GLOSSARIO

REDDITO DI RESIDENZA

La rendita mensile è erogata in pari misura a tutti i Cittadini residenti (ovvero non espatriati in via permanente) e si estingue e si rinnova alla scadenza di ogni mese.
Ad ogni membro della Comunità, fin dalla sua nascita e fino alla sua emancipazione, (acquisizione di cittadinanza e al compimento del 18° anno d’età), è riconosciuta la contribuzione pari alla metà di quella prevista mensilmente per i Cittadini residenti.
Il reddito di cittadinanza è un diritto ed è quindi cumulabile con gli altri redditi (da lavoro, da impresa, da rendita …) ma è usufruibile, secondo le modalità e priorità che si andranno a stabilire, solo nel corso del mese per il quale è erogato.
La revoca, la sospensione o la parziale erogazione del reddito di cittadinanza sarà regolamentata esclusivamente in base alle priorità determinate dal prevalente interesse nazionale.
Vedi anche CREDITI SOCIALI.

RAPPORTO GIURIDICO

I rapporti giuridici definiscono e regolano di fatto la posizione giuridica di ogni soggetto dotato di personalità giuridica che interagisce con le cose o gli altri soggetti di diritto.
Tutte le relazioni giuridiche sono disciplinate dalla legge e dal buon senso.
L’OGVP nel riconoscere l’attribuzione di personalità giuridica a tutti i soggetti titolari del diritto all’esercizio della capacità giuridica, ovvero l’effettuale idoneità ad essere titolare di diritti ne recepisce anche la contestuale, incondizionata idoneità e conformità ad essere titolare di doveri.
Tale peculiarità non può essere avulsa dalla capacità di beneficiare dei diritti e dalla responsabilità derivante dai doveri.

PRINCIPIO DI LEGALITA’

Tale principio ammette che il potere venga esercitato in modo discrezionale, ma non in modo arbitrario.
Sotto il profilo formale, il principio di legalità conferisce alla pubblica amministrazione la giurisdizione e i soli poteri conferiti dalla legge.
Sotto il profilo sostanziale, il principio di legalità conferisce alla pubblica amministrazione sia la giurisdizione che la facoltà di esercizio dei loro poteri in conformità con i contenuti prescritti dalla legge.
L’amministrazione è tenuta non solo a perseguire i fini determinati dalla legge (legalità-indirizzo), ma anche a operare in conformità alle disposizioni normative stesse (legalità-garanzia).
L’Amministrazione del Governo Veneto Provvisorio (GVP), agisce in tutte le sue espressioni ed articolazioni attraverso l’emanazione, l’applicazione e il potere di far osservare le norme emanate.

Il principio di legalità si afferma dopo la Rivoluzione francese del 1789. Sorge come risposta al potere e all’oppressione dell’Ancien Régime, come rigetto della funzione giurisdizionale come concepita nell’idea del tempo.
Il magistrato, funzionario del Re, diceva la legge, e la legge promanava dal re.
Il rifiuto di questa idea si traduceva nella dottrina di chi credeva che il giudice dovesse essere la “bocca della legge” e di chi riteneva di ricacciare nell’oblìo di costumi medievali la “legge dei tribunali”.
Nell’idea giacobina del tempo, si afferma l’idea che la legge non possa essere interpretata dunque, se non rigidamente e in maniera letterale.
La concezione del giudice come mero tramite della regola è sopravvissuta fino ai giorni nostri, perdendosi però il significato partigiano e giacobino della funzione giurisdizionale, e affermandosi un significato universale: il principio di legalità esprime oggi una scelta politica in base alla quale la libertà viene limitata nella misura essenziale per assicurare la pace.
Storicamente, limiti rigidi sono stati imposti alla funzione giurisdizionale, a vantaggio del legislatore, rappresentante del popolo, che non può nuocere a sé stesso.
La fiducia illuministica nella ragione dell’uomo si concretizza poi nel pensiero che la legge, in quanto traduzione materiale di principi naturali, è cosa intrinsecamente giusta, e che la certezza dello strumento-legge deve essere massima.

