al Qaida o altre organizzazioni terroristiche) anche in territorio estero e senza il previo consenso del sovrano territoriale (cosiddetta ‘azione preventiva’).


Voci correlate
Autotutela. Diritto internazionale
Uso della forza. Diritto internazionale

ART. 2 PARAGRAFO 4 DELLA CARTA DELLE NAZIONI UNITE

Nel settore dell’uso della forza, l’affermazione del principio di autodeterminazione ha avuto una duplice conseguenza.
Da un lato,  esso ha ampliato la portata de divieto di cui all’art.2 pag. 4, della Carta delle Nazioni Unite, proibendo agli Stati di ricorerre alla minaccia, o all’uso della forza contro il Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
Dall’altra parte, i Movimenti di Liberazione in lotta per l’autodeterminazione hanno il diritto di ricorrere alla forza per reagire contro lo Stato che impedisce con la forza l’esercizio del diritto di autodeterminazione.

commenti:
Anche allo stato italiano è fatto divieto, quindi proibito, di ricorrere all’uso della forza contro i Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
L’art.2 pag. 4 della Carta delle Nazioni Unite precisa altresì che gli stati, quindi compreso quello italiano, non può ricorrere neppure alla minaccia, ovvero all’intimidazione contro i Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
Per intimidazione e minaccia deve intendersi anche la provocazione, quale sfida o istigazione da parte dello stato occupante nei confronti dei Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
Lo stato italiano sfida ogni giorno il Popolo Veneto e calpesta deliberatamente i suoi diritti previsti per legge.
La sua è una sfida intenzionale.
L’intimidazione è destinata a trascinarci tutti in un forzato confronto con le sue istituzioni che agiscono illegalmente sui nostri territori.
Come quasi tutti i tiranni, anche lo stato italiano, ha necessità di “giustificare” il proprio operato ma, essendo una “falsa democrazia”, lo deve fare con il pretesto dell’ordine pubblico o magari anche del terrorismo.
Il Popolo Veneto va quindi piegato dalla paura, dal timore di una aggressiva, folle e illegittima reazione da parte dello stato occupante.
Per lo stato italiano il Popolo Veneto non esiste (come se bastasse una sentenza della loro corte costituzionale a cancellare ciò che siamo).
Questa è una incontrovertibile offesa ed è nostro diritto che lo stato italiano si scusi con il Popolo Veneto per tanta arrogante e oltraggiosa insolenza.
Ma perché tanta imprudenza?
Ci hanno abituati che ad ogni azione corrisponde una reazione.
Ciò nonostante, per ogni dispotismo il presupposto di ogni repressione è fondato sul principio che non può esserci confronto se non ci sono gli “sfidanti”.
Il sistema è sempre lo stesso.
Lo stato dominante ha bisogno di trascinare il “confronto” (che tale non è) sul piano della forza perché è quello a cui sono abituati, dove si sentono più forti e possono pretestuosamente “sopprimere” gli avversari e calpestare i loro ideali.
Ma se i nemici non ci sono come potrebbe giustificare tanta veemenza?
Ricordate il caso “Polisia Veneta”???
Ecco un tangibile esempio di tale strategia.
Pur sapendo di mentire, polizia e magistratura, con la complicità di taluni italianissimi mezzi di informazione mediatica, hanno presentato questo Movimento di Liberazione Nazionale come un accozzaglia di sprovveduti, di malviventi, armati e pronti alla guerra.
Una indegna, impunita e ipocrita commedia.
Ma si sa che lo stato italiano è fondato sulla frode fin dal suo inizio ed è abituato a sopprimere con violenza chi vi si oppone … è una ineluttabile dinamica perché nell’esercizio di una forza sono sempre coinvolti due rivali.
E’ in questa dualità che si confrontano il bene e il male, il giusto e il malavitoso, la democrazia e la tirannia.
Questo è il percorso del MLNV, che scioglie i nodi con il sistema e non accetta compromessi o “allettanti scorciatoie”.
Non sono solo i soldi a nuocere, ma anche l’ambizione del potere.
Il ripristino di una Nazione è spesso giocata sul tavolo di avvoltoi e imbonitori, con interessi inimmaginabili.
Un Popolo, rimane spesso il protagonista assente del proprio destino.
WSM
Venetia, giovedì 1 novembre 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.

L’uso della forza nel panorama del diritto internazionale è, molto probabilmente, uno degli argomenti più interessanti, controversi e criticabili su cui soffermarsi. Nel Preambolo della Carta dell’Onu si legge “noi popoli delle Nazioni Unite (siamo) decisi a salvare le generazioni future da ulteriori guerre“; nel mondo, però, dal 1945, anno di ratifica della Carta, ci sono stati più di 100 conflitti armati, con più di 20 milioni di vittime. Se da una parte la Carta, dunque, vieta la minaccia e l’uso della forza (art.2 par.4), dall’altra ci sono delle eccezioni in cui si può ricorrere ad essa: la legittima difesa individuale e collettiva in caso di attacco armato e il sistema di sicurezza collettiva ad opera del Consiglio di Sicurezza, a riguardo il capitolo VII della stessa.

È interessante, dunque, l’analisi di questo meccanismo e i chiari riferimenti presenti nello Statuto dell’Organizzazione.

All’art.2(4) si legge “I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”.

Non rispettare questo articolo comporterebbe una violazione del diritto internazionale, quanto più grave se si pensa che disattendere il divieto dell’uso della forza può essere annoverato anche come una violazione stessa di diritto consuetudinario, come ha riconosciuto la Corte Internazionale di Giustizia nella celebre sentenza del 1986 relativa ad uno dei casi più importanti del diritto internazionale dal dopoguerra, ossia Nicaragua vs Stati Uniti.

Dal canto suo la Commissione del Diritto Internazionale ha espresso la sua visione a riguardo, affermando che le disposizioni della Carta riguardanti il divieto dell’uso della forza costituiscono un esempio cospicuo di una regola di diritto internazionale avente il carattere di jus cogens. Questa analisi aggraverebbe ulteriormente un comportamento di tal genere.

Che cosa si intende, però, per uso della forza? Leggendo la Carta si può notare che la parola “guerra” non è mai menzionata, ma è usato il sostantivo “forza”, insieme all’espressione “misure coercitive”; tradizionalmente, la guerra è la forma più grave di “forza” ma non l’unica. Per prima cosa, con l’espressione “forza” si fa riferimento alla “forza armata” ma ciò non esclude che anche altri tipi di forze come quella economica e politica non rientrino in questa categoria.

L’organo che ha la responsabilità primaria di mantenere la pace e la sicurezza internazionale è il Consiglio di Sicurezza, come sancito dall’art. 24 della Carta. Nel capitolo VII dello Statuto, all’art. 39 si legge: “Il Consiglio di Sicurezza accerta l’esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione, e fa raccomandazione o decide quali misure debbano essere prese in conformità agli articoli 41 e 42 per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale.

Dunque qualsiasi decisione riguardante la minaccia o la violazione della pace deve passare sotto l’analisi del Consiglio di Sicurezza.

I casi eccezionali: Autodifesa

Come già accennato precedentemente, la Carta sancisce due situazioni nelle quali il divieto non si applica. Da una parte, le misure coercitive possono essere prese o autorizzate dal Consiglio di Sicurezza, secondo quanto stabilito dal Capitolo VII; dall’altra, la forza può essere utilizzata qualora venga esercitato il diritto di autodifesa collettiva od individuale, come riconosciuto dall’art.51.

Il principio di autodifesa è da annoverare tra i “diritti innati” di tutti gli statima se da una parte il diritto di proteggere sé stessi da un attacco esterno è indiscutibile ed è alla base dell’istinto umano di sopravvivenza, dall’altra la sua definizione giuridica e ambito di applicazione è stato oggetto di diverse discussioni e controversie. Secondo quanto stabilito dall’art. 51 si comprendono tre caratteristiche e comportamenti che devono essere seguiti. Per prima cosa, esso si applica solo “contro un attacco armato”; in secondo luogo, gli Stati hanno il dovere di riportare al Consiglio di Sicurezza l’esercizio del diritto di autodifesa. In ultimo, questo diritto deve essere sospeso non appena il Consiglio di Sicurezza prenda le misure, ritenute necessarie, atte a mantenere e restaurare la pace e la sicurezza internazionale. A riguardo, bisogna menzionare i tre elementi alla base della possibilità di uso della forza nel caso di autodifesa, che non sono espliciti nella Carta ma fanno parte del diritto internazionale consuetudinario: necessità, proporzione e immediatezza. Per quanto riguarda il primo elemento, nonostante non sia esplicitamente scritto, può essere dedotto dall’articolo stesso, nel quale viene stabilito che lo stato può intervenire fin quando il Consiglio non abbia adottato le misure necessarie per ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Dunque, gli Stati possono ricorrere alla forza perché è l’unica opzione per riportare la pace. Relativamente alla seconda condizione, la proporzionalità, si intende che la difesa condotta dallo Stato non deve superare l’offesa sofferta. Venga preso come esempio di non proporzionalità l’attacco di Israele contro il Libano nel 2006, in risposta ad un’offensiva di Hezbollah. Molti stati hanno condannato Israele perché il suo attacco armato era esagerato rispetto a quello subito. Infine, con il concetto di immediatezza si intende che l’azione debba essere realizzata in tempi ragionevolmente veloci, nel senso che non deve essere temporalmente e finalisticamente distante dall’attacco subito, perché non si parlerebbe di autodifesa ma quasi, piuttosto, di un nuovo attacco armato.

Per quanto riguarda l’esercizio del diritto di autodifesa esistono due scuole di pensiero: da una parte troviamo un’interpretazione più ampia, supportata soprattutto da Stati Uniti, Israele e Gran Bretagna, dall’altra un’interpretazione più ristretta secondo cui un attacco può essere definito “armato” solo quando vi è un esercito regolare di uno Stato in territorio, terrestre, aereo o di mare, di un altro. Secondo questa interpretazione è necessario che l’attacco sia stato commesso prima di invocare il diritto dell’uso della forza in nome dell’autodifesa. L’interpretazione più estesa ha, invece, una tradizione più antica, legata al diritto internazionale consuetudinario in forza prima della ratifica della Carta ONU. I sostenitori di questa visione ritengono che l’autodifesa possa essere invocata sia in caso di autodifesa “preventiva” sia in caso di protezione di nazionali all’estero.

