GLOSSARIO

ANNESSIONE

L’annessione è l’atto tramite cui uno Stato amplia il proprio territorio, nella maggior parte dei casi a scapito di un altro stato.
L’annessione può avvenire a danno di una porzione del territorio di un altro Stato, che continua ad esistere (annessione propriamente detta).
Oppure può riguardare l’intero territorio di un altro Stato, che cessa pertanto di esistere, specialmente se a seguito di sconfitta militare (debellatio e incorporazione). In tale secondo caso, l’annessione era giustificata dalla necessità di mantenere la sicurezza all’interno del territorio.
L’annessione non è il contrario né della “cessione” né della “secessione” e non è sinonimo di “fusione”.
L’annessione, difatti, è un atto unilaterale in cui il territorio viene tenuto da uno Stato e legittimato attraverso il riconoscimento generale da parte degli organismi internazionali.
Nel diritto internazionale contemporaneo, l’annessione illegale di un territorio da parte di una potenza occupante si deve considerare privo di effetti giuridici.
Fino al termine della prima guerra mondiale e alla messa al bando dell’uso della forza come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, l’annessione poteva essere la conseguenza legale della sconfitta militare e debellatio dell’avversario.
In passato, l’annessione poteva anche fare seguito all’occupazione militare di territori che non sono sotto sovranità di alcuno Stato (res nullius).
In tal caso, l’annessione deve essere effettiva e con l’intenzione di sottoporre il territorio alla propria sovranità, oltre che notificata agli stati terzi, come definito dalla Convenzione di Berlino del 1885.
Quando l’annessione avviene tramite accordo internazionale, specie se in cambio di contropartita in denaro (es., la cessione delle isole Caroline da parte della Spagna alla Germania nel 1899 per 25 milioni di pesetas, o la vendita della Louisiana dalla Francia agli Stati Uniti) o come compensazione per danni di guerra (es., i territori tedeschi passati al Belgio o a Polonia e Unione Sovietica), si parla di cessione.
Durante la seconda guerra mondiale, l’impiego delle annessioni ha privato intere popolazioni dei diritti previsti dal diritto internazionale in materia di occupazione militare.
I fautori della quarta Convenzione di Ginevra hanno reso molto più difficile per uno Stato l’aggiramento del diritto internazionale attraverso l’uso di un’annessione.

TERON O POLENTON – SEMPRE ITALIANI SONO.

Il termine "terrone" (in italiano) o "teron" (in lingua veneta) viene spesso usato per indicare persone del sud-italia, così come l'appellativo "polentone" (in italiano) o "polenton" (in lingua veneta) viene spesso usato per indicare persone originarie del nord-italia, spesso di origine veneta.
Questa distinzione la dice lunga sul significato che noi attribuiamo ai due termini.
Sia l'uno che l'altro, infatti, vengono accollati a persone meridionali o settentrionali cioè del sud o del nord … italia.
Entrambi i termini vengono così impropriamente adoperati, spesso in modo dispregiativo, per additare soggetti di diversi luoghi di origine.
Ma tutti questi luoghi sono ad oggi territori occupati illegalmente dall'italia.
Per noi del MLNV pertanto, l'attribuzione del termine "teron" o "polenton" è significativo per qualificare una persona che si ritiene italiana, a prescindere dalle proprie origini.
Se un veneto si manifesta italiano per noi è un "polenton", se lo fa un napoletano o un siciliano per noi è un "teron".
Non può esserlo se identifica la propria origine derivante dalla libera appartenenza al proprio Popolo al quale si sente accomunato da un duraturo sentimento di appartenenza e avente un riferimento comune ad una propria cultura, lingua e una propria tradizione storica, sviluppate su un territorio geograficamente determinato … la propria Nazione.
Le origini italiane non ci possono essere imposte perché non esistono… il Veneto è di origine veneta, sicuramente non del nord-italia.
Il Napoletano è di origine napoletana, sicuramente non del sud-italia.
Così anche altri Popoli, i cui territori sono stati totalmente o parzialmente occupati dall'italia, (pensiamo per esempio al "Sud Tirol") hanno origini differenti e hanno sviluppato civiltà diverse.
Lo stato italiano tenta ancora oggi di spersonalizzare l'identità dei Popoli delle Nazioni da lui soggiogate.
Attribuisce loro una forzata e inesistente identità italiana e annichilisce le rispettive civiltà attribuendosi arbitrariamente anche paternità che non ha.
Si pensi a casa scrive per esempio Wikipedia di Marco Polo: "Marco Polo … è stato un ambasciatore, scrittore, viaggiatore e mercante italiano", per non dire di Vivaldi tacciato come "compositore e violinista italiano".
Ma che vergogna.
WSM
Venetia, 8 novembre 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio
 