ASSEMBLEA COSTITUENTE

  • assicurare la sua istituzione;
  • salvaguardare la sua sicurezza, in tutti i suoi aspetti;
  • assicurare i lavori;
  • garantire la completa autogestione e autonomia decisionale.
All’Assemblea Costituente possono chiedere di partecipare i Delegati che non abbiano mai concorso o ricoperto cariche istituzionali e o rappresentative di partiti e/o organizzazioni politiche e/o amministrative di qualsivoglia ragione e/o colore politico in ambito straniero italiano e che non ricoprano cariche istituzionali nell’ambito del Governo Federale Provvisorio.
Appena insediata l’Assemblea Costituente deve provvedere alla nomina di un Presidente di Assemblea scelto a maggioranza assoluta fra tutti i Delegati e provvedere alla stesura e all’approvazione di un proprio e autonomo “regolamento” (RAC) che ne disciplini il funzionamento e che diverrà parte integrante dello stesso Ordinamento Giuridico Provvisorio.
L’Assemblea Costituente fruisce di personalità giuridica originaria, quale estrinsecazione delle finalità per le quali è costituita.
Un’assemblea costituente è un’assemblea eletta e costituita con lo scopo di scrivere e/o adottare una Costituzione, assumendo così il cosiddetto potere costituente.
IL POTERE COSTITUENTE
È un potere libero, anzi l’unico potere libero nel diritto costituzionale (v. problematicamente al riguardo gli scritti di Ernst-Wolfgang Böckenförde, Mario Dogliani, Peter Haberle, Gustavo Zagrebelsky).
Infatti nessuna regola preesistente lo vincola. In questa ottica, l’emanazione della Costituzione segna il passaggio tra due fasi storico-giuridiche diverse. Con la Costituzione, infatti, si esaurisce il potere costituente (prima del quale vi è il caos) ed inizia il potere costituito (v. Paolo Barile, Vezio Crisafulli, Giovanni Arangio-Ruiz, Gianpietro Calabrò, Giovanni Bianco).
Il suo esercizio può, in linea teorica, coincidere con la volontà di un’Assemblea Costituente democraticamente eletta, oppure derivare da eventi storici di carattere rivoluzionario che determinano il sorgere di un nuovo regime politico, cioè di una nuova forma di Stato, o, anche, da un colpo di Stato.
Peraltro, il problema del potere costituente ha costituito uno dei temi centrali della riflessione costituzionalistica.
Nella dottrina giuridica è possibile individuare schematicamente due diverse letture di questo concetto.
Secondo un primo filone, di matrice gius-positivistica il problema della definizione e del significato del potere costituente è un falso problema, non è un problema giuridico: esso concerne i meri fatti umani e non è qualificabile quale un fatto normativo.
In altre parole, il potere costituente, in quanto non costituito, in quanto assoluto e illimitato, non è giuridico.
Esso è invece un fatto unico e irripetibile, che sta all’origine del nuovo ordinamento.
E come noto, nell’ambito della concezione positivista, il mondo dei fatti è nettamente distinto dal mondo del diritto.
Quanto al secondo filone, questo è riconducibile al pensiero di Costantino Mortati, il teorico della dottrina della “Costituzione materiale”.
Secondo Mortati il potere costituente è espressione di un insieme di forze che mirano all’ordine (v. anche sul tema i contributi di Pietro Giuseppe Grasso).
Esso non è un mero potere di fatto, ma è l’inizio di un processo che conduce all’ordine, alla Costituzione (Carl Schmitt sul punto parlava di “forma originaria del potere politico”; Paolo Barile ha scritto che “il potere costituente rientra nelle fonti di produzione del diritto obiettivo, in quanto fonte di produzione delle norme costituzionali”).
Nell’ambito di questa concezione, “costituente” non è più semplicemente il contrario di “costituito”, ma è anche, e forse soprattutto, l’inizio di ciò che si costituisce.
Il potere costituente è così inteso come lo Stato nascente della normatività. Mortati – che a differenza della dottrina positivistica rigetta l’idea di una rigida separazione tra fatto e diritto – si pone pertanto il problema della permanenza all’interno della sfera giuridica del potere costituente.