Un’altra importante questione che si presenta e a cui è interessante fare riferimento riguarda il dibattito relativo alla classificazione degli attacchi terroristici come conflitti armati o meno e alla possibilità in tal caso di invocare l’autodifesa. L’argomento è diventato, ovviamente, sempre più oggetto di discussione e di interesse all’indomani degli attacchi terroristici dell’11 settembre. Con le risoluzioni 1368 e 1373, il Consiglio di Sicurezza ha stabilito che gli attacchi terroristici non sono da considerare “attacchi armati” ma piuttosto minaccia alla pace. Allo stesso tempo, concedendo il diritto innato di autodifesa in accordo con la Carta, sono stati riconosciuti indirettamente come attacchi armati, anche se questi dovrebbero essere caratterizzati da un significativo livello di coinvolgimento del governo e in casi di terrorismo spesso non vi è coinvolgimento di alcuno stato.

Capitolo VII della Carta

A questo punto l’attenzione va spostata sul secondo caso eccezionale: un ordine o, meglio dire, un’autorizzazione di uso della forza secondo l’art. 42, qualora una minaccia, una violazione alla pace o un atto di aggressione si siano verificate. La Carta prevedeva, inizialmente, un meccanismo di azioni per il mantenimento o il ristabilimento della pace portate avanti direttamente dal Consiglio di Sicurezza con forze militari messe a disposizione da parte degli Stati membri, sulla base di accordi che si sarebbero dovuti stipulare in base all’art. 43. Dal momento che questi accordi non sono stati stipulati, il meccanismo ha funzionato ricorrendo ad azioni degli Stati autorizzate dal Consiglio di Sicurezza o con azioni più limitate decise dal Consiglio e gestite dal Segretario Generale secondo le direttive del Consiglio stesso. In questo secondo caso si fa riferimento alle cosiddette operazioni di peace keeping, o di mantenimento della pace. Inizialmente caratterizzate da invio di osservatori e corpi militari, nel corso degli anni novanta, hanno incarnato le forme più importanti e criticabili.

All’indomani della fine della Guerra Fredda, periodo durante il quale il Consiglio di Sicurezza si trovava bloccato dal veto di uno o di più Membri Permanenti, dovuto all’opposizione tra USA e URSS, esso ha utilizzato questo suo potere in numerose occasioni, adottando risoluzioni di autorizzazione. Si possono citare la Somalia, Timor Est e l’Afghanistan.

Seppur più volte oltrepassato, nei limiti sanciti dalla Carta, o anche superando ciò che la Carta permetteva, il divieto di uso della forza non si è mai dissolto e anzi è considerato uno dei principi alla base della cooperazione tra gli Stati ed è mosso, almeno in teoria, dalla necessità di promuovere il rispetto per i diritti umani e la democrazia.

Fonti e Approfondimenti:

Carta delle Nazioni Unite (San Francisco, 26 giugno 1945), https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/20012770/200609120000/0.120.pdf

UNSC res. 1368 (2001), http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/1368(2001)

UNSC res. 1373 (2001), http://www.un.org/en/sc/ctc/specialmeetings/2012/docs/United%20Nations%20Security%20Council%20Resolution%201373%20(2001).pdf

– DAVID Kretzmer, The Inherent Right to Self-Defence and Proportionality in Jus Ad Bellum, http://www.ejil.org/pdfs/24/1/2380.pdf

LORENZO Trombetta, ‘La Siria, Hezbollah e quei razzi d’avvertimento su Israele’ (2011) LIMES, http://www.limesonline.com/rubrica/la-siria-hezbollah-e-quei-razzi-davvertimento-su-israele

Max Planck Institute for comparative public law and international law, http://www.mpil.de/en/pub/publications/archive/wcd.cfm?fuseaction_wcd=aktdat&aktdat=106010000100.cfm

MICHEAL Wood, International Law and the use of force: what happens in practice?, in Indian Journal of International Law, 2013, http://legal.un.org/avl/pdf/ls/Wood_article.pdf

http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=20060811163811

NICHOLAS Rostow, International Law and the Use of Force: A Plea for Realism, 34 Yale J. Int’l L. (2009). Available at: http://digitalcommons.law.yale.edu/yjil/vol34/iss2/13