FORZA – USO DELLA…

Nel settore dell'uso della forza, l'affermazione del principio di autodeterminazione ha avuto una duplice conseguenza.
Da un lato,  esso ha ampliato la portata de divieto di cui all'art.2 pag. 4, della Carta delle Nazioni Unite, proibendo agli Stati di ricorerre alla minaccia, o all'uso della forza contro il Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
Dall'altra parte, i Movimenti di Liberazione in lotta per l'autodeterminazione hanno il diritto di ricorrere alla forza per reagire contro lo Stato che impedisce con la forza l'esercizio del diritto di autodeterminazione.
 
 
commenti:
 
Anche allo stato italiano è fatto divieto, quindi proibito, di ricorrere all'uso della forza contro i Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
L'art.2 pag. 4 della Carta delle Nazioni Unite precisa altresì che gli stati, quindi compreso quello italiano, non può ricorrere neppure alla minaccia, ovvero all'intimidazione contro i Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
Per intimidazione e minaccia deve intendersi anche la provocazione, quale sfida o istigazione da parte dello stato occupante nei confronti dei Popoli che invocano il diritto di autodeterminazione.
Lo stato italiano sfida ogni giorno il Popolo Veneto e calpesta deliberatamente i suoi diritti previsti per legge.
La sua è una sfida intenzionale.
L'intimidazione è destinata a trascinarci tutti in un forzato confronto con le sue istituzioni che agiscono illegalmente sui nostri territori.
Come quasi tutti i tiranni, anche lo stato italiano, ha necessità di "giustificare" il proprio operato ma, essendo una "falsa democrazia", lo deve fare con il pretesto dell'ordine pubblico o magari anche del terrorismo.
Il Popolo Veneto va quindi piegato dalla paura, dal timore di una aggressiva, folle e illegittima reazione da parte dello stato occupante.
Per lo stato italiano il Popolo Veneto non esiste (come se bastasse una sentenza della loro corte costituzionale a cancellare ciò che siamo).
Questa è una incontrovertibile offesa ed è nostro diritto che lo stato italiano si scusi con il Popolo Veneto per tanta arrogante e oltraggiosa insolenza.
Ma perché tanta imprudenza?
Ci hanno abituati che ad ogni azione corrisponde una reazione.
Ciò nonostante, per ogni dispotismo il presupposto di ogni repressione è fondato sul principio che non può esserci confronto se non ci sono gli "sfidanti".
Il sistema è sempre lo stesso.
Lo stato dominante ha bisogno di trascinare il "confronto" (che tale non è) sul piano della forza perché è quello a cui sono abituati, dove si sentono più forti e possono pretestuosamente "sopprimere" gli avversari e calpestare i loro ideali.
Ma se i nemici non ci sono come potrebbe giustificare tanta veemenza?
Ricordate il caso "Polisia Veneta"???
Ecco un tangibile esempio di tale strategia.
Pur sapendo di mentire, polizia e magistratura, con la complicità di taluni italianissimi mezzi di informazione mediatica, hanno presentato questo Movimento di Liberazione Nazionale come un accozzaglia di sprovveduti, di malviventi, armati e pronti alla guerra.
Una indegna, impunita e ipocrita commedia.
Ma si sa che lo stato italiano è fondato sulla frode fin dal suo inizio ed è abituato a sopprimere con violenza chi vi si oppone … è una ineluttabile dinamica perché nell'esercizio di una forza sono sempre coinvolti due rivali.
E' in questa dualità che si confrontano il bene e il male, il giusto e il malavitoso, la democrazia e la tirannia.
Questo è il percorso del MLNV, che scioglie i nodi con il sistema e non accetta compromessi o "allettanti scorciatoie".
Non sono solo i soldi a nuocere, ma anche l'ambizione del potere.
Il ripristino di una Nazione è spesso giocata sul tavolo di avvoltoi e imbonitori, con interessi inimmaginabili.
Un Popolo, rimane spesso il protagonista assente del proprio destino.
WSM
Venetia, giovedì 1 novembre 2018
Sergio Bortotto
Presidente del MLNV e del Governo Veneto Provvisorio.
 