POPOLO VENETO

I Veneti sono Persone accomunate dalla specificità della propria cultura, della propria storia, delle tradizioni e delle proprie origini etniche e come tali affermano la propria Nazione.
Il Popolo Veneto si identifica in quanto tale a prescindere da qualsiasi vincolo di patrimonio genetico attribuibile a specifici tratti razziali.
Millenari eventi della storia attribuiscono inequivocabilmente la qualifica di Popolo e Nazione alle Genti stanziate nel territorio delle Venetie, che condividono la stessa lingua con varianti locali più o meno marcate, parlata da cinque milioni di veneti stanziali e da almeno altrettanti emigrati nel mondo, che condividono la stessa storia, le stesse tradizioni e la stessa cultura.
I Veneti hanno costituito fino al 1797 la Repubblica Serenissima, dalla storia millenaria, occupata militarmente e annessa al regno italico per una congiura della massoneria internazionale.

« Ogni collettività umana avente un riferimento comune ad una propria cultura e una propria tradizione storica, sviluppate su un territorio geograficamente determinato (…) costituisce un popolo. Ogni popolo ha il diritto di identificarsi in quanto tale. Ogni popolo ha il diritto ad affermarsi come nazione. »

PERSONALITA GIURIDICA

Con riferimento e per gli effetti dell’art.6 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani l’OGVP assicura ad ogni individuo il diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.
Essere titolari di personalità giuridica significa “esistere”  con tutti i diritti, i doveri e le responsabilità che ne derivano rispetto alle altre persone e allo stesso OGVP.

PERSONA – ESSERE UMANO

Tutte le norme sono subordinate e tenute al rispetto di questi elementi fondamentali:

  • il Creato, ovvero la Natura universale in tutte le sue espressioni;
  • la Persona umana in vita, sovrana del proprio corpo fisico, della propria sfera intellettuale e della propria sfera spirituale;
  • il Popolo Veneto, soggetto originario fonte e destinatario delle norme;
Ogni essere umano è originale e titolare esclusivo del proprio corpo fisico costituito da carne, ossa e sangue.
Ogni essere umano è originale e titolare esclusivo della propria sfera intellettuale, con la propria libera facoltà di intendere, di concepire pensieri, elaborare idee e formulare pareri.
Ogni essere umano è originale e titolare esclusivo della propria sfera spirituale, radice ed estrinsecazione della sua libera coscienza e personalità.
Ogni essere umano è dunque Persona perché è ciò che è, espressione della propria personalità derivante dalla propria originale individualità e come tale titolare di una propria identità.
L’esistenza di ogni essere umano come Persona costituisce un imprescindibile diritto naturale universalmente efficace e come tale non può che essere libera.
L’impossibilità d’impedire o ostacolare anche in parte il diritto all’esistenza di una persona rispetto ad un’altra determina, in qualsiasi ragionevole, equa e contestuale condizione, l’uguaglianza nel godimento di pari diritti fra esseri umani.
LA PERSONA FISICA
Una persona fisica, in diritto, è l’essere umano in quanto soggetto di diritto e, quindi, dotato di capacità giuridica.
Si possono definire persone fisiche tutti gli esseri umani nati vivi, cioè che hanno respirato almeno una volta.
Negli ordinamenti statali attuali la soggettività giuridica è riconosciuta a tutti gli esseri umani; in ordinamenti del passato, invece, esistevano esseri umani ai quali non era attribuita alcuna soggettività giuridica: gli schiavi.
La soggettività giuridica delle persone fisiche non è sempre presente negli ordinamenti diversi da quelli statali: ad esempio, nell’ordinamento internazionale sono soggetti di diritto gli stati e le organizzazioni internazionali ma non le persone fisiche (anche se, secondo alcuni autori, lo sarebbero divenute nei tempi più recenti, in considerazione del fatto che molte norme del diritto internazionale umanitario sembrano avere come destinatari non soltanto gli stati ma anche le persone fisiche).
In ambito filosofico, si definisce persona un essere dotato, nella concezione moderna almeno potenzialmente, di coscienza di sé e in possesso di una propria identità. L’esempio più evidente di persona – per alcuni l’unico – è la persona umana.
La nozione di “persona” è anche oggetto degli approfondimenti propri dell’antropologia filosofica.
Il termine “persona” deriva dal latino persōna persōnam derivato probabilmente dall’etrusco φersu, indi φersuna, che nelle iscrizioni tombali riportate in questa lingua indica “personaggi mascherati”.
Tale termine etrusco sarebbe ritenuto un adattamento del greco πρόσωπον (prósōpon) dove indica il volto dell’individuo, ma anche la maschera dell’attore e il personaggio da esso rappresentato.
Secondo Giovanni Semerano originariamente il valore richiamava quello del latino pars ossia parte, funzione, ufficio di un personaggio, mentre quello di maschera è derivato e posteriore come anche per πρόσωπον, che comunque non sarebbe in nessun rapporto etimologico con persona.
Un’etimologia alternativa è stata individuata nel verbo latino personare, (per-sonare: parlare attraverso).
Ciò spiegherebbe perché il termine persona indicasse in origine la maschera utilizzata dagli attori teatrali, che serviva a dare all’attore le sembianze del personaggio che interpretava, ma anche a permettere alla sua voce di andare sufficientemente lontano per essere udita dagli spettatori.
Tuttavia, dal punto di vista fonetico, è necessario ricordare che il verbo latino personare ha vocale radicale breve (ŏ), mentre il sostantivo persona presenta una vocale lunga (ō).
È inoltre chiaro che la capacità di farsi sentire da lontano era piuttosto da attribuire alla forma del teatro che non alla maschera indossata dall’attore.
Tale etimologia, infine, si scontra con l’assenza in latino di altri sostantivi in -ōna di tipo deverbale, mentre sembra più vicina a termini di origine etrusca in -ōna, da rintracciare in particolare nell’onomastica.
Ciononostante, è probabile che i due termini siano stati accostati in ambito latino paretimologicamente sulla base della prossimità semantica e dell’ambito d’uso.
Con lo Stoicismo il termine “persona” iniziò ad indicare l’essere umano che ha un ruolo nel mondo affidatogli dal suo destino.
Si tratta di un termine fondamentale della cultura occidentale, che si rappresenta appunto come civiltà che riconosce il sacro valore dell’individuo-persona.
Ciò la contraddistingue dalle società orientali, tradizionalmente finora più marcatamente comunitariste.
Il concetto di “soggetto” e di relazione “soggetto-oggetto” costituisce un tema chiave della cultura, della filosofia e della teologia occidentali.
Il soggetto si configura progressivamente, nel corso della storia, come individuo autonomo, fulcro del sistema socio-culturale.
Il concetto di “personal identity” si delinea chiaramente nel “Saggio sull’intelletto umano” (1694) di John Locke.
Da allora la centralità dell’individuo nel sistema sociale “ha ossessionato l’immaginario dell’uomo occidentale” (Remo Bodei, “Destini personali”, 2002).
Importanti correnti culturali contemporanee hanno messo in rilievo la capacità dell’individuo di autoplasmarsi, di scolpire sé stesso come una statua (Michel Foucault, “Tecnologie del sé”,1992).
La libertà personale diventa, di conseguenza, il valore fondamentale de “La società degli individui” (Norbert Elias, 1987).