https://www.peacepalacelibrary.nl/research-guides/war-and-peace/use-of-force/

CONVENZIONE DI VIENNA SUL DIRITTO DEI TRATTATI


Conclusa a Vienna il 23 maggio 1969 

Approvata dall’Assemblea federale il 15 dicembre 19892
Istrumento d’adesione depositato dalla Svizzera il 7 maggio 1990
Entrata in vigore per la Svizzera il 6 giugno 1990
(Stato 15  giugno 2012)
Gli Stati parti della presente convenzione,
considerando l’importanza fondamentale dei trattati nella storia delle relazioni internazionali,
riconoscendo l’importanza sempre maggiore dei trattati quale fonte di diritto internazionale e quale mezzo per sviluppare la collaborazione pacifica fra le Nazioni, quali che siano i loro regimi costituzionali e sociali, constatando che i principi del libero consenso e della buona fede nonché la norma pacta sunt servanda sono universalmente riconosciuti, affermando che le controversie relative ai trattati devono, così come le altre controversie internazionali, essere composte con mezzi pacifici e secondo i principi della giustizia e del diritto internazionale, ricordando la decisione dei popoli delle Nazioni Unite di creare le condizioni necessarie al mantenimento della giustizia e del rispetto degli obblighi sorti dai trattati, coscienti dei principi di diritto internazionale contenuti nella Carta delle Nazioni Unite3, quali i principi concernenti l’uguaglianza dei diritti dei popoli e il loro diritto di disporre di sé stessi, l’eguaglianza sovrana e l’indipendenza di tutti gli Stati, la non-ingerenza negli affari interni degli Stati, il divieto di fare uso di minacce o dell’uso della forza ed il rispetto universale ed effettivo dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, convinti che la codificazione e il progressivo sviluppo del diritto dei trattati realizzati dalla presente convenzione gioveranno ai fini delle Nazioni Unite enunciati nella Carta, che sono quelli di mantenere la pace e la sicurezza internazionali, di sviluppare delle relazioni amichevoli tra le Nazioni e di porre in atto la collaborazione internazionale, affermando che le norme del diritto internazionale consuetudinario continueranno a regolare le questioni non disciplinate dalle disposizioni della presente convenzione,
hanno convenuto quanto segue:
Parte 1 Introduzione
La presente convenzione si applica ai trattati tra Stati.
1.  Ai fini della presente convenzione:
a)
il termine «trattato» indica un accordo internazionale concluso per iscritto tra Stati e regolato dal diritto internazionale, che sia costituito da un solo strumento o da due o più strumenti connessi, qualunque ne sia la particolare denominazione;
b)
i termini «ratifica», «accettazione», «approvazione» ed «adesione» indicano, a seconda dei casi, l’atto internazionale così chiamato con il quale uno Stato sancisce sul piano internazionale il proprio consenso ad essere vincolato da un trattato;
c)
l’espressione «pieni poteri» indica un documento emanato dall’autorità competente di uno Stato che designi una o più persone a rappresentare lo Stato nel corso dei negoziati, l’adozione o l’autenticazione del testo di un trattato, per esprimere il consenso dello Stato stesso ad essere vincolato da un trattato o per compiere ogni altro atto riguardante il trattato stesso;
d)
il termine «riserva» indica una dichiarazione unilaterale, quale che sia la sua formulazione o indicazione, fatta da uno Stato al momento in cui firma, ratifica, accetta, approva un trattato o vi aderisce, mediante la quale mira ad escludere o a modificare l’effetto giuridico di alcune disposizioni del trattato nella loro applicazione a tale Stato;
e)
l’espressione «Stato che ha partecipato ai negoziati» indica uno Stato che abbia partecipato all’elaborazione e all’adozione del testo del trattato;
f)
l’espressione «Stato contraente» indica uno Stato che ha acconsentito ad essere vincolato dal trattato, indipendentemente dal fatto che il trattato sia entrato in vigore o meno;
g)
il termine «parte» indica uno Stato che ha consentito ad essere vincolato dal trattato e nei cui confronti il trattato sia in vigore;
h)
l’espressione «terzo Stato» indica uno Stato che non è parte del trattato;
i)
l’espressione «Organizzazione internazionale» indica una organizzazione fra governi.
2.  Le disposizioni del paragrafo 1 concernenti i termini e le espressioni usati nella presente convenzione non pregiudicano l’impiego di tali espressioni né il senso che può venir loro dato nel diritto interno di uno Stato.
Il fatto che la presente convenzione non si applichi né agli accordi internazionali conclusi tra gli Stati ed altri soggetti di diritto internazionale o tra questi altri soggetti di diritto internazionale né agli accordi internazionali che non sono stati conclusi per iscritto, non pregiudica:
a)
il valore giuridico di tali accordi;
b)
l’applicazione a tali accordi di ogni norma enunciata nella presente convenzione alla quale sarebbero soggetti in base al diritto internazionale indipendentemente dalla predetta convenzione;
c)
l’applicazione della convenzione ai rapporti fra Stati regolati da accordi internazionali dei quali sono egualmente parti altri soggetti di diritto internazionale.
Salva restando l’applicazione di qualsiasi norma enunciata nella presente convenzione alla quale i trattati sarebbero soggetti in base al diritto internazionale indipendentemente dalla predetta convenzione, questa si applica nei confronti di tali Stati soltanto ai trattati conclusi dopo la sua entrata in vigore.
La presente convenzione si applica ad ogni trattato che sia atto costitutivo di una organizzazione internazionale e ad ogni trattato adottato in seno ad una organizzazione internazionale, con riserva di qualsiasi norma pertinente all’organizzazione.
Parte II Conclusione ed entrata in vigore dei trattati
Sezione 1 Conclusione dei trattati
Ogni Stato ha la capacità di concludere dei trattati.
1.  Un individuo viene considerato il rappresentante di uno Stato per l’adozione o l’autenticazione del testo di un trattato o per esprimere il consenso dello Stato ad essere vincolato da un trattato:
a)
quando presenti i pieni poteri del caso;
b)
quando risulti dalla pratica degli Stati interessati o da altre circostanze che detti Stati avevano l’intenzione di considerare tale individuo come rappresentante dello Stato a tali fini e di non richiedere perciò la presentazione dei pieni poteri.
2.  Sono considerati rappresentanti dello Stato al quale appartengono, in virtù delle loro funzioni, e senza dover presentare i pieni poteri:
a)
i Capi di Stato, i Capi di Governo ed i Ministri degli affari esteri, per tutti gli atti relativi alla conclusione di un trattato;
b)
i capi di missioni diplomatiche, per l’adozione del testo di un trattato tra lo Stato accreditante e lo Stato accreditatario;
c)
i rappresentanti accreditati degli Stati ad una conferenza internazionale o presso un’organizzazione internazionale o uno dei suoi organi, per l’adozione del testo di un trattato nel corso di detta conferenza, presso detta organizzazione o detto organo.
Un atto concernente la conclusione di un trattato, compiuto da una persona che non può, in base all’articolo 7, essere considerata come autorizzata a rappresentare uno Stato a tale scopo è senza effetti giuridici, a meno che non sia confermato successivamente da tale Stato.
1.  L’adozione del testo di un trattato si compie con il consenso di tutti gli Stati partecipanti alla sua elaborazione, salvo i casi previsti dal paragrafo 2.
2.  L’adozione del testo di un trattato in una conferenza internazionale si compie con la maggioranza dei due terzi degli Stati presenti e votanti, a meno che detti Stati non decidano, con la stessa maggioranza, di applicare una norma diversa.
Il testo di un trattato è ritenuto autentico e definitivo:
a)
in base alla procedura stabilita in tale testo o convenuta dagli Stati partecipanti all’elaborazione del trattato; o,
b)
in mancanza di tale procedura, con la firma, la firma ad referendum o la parafatura, da parte dei rappresentanti di detti Stati, del testo del trattato o dell’atto finale di una conferenza nel quale il testo venga depositato.
Il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato può essere espresso con la firma, lo scambio di strumenti che formano il trattato, la ratifica, l’accettazione, l’approvazione o l’adesione, o con ogni altro mezzo convenuto.
1.  Il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato viene espresso con la firma del rappresentante di tale Stato:
a)
quando il trattato prevede che la firma abbia tale effetto;
b)
quando sia stato accertato che gli Stati che hanno partecipato ai negoziati avevano convenuto che la firma avrebbe avuto tale effetto; o
c)
quando l’intenzione dello Stato di dare tale effetto alla firma risulti dai pieni poteri del suo rappresentante o sia stata espressa nel corso dei negoziati.
2.  Ai fini del paragrafo 1:
a)
la parafatura di un testo equivale alla firma di un trattato quando sia accertato che gli Stati che hanno partecipato al negoziato avevano così convenuto;
b)
la firma ad referendum di un trattato da parte del rappresentante di uno Stato, qualora venga confermata da quest’ultimo, equivale alla firma definitiva del trattato.
Il consenso degli Stati ad essere vincolati da un trattato costituito dagli strumenti scambiati fra di loro viene espresso con tale scambio:
a)
quando gli strumenti prevedono che il loro scambio avrà tale effetto; o
b)
quando sia d’altro canto accertato che tali Stati avevano convenuto che lo scambio degli strumenti avrebbe avuto tale effetto.
1.  Il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato si esprime con la ratifica:
a)
quando il trattato prevede che tale consenso si esprima con la ratifica;
b)
quando sia altrimenti accertato che gli Stati che hanno partecipato ai negoziati avevano convenuto che la ratifica era necessaria;
c)
quando il rappresentante di tale Stato abbia firmato il trattato con riserva di ratifica; o
d)
quando l’intenzione di tale Stato di firmare il trattato con riserva di ratifica risulti dai pieni poteri del suo rappresentante o sia stata espressa nel corso dei negoziati.
2.  Il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato si esprime con l’accettazione o l’approvazione in condizioni analoghe a quelle che si applicano per la ratifica.