CRIMINI CONTRO L’UMANITA’

La locuzione crimine contro l'umanità definisce le azioni criminali che riguardano violenze ed abusi contro popoli o parte di popoli, o che comunque siano percepite, per la loro capacità di suscitare generale riprovazione, come perpetrate in danno dell'intera umanità.
I crimini contro l'umanità sono in genere distinti dai crimini di guerra e talvolta anche dal genocidio; non tutti gli ordinamenti giuridici prevedono direttamente figure di crimini contro l'umanità, mentre alcuni le prevedono indirettamente, in forma recettizia di trattati internazionali.
L'accusa di crimine contro l'umanità include fra i casi perseguiti: il genocidio, la cosiddetta pulizia etnica, lo sterminio di massa, il democidio, la deportazione, la sparizione forzata, la tortura e talvolta anche i crimini di guerra, lo schiavismo o la distruzione di opere d'arte di grande valore.
 
 

PERSECUZIONE

Si intende per persecuzione l'insieme delle azioni di forza e di atti ostili, diretti contro una o più persone.
Di solito le persecuzioni sono rivolte a comprimere un movimento politico o religioso o a eliminare un gruppo etnico o sociale.
Una definizione di ciò che s'intende come persecuzione è indicato dallo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (17 luglio 1998) che all'articolo 7, riguardante i crimini contro l'umanità, recita che per: «"persecuzione" s'intende la intenzionale e grave privazione dei diritti fondamentali in violazione del diritto internazionale, per ragioni connesse all'identità del gruppo o della collettività».
Nello stesso Statuto viene indicata una casistica di ciò che rientra nel crimine di persecuzione: «Persecuzione contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità, ispirata da ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico, culturale, religioso o di genere sessuale ai sensi del paragrafo 3, o da altre ragioni universalmente riconosciute come non permissibili ai sensi del diritto internazionale, collegate ad atti previsti dalle disposizioni del presente paragrafo o a crimini di competenza della Corte»
COMMENTO
Che strana somiglianza esiste anche in questo caso con taluni comportamenti posti in essere dalle autorità d'occupazione straniere italiane contro i Cittadini del Popolo Veneto.
 

STALKING

Per stalking si intende l'atteggiamento persecutorio di un soggetto che molesta la propria vittima fino a generare stati di paura e di ansia e compromettendone anche il normale svolgimento della vita quotidiana.
In inglese, il termine stalking starebbe soprattutto ad indicare un soggetto che cammina in modo furtivo, con circospezione, come un ladro in agguato insomma.
il termine inglese intende soprattutto indicare l'insieme di comportamenti molesti e continui, come appostamenti e pedinamenti fino a vere e proprie intrusioni nella vita privata della vittima.
Tutto ciò è caratterizzato dall'insistenza con la quale il delinquente pretende di avere un contatto personale con la vittima e la tormenta anche con telefonate e comunicazioni fastidiose, oscene o minacciose.
Il tutto di solito degenera anche in aggressioni fisiche e addirittura con l'uccisione della vittima.
L'insistenza e la tenace persistenza dell'aggressore può provocare anche un malessere psicologico nella vittima e chi li attua è un soggetto che commette un atto criminale.
COMMENTO
"Stranamente" ecco un altro atteggiamento crimnale che assomiglia moltissimo a quelli adottati dai mercenari dello stato italiano anche contro i Cittadini del Popolo Veneto.