Il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato si esprime con l’adesione:
a)
quando il trattato prevede che tale consenso possa essere espresso da tale Stato con l’adesione;
b)
quando sia altrimenti accertato che gli Stati che hanno partecipato ai negoziati avevano convenuto che tale consenso avrebbe potuto essere espresso da tale Stato con l’adesione;
c)
quando tutte le parti abbiano convenuto successivamente che il consenso avrebbe potuto essere espresso da tale Stato con l’adesione.
A meno che il trattato non disponga altrimenti, gli strumenti di ratifica, di accettazione, d’approvazione o di adesione accertano il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato al momento:
a)
del loro scambio tra gli Stati contraenti;
b)
del loro deposito presso il depositario; o
c)
della loro notifica agli Stati contraenti o al depositario, se così è stato convenuto.
1.  Fatte salve le disposizioni degli articoli da 19 a 23, il consenso di uno Stato ad essere vincolato da una parte di un trattato non ha efficacia se il trattato non lo prevede o se gli altri Stati contraenti non vi consentono.
2.  Il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato che permetta di scegliere fra disposizioni diverse non produce effetti se le disposizioni sulle quali si basa non sono chiaramente indicate.
Uno Stato deve astenersi dal compiere atti suscettibili di privare un trattato del suo oggetto e del suo scopo:
a)
quando ha firmato il trattato o scambiato gli strumenti costituenti il trattato, con riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione, finché non ha manifestato la propria intenzione di non divenire parte del trattato; o
b)
quando ha espresso il proprio consenso ad essere vincolato da un trattato, nel periodo che precede l’entrata in vigore del trattato e a condizione che questa non sia indebitamente ritardata.
Sezione 2 Riserve
Uno Stato, al momento della firma, della ratifica, dell’accettazione, dell’approvazione di un trattato o al momento dell’adesione, può formulare una riserva, a meno che:
a)
la riserva non sia vietata dal trattato;
b)
il trattato disponga che si possono fare solo determinate riserve, tra le quali non figura la riserva in questione; o
c)
in casi diversi da quelli previsti ai commi a) e b), la riserva sia incompatibile con l’oggetto e lo scopo del trattato.
1.  Una riserva autorizzata espressamente da un trattato non deve essere accettata successivamente dagli altri Stati contraenti, a meno che il trattato non lo preveda.
2.  Quando risulti dal numero limitato degli Stati che hanno partecipato ai negoziati, nonché dall’oggetto e dallo scopo del trattato stesso, che l’applicazione dei trattato nella sua interezza tra tutte le parti è condizione essenziale per il consenso di ciascuna di esse ad essere vincolata dal trattato, una riserva deve essere accettata da tutte le Parti.
3.  Quando un trattato è un atto costitutivo di una Organizzazione internazionale, ed a meno che in esso non sia altrimenti previsto, una riserva esige anche l’accettazione dell’organo competente dell’organizzazione in questione.
4.  Nei casi diversi da quelli previsti dai paragrafi precedenti e a meno che il trattato non disponga altrimenti:
a)
l’accettazione di una riserva da parte di un altro Stato contraente rende lo Stato autore della riserva parte del trattato nei riguardi di tale altro Stato se il trattato è in vigore o quando esso entra in vigore per gli altri Stati summenzionati;
b)
l’obiezione ad una riserva sollevata da un altro Stato contraente non impedisce al trattato di entrare in vigore tra lo Stato che ha formulato l’obiezione e lo Stato autore della riserva, a meno che non sia stata chiaramente espressa una intenzione contraria da parte dello Stato che ha formulato l’obiezione;
e)
un atto che esprima il consenso di uno Stato ad essere vincolato dal trattato e che contenga una riserva diventa efficace dal momento in cui almeno un altro Stato contraente ha accettato la riserva.
5.  Ai fini dei paragrafi 2 e 4 e a meno che il trattato non preveda altrimenti, si ritiene che una riserva sia stata accettata da uno Stato qualora quest’ultimo non abbia formulato obiezioni alla riserva, sia allo scadere dei dodici mesi successivi alla data in cui ne ha ricevuto notifica, che alla data in cui ha espresso il proprio consenso ad essere vincolato dal trattato, quando quest’ultima sia posteriore.
1.  Una riserva formulata in conformità degli articoli 19, 20 e 23 nei confronti di un’altra parte:
a)
modifica, per lo Stato autore della riserva, nelle sue relazioni con quest’altra Parte le disposizioni del trattato sulle quali verte la riserva, nella misura prevista da detta riserva; e
b)
modifica nella stessa misura tali disposizioni per quest’altra parte nelle sue relazioni con lo Stato autore della riserva.
2.  La riserva non modifica le disposizioni del trattato per le altre parti del trattato nei loro rapporti inter se.
3.  Quando uno Stato che ha formulato un’obiezione ad una riserva non si è opposto all’entrata in vigore del trattato tra se stesso e lo Stato autore della riserva, le disposizioni oggetto della riserva non si applicano tra i due Stati, nella misura prevista dalla riserva stessa.
1.  A meno che il trattato non disponga altrimenti, una riserva può essere ritirata in ogni momento senza che il consenso dello Stato che ha accettato la riserva sia necessario per il suo ritiro.
2.  A meno che il trattato non disponga altrimenti, una obiezione ad una riserva può essere ritirata in ogni momento.
3.  A meno che il trattato non preveda altrimenti o che non sia altrimenti convenuto:
a)
il ritiro di una riserva ha efficacia nei confronti di un altro Stato contraente soltanto a partire dal momento in cui tale Stato ne ha ricevuto notifica;
b)
il ritiro di un’obiezione ad una riserva ha efficacia soltanto a partire dal momento in cui lo Stato che ha formulato la riserva ha ricevuto notifica di detto ritiro.
1.  La riserva, l’accettazione esplicita di una riserva e l’obiezione ad una riserva devono essere formulate per iscritto e comunicate agli Stati contraenti e agli altri Stati che sono qualificati per diventare parti del trattato.
2.  Una riserva che venga formulata al momento della firma del trattato con riserva di ratifica, accettazione o approvazione, deve essere confermata formalmente dallo Stato che ne è l’autore, quando esso esprime il proprio consenso ad essere vincolato dal trattato. In tal caso, si ritiene che la riserva sia stata fatta alla data in cui è stata confermata.
3.  Non occorre che siano confermate le accettazioni chiaramente espresse di una riserva o un’obiezione ad una riserva che siano anteriori alla conferma di quest’ultima.
4.  Il ritiro di una riserva o di una obiezione ad una riserva deve essere formulato per iscritto.
Sezione 3 Entrata in vigore dei trattati ed applicazione a titolo provvisorio
1.  Un trattato entra in vigore in base alle modalità ed alla data fissate dalle disposizioni in esso contenute o mediante accordo tra gli Stati che hanno partecipato ai negoziati.
2.  In mancanza di tali disposizioni o di un tale accordo, un trattato entra in vigore quando sia stato accertato il consenso di tutti gli Stati che hanno partecipato ai negoziati ad essere vincolati dal trattato.
3.  Quando il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato sia stato accertato in una data posteriore all’entrata in vigore di detto trattato, esso, a meno che non sia disposto altrimenti, entra in vigore nei confronti di tale Stato in quella stessa data.
4.  Le disposizioni di un trattato che regolamentano l’autenticazione del testo, l’accertamento dei consenso degli Stati ad esserne vincolati, le modalità o la data della sua entrata in vigore, le riserve, le funzioni del depositario, nonché tutti gli altri problemi che vengono necessariamente a porsi prima dell’entrata in vigore del trattato stesso, sono applicabili a partire dalla data dell’adozione del testo.
1.  Un trattato o una parte di esso vengono applicati a titolo provvisorio in attesa della sua effettiva entrata in vigore:
a)
quando il trattato stesso così dispone; o
b)
quando gli Stati che hanno partecipato ai negoziati avevano in qualche altro modo così convenuto.
2.  A meno che il trattato non disponga altrimenti o gli Stati che hanno partecipato ai negoziati non abbiano convenuto altrimenti, l’applicazione a titolo provvisorio di un trattato o di una parte di esso nei confronti di uno Stato viene a cessare qualora tale Stato notifichi agli altri Stati, fra i quali il trattato è applicato provvisoriamente, l’intenzione di non volerne diventare parte.
Parte III Rispetto, applicazione ed interpretazione dei trattati
Sezione 1 Rispetto dei trattati
Ogni trattato in vigore vincola le parti e queste devono eseguirlo in buona fede.
Una parte non può invocare le disposizioni della propria legislazione interna per giustificare la mancata esecuzione di un trattato. Tale norma non pregiudica in alcun modo le disposizioni dell’articolo 46.
Sezione 2 Applicazione dei trattati
Salvo che una diversa intenzione non risulti dal trattato o non sia altrimenti accertata, le disposizioni di un trattato non vincolano una parte per quanto riguarda un atto o un fatto anteriore alla data di entrata in vigore del trattato stesso nei confronti di tale parte o una situazione che avesse cessato di esistere a tale data.
Salvo che un diverso intendimento non risulti dal trattato o non sia stato altrimenti accertato, un trattato vincola ciascuna delle parti per tutto l’insieme del suo territorio.
1.  Fatte salve le disposizioni dell’articolo 103 della Carta delle Nazioni Unite, i diritti e gli obblighi degli Stati parti di trattati successivi vertenti sulla stessa materia, sono definiti conformemente ai paragrafi seguenti.
2.  Quando un trattato precisa di essere subordinato ad un trattato anteriore o posteriore o non debba essere considerato come incompatibile con quest’altro trattato, prevalgono le disposizioni contenute in quest’ultimo.
3.  Quando tutte le parti del trattato anteriore sono dei pari parti del trattato posteriore, senza che il trattato anteriore abbia avuto termine o la sua applicazione sia stata sospesa in base all’articolo 59, il trattato anteriore non si applica che nella misura in cui le sue disposizioni siano compatibili con quelle del trattato posteriore.
4.  Quando le parti di un trattato anteriore non sono tutte parti del trattato posteriore:
a)
nelle relazioni fra gli Stati parti di entrambi i trattati, la norma da applicarsi è quella enunciata al paragrafo 3;
b)
nelle relazioni tra uno Stato parte di entrambi i trattati e uno Stato parte di uno solo dei due, il trattato del quale entrambi gli Stati sono parti regola i reciproci diritti ed obblighi.
5.  Il paragrafo 4 si applica, senza pregiudizio delle disposizioni dell’articolo 41, di ogni problema relativo alla estinzione o alla sospensione dell’applicazione di un trattato ai sensi dell’articolo 60 e di ogni questione di responsabilità che può sorgere per uno Stato dalla conclusione o dall’applicazione di un trattato le cui disposizioni siano incompatibili con gli obblighi che ad esso incombono nei confronti di un altro Stato in base ad un altro trattato.
Sezione 3 Interpretazione dei trattati
1.  Un trattato deve essere interpretato in buona fede in base al senso comune da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto ed alla luce dei suo oggetto e del suo scopo.
2.  Ai fini dell’interpretazione di un trattato, il contesto comprende, oltre al testo, preambolo e allegati inclusi:
a)
ogni accordo relativo al trattato e che sia intervenuto tra tutte le parti in occasione della sua conclusione;
b)
ogni strumento disposto da una o più parti in occasione della conclusione del trattato ed accettato dalle altre parti in quanto strumento relativo al trattato.
3.  Verrà tenuto conto, oltre che del contesto:
a)
di ogni accordo ulteriore intervenuto tra le parti circa l’interpretazione del trattato o l’attuazione delle disposizioni in esso contenute;
b)
di ogni ulteriore pratica seguita nell’applicazione del trattato con la quale venga accertato l’accordo delle parti relativamente all’interpretazione del trattato;
c)
di ogni norma pertinente di diritto internazionale, applicabile alle relazioni fra le parti.
4.  Si ritiene che un termine o un’espressione abbiano un significato particolare se verrà accertato che tale era l’intenzione delle parti.
Si potrà ricorrere a mezzi complementari d’interpretazione, ed in particolare ai lavori preparatori ed alle circostanze nelle quali il trattato è stato concluso, allo scopo, sia di confermare il significato risultante dall’applicazione dell’articolo 31, che di definire un significato quando l’interpretazione data in base all’articolo 31:
a)
lasci il significato ambiguo od oscuro; o
b)
porti ad un risultato chiaramente assurdo o non ragionevole.
1.  Quando un trattato è stato autenticato in due o più lingue, il suo testo fa fede in ciascuna di tali lingue, a meno che il trattato non preveda o le parti non convengano fra loro che, in caso di divergenza, prevarrà un determinato testo.
2.  La traduzione di un trattato in una lingua diversa da una di quelle nelle quali il testo è stato autenticato non sarà ritenuta testo autentico qualora il trattato non lo preveda o le parti non abbiano così convenuto.
3.  Si presume che i termini e le espressioni di un trattato abbiano lo stesso senso nei vari testi autentici.
4.  Ad eccezione del caso in cui un determinato testo prevalga in conformità del paragrafo 1, quando il confronto fra i testi autentici renda evidente una differenza di significato che l’applicazione degli articoli 31 e 32 non permette di eliminare, verrà adottato il significato che, tenuto conto dell’oggetto e dello scopo del trattato, concili nel migliore dei modi i testi in questione.
Sezione 4 Trattati e Stati terzi
Un trattato non crea né obblighi né diritti per uno Stato terzo senza il consenso di quest’ultimo.
Da una disposizione di un trattato nasce un obbligo per uno Stato terzo quando le parti del trattato stesso intendano con quelle disposizioni creare tale obbligo e quando lo Stato terzo accetti esplicitamente per iscritto tale obbligo.
1.  Un diritto per uno Stato terzo nasce da una disposizione di un trattato quando le parti di tale trattato intendano, con tale disposizione, conferire tale diritto sia allo Stato terzo sia ad un gruppo di Stati al quale esso appartenga, che a tutti gli Stati, e quando lo Stato terzo acconsente. Si presume che vi sia consenso fintanto che non esista una contraria indicazione, a meno che il trattato non preveda altrimenti.
2.  Uno Stato che eserciti un diritto in base al paragrafo 1, è tenuto a rispettare, per quanto riguarda l’esercizio del diritto stesso, le condizioni che sono previste dal trattato o che sono accertate in base alle disposizioni di questo.
1.  Nel caso in cui sia nato per uno Stato terzo un obbligo in base all’articolo 35, detto obbligo non può essere revocato o modificato che con il consenso delle parti del trattato e dello Stato terzo, a meno che non sia accertato che essi avevano convenuto diversamente.
2.  Nel caso in cui per uno Stato terzo sia nato un diritto in base all’articolo 36, tale diritto non potrà essere revocato o modificato dalle parti se non sarà stato accertato che detto diritto non avrebbe potuto essere revocato o modificato senza il consenso dello Stato terzo.
Nessuna delle disposizioni contenute negli articoli da 34 a 37 vieta che una norma sancita da un trattato diventi obbligatoria per uno Stato terzo in quanto norma consuetudinaria di diritto internazionale riconosciuta come tale.
Parte IV Emendamento e modifica dei trattati
Un trattato può essere emendato di comune intesa fra le parti. Per quanto il trattato non disponga altrimenti, vengono applicate a tale accordo le norme enunciate nella parte II.
1.  A meno che il trattato non disponga altrimenti, l’emendamento dei trattati multilaterali è regolato dai paragrafi seguenti.
2.  Ogni proposta tendente ad emendare un trattato multilaterale per quanto riguarda i rapporti fra tutte le sue parti, deve essere notificata a tutti gli Stati contraenti, e ciascuno di essi ha il diritto di prendere parte:
a)
alla decisione circa il seguito da dare a tale proposta;
b)
ai negoziati ed alla conclusione di ogni accordo avente lo scopo di emendare il trattato stesso.
3.  Ogni Stato qualificato a divenire parte di un trattato è del pari qualificato per divenire parte del trattato emendato.
4.  L’accordo che reca emendamenti non vincola gli Stati che sono già parti del trattato e che non divengono parti di detto accordo; nei confronti di tali Stati si applica il comma b) dei paragrafo 4 dell’articolo 30.
5.  Ogni Stato che divenga parte del trattato dopo l’entrata in vigore dell’accordo che reca emendamenti, a meno che non abbia espresso una diversa intenzione, viene considerato come:
a)
facente parte del trattato così emendato; e
b)
facente parte del trattato non emendato nei confronti di ogni parte del trattato che non sia vincolata dall’accordo che reca gli emendamenti.
1.  Due o più parti di un trattato multilaterale possono concludere un accordo avente lo scopo di modificare il trattato soltanto nei loro reciproci rapporti:
a)
se la possibilità di una tale modifica è prevista dal trattato; o
b)
se la modifica in questione non è vietata dal trattato, a condizione che essa:
i)
non pregiudichi in alcun modo per le altre parti il godimento dei diritti derivanti dal trattato né l’adempimento dei loro obblighi; e
ii)
non verta su di una disposizione dalla quale non si possa derogare senza che vi sia una incompatibilità con effettiva realizzazione dell’oggetto e dello scopo dei trattato.
2.  A meno che, nel caso previsto dal comma a) del paragrafo 1, il trattato non preveda altrimenti, le parti in questione devono notificare alle altre parti la loro intenzione di concludere l’accordo e le modifiche che quest’ultimo reca al trattato.
Parte V Nullità, estinzione e sospensione dell’applicazione dei trattati
Sezione 1 Disposizioni generali
1.  La validità di un trattato o del consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato non può essere contestata che in applicazione della presente convenzione.
2.  L’estinzione di un trattato, la sua denuncia o il ritiro di una parte non possono aver luogo che in applicazione delle disposizioni del trattato o della presente convenzione. La stessa regola vale per la sospensione dell’applicazione di un trattato.
La nullità, l’estinzione o la denuncia di un trattato, il ritiro di una delle parti o la sospensione dell’applicazione del trattato, quando siano dovute all’applicazione della presente convenzione od alle disposizioni del trattato, non pregiudicano in alcun modo il dovere di uno Stato di adempiere ogni obbligo che sia enunciato nel trattato, al quale sia soggetto in base al diritto internazionale indipendentemente dal trattato stesso.
1.  Il diritto di una parte, previsto nel trattato o derivante dall’articolo 56, di denunciare il trattato, di ritirarsi da esso o di sospenderne l’applicazione, non può essere esercitato che nei confronti del trattato stesso nel suo insieme, a meno che quest’ultimo non disponga o le parti non convengano altrimenti.
2.  Un motivo di nullità o di estinzione di un trattato, o di ritiro di una delle parti o di sospensione dell’applicazione del trattato, riconosciuto ai sensi della presente convenzione, non può essere invocato che nei confronti del trattato nel suo insieme, fatte salve le condizioni previste dai paragrafi seguenti o dall’articolo 60.
3.  Se il motivo in questione si riferisce soltanto ad alcune clausole particolari, esso può essere invocato nei confronti di quelle sole clausole quando:1
a)
tali clausole si possano scindere dal resto del trattato per quanto attiene alla loro esecuzione;
b)
risulti dal trattato o sia altrimenti accertato che l’accettazione delle suddette clausole non abbia costituito per l’altra parte o per le altre parti del trattato una base essenziale del loro consenso ad essere vincolate dal trattato nel suo insieme; e2
c)
non sia ingiusto continuare ad eseguire quanto rimane del trattato.
4.  Nei casi dipendenti dagli articoli 49 e 50, lo Stato che abbia diritto ad invocare il dolo o la corruzione, può farlo sia nei confronti dell’insieme del trattato che, nel caso di cui al paragrafo 3, soltanto nei confronti di alcune clausole particolari.
5.  Nei casi previsti dagli articoli 51, 52 e 53, non è ammessa scissione delle disposizioni di un trattato.