 

OFFENSIVITÀ – PRINCIPIO DI …

Tale principio è un elemento essenziale della concezione liberal-democratiaca del reato, insieme al principio di materialità, e al principio di colpevolezza.
Escluderebbe la punibilità di fatti in cui manca una effettiva lesione del bene giuridico protetto.
Lo stesso principio si contrappone all'esigenza che a volte sussiste di prevenire anticipatamente la lesione di un bene giuridico, punendo anche la sola condotta del soggetto.
es.: casi di tipicità apparente, quali il furto di un acino d'uva o di un chiodo, i falsi grossolani o innocui.
Il brocardo di riferimento è nullum crimen sine iniuria il reato deve quindi caratterizzarsi nell'offesa ad un bene giuridico, il principio di offensivita si desume dall'art. 49 comma 2, che esclude la punibilità del reato impossibile, e dagli art. 25 e 27 Cost.
Si è quindi in base a ciò affermato che la nozione di reato tipico ricomprende, insieme con altri requisiti, l'offesa del bene tutelato.
 

MATERIALITA’ – DEL REATO

Il principio di materialità ha la sua fonte nella Costituzione Italiana e precisamente all'art. 25, il quale articolo parla di punibilità per un "… fatto commesso". 
Tale principio sancisce l'assenza del reato in mancanza di una volontà criminosa che si materializzi in un comportamento esterno.
Vi è una massima che lo esprime "cogitationis poenam nemo patitur", il senso è che può considerarsi reato solo un comportamento umano che si estrinseca nel mondo esteriore, quindi che si possa percepire con i sensi.
La conseguenza è che non si possono considerare reati:

  1. gli atteggiamenti volontari semplicemente interni;
  2. quelle intenzioni meramente dichiarative (ad es. un proposito omicida che non si tradurrà mai in atti idonei ad uccidere);
  3. i modi di essere della persona (tratti caratteriali).

Non si può, quindi, essere puniti per aver pensato o elaborato mentalmente un reato ma, invece, è necessaria l'estrinsecazione di tale "pensieri" o "elaborazione" in un reale comportamento fattuale.
 

COGITATIONIS POENAM NEMO PATITUR

La locuzione latina cogitationis poenam nemo patitur (Trad. nessuno può subire una pena per i suoi pensieri) esprime il cd. principio di materialità del Diritto Penale. 
Secondo tale principio non può mai esservi reato, né di conseguenza pena, se la volontà criminosa non si materializza in un comportamento esterno. (Es. non è reato di omicidio il pensare di uccidere qualcuno).
Si tratta della concretizzazione del principio di materialità di cui all'art. 1 del codice penale che, per l'applicabilità di una sanzione penale, fa esplicito riferimento a "un fatto" espressamente preveduto dalla legge come reato. 
Può trattarsi di un'azione direttamente posta in essere dall'agente ovvero, come previsto dal secondo comma dell'art. 40 c.p., di una omissione che essa stessa ha comportato il verificarsi del fatto che l'agente aveva, invece, l'obbligo giuridico di impedire che si realizzasse.
Il codice penale italiano ha accolto il principio in esame anche in altre disposizioni:
all'art. 115 laddove esclude la punibilità per le ipotesi di accordi o istigazioni che non siano seguite dal reato. 
La norma ribadisce che ai fini della sanzione penale non è sufficiente un'intenzione criminale ma sia necessaria una reale offesa del bene protetto.