Uno Stato non può più invocare una causa di nullità di un trattato o un motivo per porre termine ad esso, di ritirarsi dal trattato o di sospenderne l’applicazione in base agli articoli da 46 a 50 od agli articoli 60 e 62 se, dopo essere venuto a conoscenza dei fatti, tale Stato:
a)
abbia esplicitamente accettato di considerare che, a seconda del caso, il trattato sia o valido, o in vigore, od ancora applicabile; o
b)
debba, a motivo della propria condotta, essere considerato come avente accettato, a seconda del caso, la validità del trattato o il suo mantenimento in vigore o in applicazione.
Sezione 2 Nullità dei trattati
1.  Il fatto che il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato sia stato espresso violando una disposizione del suo diritto interno concernente la competenza a concludere trattati, non può essere invocato da tale Stato per infirmare il proprio consenso, a meno che tale violazione non sia stata manifesta e non concerna una norma di importanza fondamentale del proprio diritto interno.
2.  Una violazione è manifesta quando essa appaia obiettivamente evidente ad ogni Stato che si comporti, in materia, in base alla normale prassi ed in buona fede.
Se il potere di un rappresentante di esprimere il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un determinato trattato è stato oggetto di particolari restrizioni, il fatto che detto rappresentante non ne abbia tenuto conto non può essere invocato come suscettibile di viziare il consenso da lui espresso, a meno che la restrizione non sia stata notificata, prima che tale consenso venisse espresso, agli altri Stati che hanno partecipato al negoziato.
l.  Uno Stato può invocare un errore in un trattato come suscettibile di viziare il proprio consenso ad essere vincolato dal trattato stesso quando l’errore verte su di un fatto o su di una situazione che tale Stato supponeva esistesse al momento della conclusione del trattato e che costituiva base essenziale per il consenso di detto Stato ad essere vincolato dal trattato.
2.  Il paragrafo 1 non si applica quando detto Stato abbia contribuito con la sua condotta a tale errore o quando le circostanze siano state tali che esso avrebbe dovuto essere a conoscenza della possibilità di un errore.
3.  Un errore che riguardi soltanto il modo in cui il testo di un trattato è redatto non ne pregiudica la validità; in tal caso viene applicato l’articolo 79.
Ove uno Stato sia stato spinto a concludere un trattato dalla condotta fraudolenta di un altro Stato che ha partecipato ai negoziati, esso può invocare il dolo come suscettibile di viziare il proprio consenso ad essere vincolato dal trattato.
Ove l’espressione dei consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato sia stata ottenuta mediante la corruzione del suo rappresentante con azione diretta o indiretta di un altro Stato che ha partecipato ai negoziati, lo Stato può invocare detta corruzione come suscettibile di viziare il proprio consenso ad essere vincolato dal trattato.
Il consenso espresso da uno Stato ad essere vincolato da un trattato che sia ottenuto con la violenza esercitata sul suo rappresentante a mezzo di atti o minacce contro di lui dirette, è privo di ogni effetto giuridico.
Qualsiasi trattato la cui conclusione sia stata ottenuta con le minacce o con l’uso della forza in violazione dei principi di diritto internazionale incorporati nella Carta delle Nazioni Unite sarà ritenuto nullo.
È nullo qualsiasi trattato che, al momento della sua conclusione, sia in contrasto con una norma imperativa di diritto internazionale generale. Ai fini della presente convenzione, per norma imperativa di diritto internazionale generale si intende una norma che sia stata accettata e riconosciuta dalla Comunità internazionale degli Stati nel suo insieme in quanto norma alla quale non è permessa alcuna deroga e che non può essere modificata che da una nuova norma di diritto internazionale generale avente lo stesso carattere.
Sezione 3 Estinzione dei trattati e sospensione della loro applicazione
L’estinzione di un trattato o il ritiro di una parte possono avere luogo:
a)
in base alle disposizioni del trattato; o
b)
in ogni momento, con il consenso di tutte le parti, previa consultazione degli altri Stati contraenti.
A meno che il trattato non disponga altrimenti, ad un trattato multilaterale non si pone termine per il solo motivo che il numero delle parti è inferiore al numero necessario per la sua entrata in vigore.
1.  Un trattato che non contenga disposizioni relative alla sua estinzione e che non preveda la possibilità di un ritiro o di una denuncia non può essere oggetto di denuncia o di ritiro, a meno che:
a)
non sia accertato che era nell’intenzione delle parti di accettare la possibilità di una denuncia o di un ritiro; o
b)
il diritto alla denuncia o al ritiro non possa essere dedotto dalla natura del trattato.
2.  Una parte deve notificare con almeno dodici mesi di anticipo la propria intenzione di denunciare un trattato o di ritirarsi da esso in base alle disposizioni del paragrafo 1.
L’applicazione di un trattato nei confronti di tutte le parti o di una determinata parte può essere sospesa:
a)
conformemente alle disposizioni del trattato; o
b)
in ogni momento, con il consenso di tutte le parti, previa consultazione degli altri Stati contraenti.
1.  Due o più parti di un trattato multilaterale possono concludere un accordo che abbia lo scopo di sospendere l’applicazione delle disposizioni del trattato temporaneamente e soltanto tra di loro:
a)
qualora la possibilità di una tale sospensione sia prevista dal trattato; o
b)
qualora la sospensione in questione non sia vietata dal trattato, a condizione che essa:
i)
non rechi pregiudizio né al godimento dei diritti previsti dal trattato per altre parti né all’adempimento dei loro obblighi; e
ii)
non sia incompatibile con l’oggetto e lo scopo del trattato.
2.  Ove, nel caso previsto al comma a) del paragrafo 1, il trattato non disponga altrimenti, le parti in questione dovranno notificare alle altre parti la loro intenzione di concludere l’accordo e le disposizioni del trattato delle quali intendono sospendere l’applicazione.
1.  Si ritiene che un trattato abbia avuto termine qualora tutte le parti del trattato abbiano concluso successivamente un trattato sullo stesso argomento e:
a)
se risulta dal trattato successivo od è in altro modo accertato che era intenzione delle parti di regolare la materia in questione con tale trattato; o
b)
se le disposizioni del trattato successivo sono incompatibili con quelle dei trattato precedente in modo tale che non sia possibile applicare due trattati contemporaneamente.
2.  Il trattato precedente viene considerato semplicemente sospeso quando risulti dal trattato successivo o sia in altro modo accertato che questa era l’intenzione delle parti.
1.  Una sostanziale violazione di un trattato bilaterale da parte di una delle parti autorizza l’altra parte a invocare la violazione come motivo per porre termine al trattato o sospenderne completamente o parzialmente l’applicazione.
2.  Una sostanziale violazione di un trattato multilaterale da parte di una delle parti autorizza:
a)
le altre parti, che agiscono di comune accordo, a sospenderne completamente o parzialmente l’applicazione o a porvi termine:
b)
una parte particolarmente danneggiata dalla violazione, ad invocare detta violazione come motivo di sospensione dell’applicazione completa o parziale del trattato nelle relazioni fra di essa e lo Stato autore della violazione;
c)
qualsiasi parte diversa dallo Stato autore della violazione, ad invocare la violazione come motivo per sospendere l’applicazione dei trattato completamente o parzialmente per quanto la riguarda, se detto trattato è di natura tale che una violazione sostanziale delle disposizioni compiuta da una parte modifichi radicalmente la situazione di ciascuna delle parti relativamente al successivo adempimento dei propri obblighi in base al trattato.
i)
sia nelle relazioni fra di loro e lo Stato autore della violazione;
ii)
che fra tutte le parti;
3.  Ai fini dei presente articolo, per violazione sostanziale di un trattato si intende:
a)
un rifiuto del trattato che non sia autorizzato dalla presente convenzione; o
b)
la violazione di una disposizione essenziale per la realizzazione dell’oggetto o dello scopo del trattato.
4.  I paragrafi precedenti non pregiudicano nessuna delle disposizioni del trattato che si possa applicare in caso di violazione.
5.  I paragrafi da 1 a 3 non si applicano alle disposizioni riguardanti la protezione della persona umana che sono contenute nei trattati di carattere umanitario ed in particolare non si applicano alle disposizioni che escludono ogni forma di rappresaglia esercitata nei confronti di persone che sono protette dai summenzionati trattati.
l.  Una parte può invocare l’impossibilità di dare esecuzione ad un trattato come motivo per porvi fine o per ritirarsene qualora tale impossibilità risulti dalla sparizione o dalla definitiva distruzione di un oggetto indispensabile all’esecuzione del trattato in questione. Quando l’impossibilità è temporanea essa può essere invocata soltanto come motivo per sospendere l’applicazione del trattato.
2.  L’impossibilità di dare esecuzione ad un trattato non può essere invocata da una parte come motivo per porre fine al trattato, per ritirarsene o per sospenderne l’applicazione se tale impossibilità deriva da una violazione commessa dalla parte che la invoca, sia di un obbligo dei trattato che di ogni altro obbligo internazionale nei confronti di ogni altra parte del trattato stesso.
1.  Un fondamentale mutamento di circostanze che si sia prodotto in relazione a quelle che esistevano al momento della conclusione di un trattato e che non era stato previsto dalle parti, non può essere invocato come motivo per porre termine al trattato o per ritirarsi da esso, a meno che:
a)
l’esistenza di tali circostanze non abbia costituito una base essenziale per il consenso delle parti ad essere vincolate dal trattato; e che
b)
tale cambiamento non abbia l’effetto di trasformare radicalmente il peso degli obblighi che restano da eseguire in base al trattato.
2.  Un fondamentale mutamento di circostanze non può essere invocato come motivo per porre termine ad un trattato o per ritirarsi da questo:
a)
quando si tratti di un trattato che fissa una frontiera; o
b)
quando il fondamentale mutamento derivi da una violazione, da parte della parte che la invoca, o di un obbligo del trattato o di qualsiasi altro obbligo internazionale nei confronti di qualunque altro Stato che sia parte del trattato.
3.  Se una parte può, in base ai paragrafi precedenti, invocare un fondamentale mutamento delle circostanze quale motivo per porre termine ad un trattato o per ritirarsi da questo, essa può anche invocarla soltanto per sospendere l’applicazione del trattato.
La rottura delle relazioni diplomatiche o consolari fra le parti di un trattato non influenza i rapporti giuridici stabiliti tra di esse in base al trattato, se non nella misura in cui l’esistenza di relazioni diplomatiche o consolari è indispensabile all’applicazione del trattato.
Qualora sopravvenga una nuova norma imperativa di diritto internazionale generale, qualsiasi trattato esistente che contrasti tale norma diventa nullo ed ha termine.
Sezione 4 Procedura
1.  La parte che, in base alle disposizioni della presente convenzione invochi sia un vizio del proprio consenso ad essere vincolata da un trattato, che un motivo per contestare la validità di un trattato, di porvi termine, di ritirarsi da questo o di sospenderne l’applicazione, deve notificare la propria pretesa alle altre parti. La notifica deve indicare il provvedimento previsto nei confronti del trattato e le ragioni che l’hanno determinato.
2.  Se, dopo un periodo di tempo che, salvo il caso di particolare urgenza non deve essere inferiore a tre mesi dal ricevimento della notifica, nessuna parte ha sollevato obiezioni, la parte che ha fatto la notifica può adottare nelle forme previste dall’articolo 67 il provvedimento che ha deciso di adottare.
3.  Qualora tuttavia un’altra parte avesse sollevato obiezione, le parti dovranno cercare una soluzione facendo uso dei mezzi indicati nell’articolo 33 della Carta delle Nazioni Unite.
4.  Nulla di quanto contenuto nei precedenti paragrafi è suscettibile di ledere i diritti o gli obblighi delle parti che derivino da qualsiasi disposizione in vigore tra di loro circa la composizione delle controversie.
5.  Fatte salve le disposizioni dell’articolo 45, il fatto che uno Stato non abbia inviato la notifica prescritta dal paragrafo 1 non impedisce di redigere detta notifica in risposta ad un’altra parte che chieda l’esecuzione del trattato o che ne adduca la violazione.
Se, nei dodici mesi successivi alla data in cui è stata sollevata l’obiezione, non sarà stato possibile giungere ad una soluzione in base al paragrafo 3 dell’articolo 65, verranno applicate le seguenti procedure:
a)