 

COSPIRAZIONE

Una cospirazione (anche complotto o congiura) è un'azione condotta da più persone, mediante un accordo segreto, mirante ad alterare o sovvertire una situazione sociale consolidata.
Benché nella storia dell'umanità siano ricordate anche cospirazioni di tipo economico ovvero congiure interne a formazioni sociali non statuali, la cospirazione politica è foriera degli sviluppi più dirompenti o potenzialmente duraturi: essa è instaurata per modificare, sovvertire, cambiare radicalmente, a volte con uso di mezzi violenti e coercitivi, un regime, uno stato, una forma di governo, una situazione politica o di altro tipo.
Molte delle caratteristiche dell'attività di cospirazione ovvero:
  1. segretezza;
  2. numero chiuso o controllato di partecipanti;
  3. pianificazione di azioni dimostrative o insurrezionali.
Ad esse fanno ricorso anche i movimenti patriottici insurrezionali o di liberazione nazionale.
Tutti i partecipanti alle attività di cospirazione volte al cambiamento di situazioni insostenibili o alla liberazione degli stati nazionali hanno subito, a volte anche eroicamente resistito, alle iniziative di contrasto di stati totalitari e dispotici subendone personalmente e coscientemente le conseguenze fino al dono della propria vita in difesa degli ideali comuni nei quali credevano.
Gli stati temono le cospirazioni e cercano di difendersi con attività investigative e con leggi più o meno restrittive.
Per proteggersi dalle cospirazioni gli stati attivano servizi di polizia politica che opera con mezzi quali:
  1. l'indagine personale
  2. l'infiltrazione di falsi adepti
  3. gli arresti
Per contrastare le cospirazioni, vere o presunte, le polizie politiche a ciò incaricate, con l'intento di prevenirne la diffusione e nella difficoltà di applicare norme di legge ordinarie, a volte sono tentate o spinte ad usare metodi illegittimi o, addirittura, criminali.
Si opera in modo che gli infiltrati diventino agenti provocatori, le indagini personali siano trasformate in vessazioni continue o in informative costruite ad arte.
Si pongono in essere altri strumenti quali:
  1. la corruzione (con fondi occulti o segreti),
  2. il finanziamento di gruppi di contrasto interni o alternativi,
  3. l'arresto preventivo.
La cospirazione, per la sua natura inizialmente di mera pianificazione, è di difficile definizione alla luce del principio Cogitationis poenam nemo patitur; in questa fase la perseguibilità delle ideologie, anche se contrarie all'ordine costituito, è assai difficoltosa attraverso leggi ordinarie in uno Stato attento alla tutela delle libertà personali. 
Diversamente, sono maggiormente perseguibili le azioni che potrebbero avere origine dall'attività di cospirazione; in ogni caso, la difesa dello Stato – anche in alcuni ordinamenti democratici – autorizza un arretramento del momento iniziale della persecuzione penale, mediante i reati di attentato e quelli associativi. 
Quando le esigenze della persecuzione giudiziaria registra una distonia tra gli ordinamenti di diversi Stati, la qualificazione del fatto come reato politico può aiutare l'imputato ad evitare l'estradizione (come avvenne nel caso della dottrina Mitterrand).
Resta, però, nei fatti, più aleatoria la persecuzione dei mandanti di azioni penalmente rilevanti originatesi da attività di cospirazione quando la segretezza, che ne è una caratteristica peculiare, non riesce ad essere penetrata dalle attività di investigazione.
In alcuni casi si assiste ad un crescendo di iniziative di contrasto fino alla promulgazione di leggi speciali e alla istituzione anche di tribunali speciali.
Questo sottrae ai probabili partecipanti alle attività di cospirazione la possibilità di difendersi adeguatamente e autorizza l'impiego di metodi che possono diventare cruenti.
In questi casi si assiste, quasi sempre, al diffondersi di:
  1. arresti senza adeguate motivazioni
  2. interrogatori senza garanzie
  3. detenzione in luoghi di confino
  4. pressioni psicologiche, fisiche
  5. torture.
Facilmente si cade, in queste situazioni, negli incidenti con ferimenti e decessi, negli omicidi per eccesso di utilizzo di metodi e di elementi violenti, o negli omicidi pianificati. Ultima e tragica fase è la repressione fisica selettiva o generalizzata di tutti gli oppositori.