ogni parte di una controversia che riguardi l’applicazione o l’interpretazione degli articoli 53 o 64 può, qualora ne faccia richiesta, sottoporre la controversia alla decisione della Corte internazionale di giustizia, a meno che le parti non decidano di comune accordo di sottoporre la controversia ad arbitrato;
b)
ogni parte di una controversia relativa all’applicazione o all’interpretazione di uno qualsiasi degli altri articoli della parte V della presente convenzione, può porre in atto la procedura indicata nell’allegato della convenzione inviando, a tale scopo, una richiesta al Segretario generale delle Nazioni Unite.
1.  La notifica prevista al paragrafo 1 dell’articolo 65 deve essere fatta per iscritto.
2.  Qualsiasi atto che dichiari la nullità di un trattato, vi ponga termine o attui il ritiro o la sospensione dell’applicazione di un trattato in base alle disposizioni in esso contenute o in base alle disposizioni dei paragrafi 2 e 3 dell’articolo 65, deve essere redatto in uno strumento comunicato alle altre parti. Se lo strumento non è firmato dal Capo dello Stato, dal Capo del Governo o dal Ministro degli affari esteri, il rappresentante dello Stato che fa la comunicazione può essere invitato ad esibire i suoi pieni poteri.
Le notifiche o gli strumenti previsti negli articoli 65 e 67 possono essere revocati in qualsiasi momento, prima che abbiano avuto effetto.
Sezione 5 Conseguenze della nullità dell’estinzione o della sospensione dell’applicazione di un trattato
1.  Un trattato la cui nullità sia stata accertata in base alla presente convenzione è nullo. Le disposizioni di un trattato nullo non hanno valore giuridico.
2.  Qualora, tuttavia, degli atti siano stati compiuti in base ad un tale trattato:
a)
qualsiasi parte può chiedere ad ogni altra parte di accertare, per quanto possibile, la situazione che sarebbe esistita nelle loro reciproche relazioni se tali atti non fossero stati compiuti;
b)
gli atti compiuti in buona fede prima che venisse invocata la nullità non sono resi illeciti per il solo fatto della nullità del trattato.
3.  Nei casi di cui agli articoli 49 e 50, 51 o 52, il paragrafo 2 non si applica nei confronti della parte cui è imputabile il dolo, l’atto di corruzione o la violenza.
4.  Nei casi in cui il consenso di un particolare Stato ad essere vincolato da un trattato multilaterale sia infirmato, le norme precedenti si applicano nelle relazioni fra il detto Stato e le parti dei trattato.
1.  A meno che il trattato non disponga altrimenti o le parti non convengano altrimenti, la cessazione di un trattato in base alle disposizioni in esso contenute o in base alla presente convenzione:
a)
libera le parti dall’obbligo di continuare a dare esecuzione al trattato;
b)
non pregiudica alcun diritto, alcun obbligo né alcuna situazione giuridica delle parti che sia venuta a crearsi a motivo dell’esecuzione del trattato prima della sua cessazione.
2.  Quando uno Stato denuncia un trattato multilaterale o si ritira da esso, il paragrafo 1 viene applicato nei rapporti fra Stato e ciascuna delle altre parti del trattato a partire dalla data in cui detta denuncia o ritiro entrano in vigore.
l.  Nel caso di un trattato che sia nullo in base all’articolo 53, le parti sono tenute:
a)
ad eliminare, per quanto possibile, le conseguenze di ogni atto compiuto in base ad una disposizione che sia in contrasto con la norma imperativa di diritto internazionale generale; e
b)
a fare in modo tale che le loro relazioni reciproche siano conformi alla norma cogente del diritto internazionale generale.
2.  Nel caso di un trattato che diventi nullo ed abbia termine in base all’articolo 64, la cessazione della validità di un trattato:
a)
libera le parti dall’obbligo di continuare a dare esecuzione al trattato;
b)
non pregiudica alcun diritto, obbligo o situazione giuridica delle parti che si siano venuti a creare a motivo dell’esecuzione del trattato prima della cessazione della sua validità; tuttavia, detti diritti, obblighi o situazioni non possono essere conservati in seguito che nella misura in cui la loro conservazione non sia in contrasto con la nuova norma imperativa di diritto internazionale generale.
1.  A meno che il trattato non preveda altrimenti o le parti non convengano altrimenti, la sospensione dell’applicazione di un trattato in base alle proprie disposizioni o in conformità della presente convenzione:
a)
libera le parti fra le quali è sospesa l’applicazione dei trattato dall’obbligo di darvi esecuzione nei loro reciproci rapporti durante il periodo di sospensione;
b)
non pregiudica altrimenti i rapporti giuridici stabiliti dal trattato fra le parti.
2.  Durante il periodo di sospensione, le parti devono astenersi da qualsiasi azione che tenda ad ostacolare la ripresa dell’applicazione del trattato.
Parte VI Disposizioni varie
Le disposizioni della presente convenzione non pregiudicano nessuna delle questioni che potrebbero sorgere per il trattato da una successione di Stati o dalla responsabilità internazionale di uno Stato o dall’apertura delle ostilità tra Stati.
La rottura delle relazioni diplomatiche o consolari o l’assenza di tali relazioni fra due o più Stati non impediscono la conclusione di trattati fra i detti Stati. La conclusione di un trattato non influenza di per sé stessa le relazioni diplomatiche o consolari.
Le disposizioni della presente convenzione non pregiudicano in alcun modo gli obblighi relativi ad un trattato che potrebbero nascere per uno Stato aggressore in seguito alle misure adottate in conformità della Carta delle Nazioni Unite riguardo all’aggressione compiuta da tale Stato.
Parte VII Depositari, notifiche, correzioni e registrazione
1.  La designazione del depositario di un trattato può essere fatta dagli Stati che hanno preso parte ai negoziati, sia nel trattato stesso, che in qualsiasi altro modo. Il depositario può essere uno o diversi Stati, un’organizzazione internazionale o il funzionario amministrativo più elevato in grado dell’organizzazione stessa.
2.  Le funzioni del depositario di un trattato hanno carattere internazionale ed il depositario deve essere imparziale nell’esercizio delle sue funzioni. In particolare, il fatto che un trattato non sia entrato in vigore tra alcune delle parti o che vi sia stata divergenza tra uno Stato ed il depositario circa l’esercizio delle funzioni di quest’ultimo non deve influire su tale obbligo.
1.  Le funzioni di un depositario, a meno che il trattato non disponga altrimenti o non sia altrimenti convenuto dagli Stati, sono le seguenti:
a)
assicurare la custodia del testo originale dei trattato e dei pieni poteri che gli verranno consegnati;
b)
preparare delle copie certificate conformi al testo originale e tutti gli altri testi in altre lingue che possono essere richiesti nel trattato, e comunicarli alle parti del trattato ed agli Stati che possono diventare parti del trattato;
c)
ricevere tutte le firme apposte al trattato, ricevere e custodire tutti gli strumenti, notifiche e comunicazioni relative al trattato;
d)
verificare se tutte le firme, tutti gli strumenti, tutte le notifiche o tutte le comunicazioni relative al trattato sono in buona e debita forma e, ove occorra, sottoporre la questione all’attenzione dello Stato interessato;
e)
informare le parti e gli Stati qualificati a diventare parti del trattato degli atti, delle notifiche e delle comunicazioni relative al trattato;
f)
informare gli Stati qualificati a diventare parti del trattato della data in cui sia stato ricevuto o depositato il numero delle firme o degli strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione richiesti per l’entrata in vigore del trattato;
g)
provvedere alla registrazione del trattato presso il Segretariato dell’Organizzazione delle Nazioni Unite;
h)
adempiere le funzioni specificate nelle altre disposizioni della presente convenzione.
2.  Nel caso in cui una controversia abbia a sorgere tra uno Stato ed il depositario circa l’adempimento delle funzioni di quest’ultimo, il depositario deve sottoporre la questione all’attenzione degli Stati firmatari e degli Stati contraenti o, se del caso, all’attenzione dell’organo competente dell’organizzazione internazionale in questione.
Salvo nel caso in cui il trattato o la presente convenzione dispongano altrimenti, una notifica o una comunicazione che deve essere fatta da uno Stato in base alla presente convenzione:
a)
viene trasmessa, ove non esista il depositario, direttamente agli Stati ai quali è destinata o, se esiste un depositario, a quest’ultimo;
b)
non si ritiene che sia stata fatta dallo Stato in questione che a partire dal momento del suo ricevimento da parte dello Stato al quale è stata trasmessa o, se del caso, da parte del depositario;
c)
se viene trasmessa ad un depositario, non viene considerata come ricevuta dallo Stato al quale è destinata che a partire dal momento in cui tale Stato avrà ricevuto dal depositario l’informazione prevista al comma e) del paragrafo 1 dell’articolo 77.
1.  Se, dopo l’autenticazione del testo di un trattato, gli Stati firmatari e gli Stati contraenti constatano di comune accordo che tale testo contiene un errore, si procede alla correzione dell’errore in questione in uno dei modi seguenti, a meno che i predetti Stati non decidano di correggerlo altrimenti:
a)
correzione del testo nel senso dovuto e parafatura della correzione da parte di rappresentanti debitamente autorizzati;
b)
stesura di uno strumento o scambio di strumenti ove sia registrata la correzione che si è convenuto di apportare al testo;
c)
stesura di un testo corretto dell’intero trattato seguendo la stessa procedura usata per il testo originario.
2.  Quando si tratti di un trattato per il quale esiste un depositario, quest’ultimo notifica agli Stati firmatari ed agli Stati contraenti l’errore e la proposta relativa alla correzione dell’errore stesso e fissa un periodo di tempo convenuto entro il quale possano essere sollevate obiezioni alla correzione proposta. Se, allo spirare di detto periodo:
a)
non è stata sollevata alcuna obiezione, il depositario apporta la correzione al testo e la parafa, redige un processo verbale di rettifica del testo e ne trasmette copia alle parti e agli Stati qualificati a divenire parti del trattato;
b)
un’obiezione è stata sollevata, il depositario la comunica agli Stati firmatari e agli Stati contraenti.
3.  Le norme di cui ai paragrafi 1 e 2 si applicano del pari quando un testo sia stato autenticato in due o più lingue ed esista una discordanza che gli Stati firmatari e gli Stati contraenti convengano debba essere corretta.
4.  Il testo corretto sostituisce, ab initio, il testo errato, a meno che gli Stati firmatari e gli Stati contraenti non decidano altrimenti.
5.  La correzione del testo di un trattato che sia stato registrato viene notificata al Segretariato dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
6.  Quando venga rilevato un errore in una copia certificata conforme di un trattato, il depositario redige un processo verbale di rettifica e ne trasmette copia agli stati firmatari e agli Stati firmatari.
1.  Dopo la loro entrata in vigore, i trattati vengono trasmessi al Segretariato dell’Organizzazione delle Nazioni Unite perché siano, a seconda dei casi, registrati, classificati o iscritti al repertorio, nonché pubblicati.
2.  La designazione di un depositario autorizza quest’ultimo a compiere gli atti di cui al paragrafo precedente.
Parte VIII Disposizioni finali
La presente convenzione sarà aperta alla firma di tutti gli Stati membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite o di un istituto specializzato o dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica, nonché di tutti gli Stati parti dello Statuto della Corte internazionale di giustizia e di ogni altro Stato che sia invitato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a diventare parte della convenzione, nel modo seguente: sino al 30 novembre 1969 presso il Ministero federale degli affari esteri della Repubblica di Austria ed in seguito sino al 30 aprile 1970 presso la Sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York.
La presente convenzione sarà sottoposta a ratifica. Gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.
La presente convenzione resterà aperta all’adesione di ogni Stato appartenente ad una delle categorie di cui all’articolo 81. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.
1.  La presente convenzione entrerà in vigore trenta giorni dopo la data del deposito del trentacinquesimo strumento di ratifica o di adesione.
2.  Per ogni Stato che ratificherà la convenzione o vi aderirà dopo il deposito del trentacinquesimo strumento di ratifica o di adesione, la convenzione entrerà in vigore trenta giorni dopo il deposito, da parte di detto Stato, del proprio strumento di ratifica o di adesione.
L’originale della presente convenzione, i cui testi inglese, cinese, spagnolo, francese e russo sono ugualmente autentici, sarà depositata presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.
In fede di che, i sottoscritti plenipotenziari, debitamente autorizzati dai rispettivi Governi, hanno firmato la presente convenzione.
Fatto a Vienna, il ventitré maggio millenovecentosessantanove.
(Seguono le firme)

Allegato
1.  Il Segretario generale delle Nazioni Unite redige e conserva una lista di conciliatori composta da giuristi qualificati. A tale scopo, ogni Stato, membro dell’Organizzazione delle Nazioni Unite o parte della presente convenzione è invitato a designare due conciliatori, e i nomi delle persone in tal modo designate formeranno la lista. La designazione dei conciliatori, compresi coloro che sono designati per coprire un posto vacante, viene fatta per un periodo di cinque anni che potrà essere rinnovato. Allo spirare del periodo per il quale saranno stati designati, i conciliatori continueranno ad esercitare le funzioni per le quali saranno stati scelti in base al paragrafo seguente.
2.  Quando viene sottoposta una richiesta al Segretario generale, in base all’articolo 66, il Segretario generale sottopone la controversia ad una Commissione di conciliazione composta come segue:
Lo Stato o gli Stati costituenti una delle parti della controversia nominano:
a)
un conciliatore cittadino di tale Stato o di uno di tali Stati, scelto o meno sulla lista di cui al paragrafo l; e
b)
un conciliatore che non abbia la nazionalità di tale Stato o di uno di tali Stati, scelto sulla lista.
Lo Stato o gli Stati costituenti l’altra parte della controversia nominano due conciliatori nello stesso modo. I quattro conciliatori scelti dalle parti devono essere nominati entro un termine di sessanta giorni a partire dalla data in cui il Segretario generale ha ricevuto la richiesta.
Nei sessanta giorni che seguono l’ultima nomina, i quattro conciliatori ne nominano un quinto, scelto sulla lista, che sarà il presidente.
Se la nomina del presidente o di uno qualsiasi degli altri conciliatori non avviene nel termine prescritto in precedenza per detta nomina, questa verrà fatta dal Segretario generale nei sessanta giorni successivi allo spirare di tale termine. Il Segretario generale può designare come presidente, sia una delle persone menzionate nella lista, che uno dei membri della Commissione di diritto internazionale. Qualsiasi periodo di tempo entro il quale debbono essere fatte le nomine, può essere prorogato con l’accordo delle parti della controversia.
Ogni posto vacante sarà coperto nello stesso modo che è prescritto per la prima nomina.
3.  La Commissione di conciliazione determina essa stessa la propria procedura. La Commissione, con il consenso delle parti della controversia, può invitare ogni parte del trattato a sottoporle la sua opinione oralmente o per iscritto. Le decisioni e le raccomandazioni della Commissione vengono adottate a maggioranza dei voti dei cinque membri.
4.  La Commissione può sottoporre alle parti della controversia qualsiasi provvedimento che sia suscettibile di facilitare una composizione amichevole della controversia in questione.
5.  La Commissione ascolta le parti, esamina le richieste e le obiezioni e rivolge delle proposte alle parti allo scopo di aiutarle a giungere ad una composizione amichevole della controversia.
6.  La Commissione redige un rapporto entro i dodici mesi successivi alla sua costituzione. Detto rapporto viene depositato presso il Segretario generale e comunicato alle parti della controversia. Il rapporto della Commissione, ivi inclusa ogni conclusione contenuta in esso riguardante i fatti o i problemi legali, non è vincolante per le parti e non avrà altro carattere che quello di raccomandazioni sottoposte allo studio delle parti allo scopo di facilitare una amichevole composizione della controversia.
7.  Il Segretario generale fornisce alla Commissione l’assistenza e le facilitazioni di cui possa aver bisogno. Le spese della Commissione sono a carico dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Campo d’applicazione il 15 giugno 20121
Stati partecipanti
Ratifica Adesione (A) Dichiarazione di successione (S)
Entrata in vigore
Albania
27 giugno
2001 A
27 luglio
2001
Algeria* **
  8 novembre
1988 A
  8 dicembre
1988
Andorra
  5 aprile
2004 A
  5 maggio
2004
Arabia Saudita*
14 aprile
2003 A
14 maggio
2003
Argentina*
  5 dicembre
1972
27 gennaio
1980
Armenia*
17 maggio
2005 A
16 giugno
2005
Australia
13 giugno
1974 A
27 gennaio
1980
Austria**
30 aprile
1979 A
27 gennaio
1980
Barbados
24 giugno
1971
27 gennaio
1980
Belarus*
  1° maggio
1986 A
31 maggio
1986
Belgio*
1° settembre
1992 A
1° ottobre
1992
Bosnia e Erzegovina
  1° settembre
1993 S
  6 marzo
1992
Brasile*
25 settembre
2009
25 ottobre
2009
Bulgaria
21 aprile
1987 A
21 maggio
1987
Burkina Faso
25 maggio
2006 A
24 giugno
2006
Camerun
23 ottobre
1991 A
22 novembre
1991
Canada* **
14 ottobre
1970 A
27 gennaio
1980
Ceca, Repubblica
22 febbraio
1993 S
  1° gennaio
1993
Cile* **
  9 aprile
1981
  9 maggio
1981
Cina*
  3 settembre
1997 A
  3 ottobre
1997
Cipro
28 dicembre
1976 A
27 gennaio
1980
Colombia*
10 aprile
1985
10 maggio
1985
Congo (Brazzaville)
12 aprile
1982
12 maggio
1982
Congo (Kinshasa)
25 luglio
1977 A
27 gennaio
1980
Corea (Sud)
27 aprile
1977
27 gennaio
1980
Costa Rica*
22 novembre
1996
22 dicembre
1996
Croazia
12 ottobre
1992 S
  8 ottobre
1991
Cuba*
  9 settembre
1998 A
  9 ottobre
1998
Danimarca* **
1° giugno
1976
27 gennaio
1980
Dominicana, Repubblica
  1° aprile
2010 A
  1° maggio
2010
Ecuador*
11 febbraio
2005
13 marzo
2005
Egitto**
11 febbraio
1982 A
13 marzo
1982
Estonia
21 ottobre
1991 A
20 novembre
1991
Filippine
15 novembre
1972
27 gennaio
1980
Finlandia* **
19 agosto
1977
27 gennaio
1980
Gabon
  5 novembre
2004 A
  5 dicembre
2004
Georgia
  8 giugno
1995 A
  8 luglio
1995
Germania* **
21 luglio
1987
20 agosto
1987
Giamaica
28 luglio
1970
27 gennaio
1980
Giappone**
  2 luglio
1981 A
  1° agosto
1981
Grecia
30 ottobre
1974 A
27 gennaio
1980
Guatemala*
21 luglio
1997
20 agosto
1997
Guinea
16 settembre
2005 A
16 ottobre
2005
Guyana
15 settembre
2005
15 ottobre
2005
Haiti
25 agosto
1980 A
24 settembre
1980
Honduras
20 settembre
1979
27 gennaio
1980
Irlanda
  7 agosto
2006 A
  6 settembre
2006
Italia
25 luglio
1974
27 gennaio
1980
Kazakstan
  5 gennaio
1994 A
  4 febbraio
1994
Kirghizistan
11 maggio
1999 A
10 giugno
1999
Kiribati
15 settembre
2005 A
15 ottobre
2005
Kuwait
11 novembre
1975 A
27 gennaio
1980
Laos
31 marzo
1998 A
30 aprile
1998
Lesotho
  3 marzo
1972 A
27 gennaio
1980
Lettonia
  4 maggio
1993 A
  3 giugno
1993
Liberia
29 agosto
1985
28 settembre
1985
Libia
22 dicembre
2008 A
21 gennaio
2009
Liechtenstein
  8 febbraio
1990 A
10 marzo
1990
Lituania
15 gennaio
1992 A
14 febbraio
1992
Lussemburgo
25 maggio
2003
22 giugno
2003
Macedonia
  8 luglio
1999 S
17 novembre
1991
Malawi
23 agosto
1983 A
22 settembre
1983
Malaysia
27 luglio
1994 A
26 agosto
1994
Maldive
14 settembre
2005 A
14 ottobre
2005
Mali
31 agosto
1998 A
30 settembre
1998
Marocco*
26 settembre
1972
27 gennaio
1980
Maurizio
18 gennaio
1973 A
27 gennaio
1980
Messico
25 settembre
1974
27 gennaio
1980
Moldova
26 gennaio
1993 A
25 febbraio
1993
Mongolia*
16 maggio
1988 A
15 giugno
1988
Montenegro
23 ottobre
2006 S
  3 giugno
2006
Mozambico
  8 maggio
2001 A
  7 giugno
2001
Myanmar
16 settembre
1998 A
16 ottobre
1998
Nauru
  5 maggio
1978 A
27 gennaio
1980
Niger
27 ottobre
1971 A
27 gennaio
1980
Nigeria
31 luglio
1969
27 gennaio
1980
Nuova Zelanda**
  4 agosto
1971
27 gennaio
1980
Oman*
18 ottobre
1990 A
17 novembre
1990
Paesi Bassi* **
  9 aprile
1985 A
  9 maggio
1985
Panama
28 luglio
1980 A
27 agosto
1980
Paraguay
  3 febbraio
1972 A
27 gennaio
1980
Perù*
14 settembre
2000
14 ottobre
2000
Polonia
  2 luglio
1990 A
  1° agosto
1990
Portogallo*
  6 febbraio
2004 A
  7 marzo
2004
Regno Unito* **
25 giugno
1971
27 gennaio
1980
Rep. Centrafricana
10 dicembre
1971 A
27 gennaio
1980
Ruanda
  3 gennaio
1980 A
  2 febbraio
1980
Russia*
29 aprile
1986 A
29 maggio
1986
Saint Vincent e Grenadine
27 aprile
1999 A
27 maggio
1999
Salomone, Isole
  9 agosto
1989 A
  8 settembre
1989
Santa Sede
25 febbraio
1977
27 gennaio
1980
Senegal
11 aprile
1986 A
11 maggio
1986
Serbia
12 marzo
2001 S
27 aprile
1992
Siria*
  2 ottobre
1970 A
27 gennaio
1980
Slovacchia
28 maggio
1993 S
  1° gennaio
1993
Slovenia
  6 luglio
1992 S
25 giugno
1991
Spagna*
16 maggio
1972 A
27 gennaio
1980
Sudan
18 aprile
1990
18 maggio
1990
Suriname
31 gennaio
1991 A
  2 marzo
1991
Svezia**
  4 febbraio
1975
27 gennaio
1980
Svizzera
  7 maggio
1990 A
  6 giugno
1990
Tagikistan
  6 maggio
1996 A
  5 giugno
1996
Tanzania*
12 aprile
1976 A
27 gennaio
1980
Togo
28 dicembre
1979 A
27 gennaio
1980
Tunisia*
23 giugno
1971 A
27 gennaio
1980
Turkmenistan
  4 gennaio
1996 A
  3 febbraio
1996
Ucraina*
14 maggio
1986 A
13 giugno
1986
Ungheria
19 giugno
1987 A
19 luglio
1987
Uruguay
  5 marzo
1982
  4 aprile
1982
Uzbekistan
12 luglio
1995 A
11 agosto
1995
Vietnam*
10 ottobre
2001 A
  9 novembre
2001
*
Riserve e dichiarazioni.
**
Obiezioni. Le riserve e le dichiarazioni non sono pubblicate nella RU. Il testo, in francese e inglese, può essere consultato sul sito Internet dell’Organizzazione delle Nazioni Unite: http://treaties.un.org/ oppure ottenuto presso la Direzione del diritto internazionale pubblico (DDIP), Sezione Trattati internazionali, 3003 Berna.