PERSECUZIONE

Si intende per persecuzione l’insieme delle azioni di forza e di atti ostili, diretti contro una o più persone.
Di solito le persecuzioni sono rivolte a comprimere un movimento politico o religioso o a eliminare un gruppo etnico o sociale.
Una definizione di ciò che s’intende come persecuzione è indicato dallo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (17 luglio 1998) che all’articolo 7, riguardante i crimini contro l’umanità, recita che per: «”persecuzione” s’intende la intenzionale e grave privazione dei diritti fondamentali in violazione del diritto internazionale, per ragioni connesse all’identità del gruppo o della collettività».
Nello stesso Statuto viene indicata una casistica di ciò che rientra nel crimine di persecuzione: «Persecuzione contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità, ispirata da ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico, culturale, religioso o di genere sessuale ai sensi del paragrafo 3, o da altre ragioni universalmente riconosciute come non permissibili ai sensi del diritto internazionale, collegate ad atti previsti dalle disposizioni del presente paragrafo o a crimini di competenza della Corte»
COMMENTO
Che strana somiglianza esiste anche in questo caso con taluni comportamenti posti in essere dalle autorità d’occupazione straniere italiane contro i Cittadini del Popolo Veneto.

PARTITI POLITICI

L’attività del partito politico è volta ad operare per l’interesse nazionale, si esplica nello spazio della vita pubblica e, nelle attuali democrazie rappresentative, ha per “ambito prevalente” quello elettorale.

Secondo Max Weber, «per partiti si debbono intendere le associazioni costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di potenza all’interno di un gruppo sociale e ai propri militanti attivi possibilità per il perseguimento di fini oggettivi e/o per il perseguimento di vantaggi personali».
Nella definizione del politologo americano Anthony Downs il partito politico è «una compagine di persone che cercano di ottenere il controllo dell’apparato governativo a seguito di regolari elezioni».
Gli elementi centrali delle definizioni sono dunque:
  •     Il partito è un’associazione;
  •     Il fine del partito è influenzare le decisioni pubbliche;
  •     Gli scopi del partito sono ottenuti principalmente attraverso la partecipazione alle elezioni;
  •     La strategia principale è l’occupazione di cariche elettive.
I partiti sono mediatori tra lo Stato e i cittadini. I partiti svolgono infatti la funzione di controllo dei governati sui governanti: poiché infatti i candidati si presentano all’interno di liste di partito, è più facilmente punibile un’eventuale rottura del patto di fiducia tra il candidato eletto e gli elettori che lo hanno votato (non votando più il partito di cui fa parte).
Ipartiti strutturano il voto: questo perché i candidati alle elezioni sono prevalentemente membri di un partito, e perché il partito è l’entità con cui gli elettori si identificano.
Esso svolge una funzione di socializzazione politica, poiché attraverso la loro azione i partiti educano gli elettori alla democrazia. Infine, mentre i gruppi di interesse articolano gli interessi dei cittadini, i partiti si occupano di aggregare questi interessi.

Noi del MLNV, ovviamente, non crediamo nella “strategia” dei partiti politici e anche laddove un partito così detto indipendentista riuscisse a controllare l’apparato governativo, anche solo di una parte del territorio, avrebbe raggiunto tale posizione di potere con le regole dettate dallo stato straniero occupante e ad esse sarebbe pertanto assoggettato.
In virtù di quelle stesse regole, per le quali il partito politico ha accettato la competezione elettorale, non può poi violarne i principi costituzionali… e nello stato straniero occupante italiano non vi sono norme che prevedono alcuna possibilità di dichiarare indipendente una parte di territorio.
Vale anche la pena ricordare che un partito indipendentista è costretto suo malgrado a competere ad elezioni amministrative in un ambito territoriale che solo parzialmente corrisponde ai territori della Repubblica Veneta.
Il territorio del Veneto, quale espressione dell’ente regione veneto dello stato straniero italiano, nulla ha a che fare con i territori della nostra Patria. Noi del MLNV non crediamo pertanto attuabile o appropriato affidare le proprie istanze d’indipendenza ad un partito politico.
Queste sono le menzogne dei “caregari” e “poltronai” di turno che con il pretesto indipendentista aspirano a posizioni di potere nell’ambito di istituzioni straniere italiane.
NON CREDETE AI PARTITI POLITICI, NEPPURE A QUELLI CHE SI DICHIARANO INDIPENDENTISTI.

Non c’è alcuna differenza morale o istituzionale nel presentarsi come candidato ad elezioni comunali, provinciali, regionali piuttosto che nazionali italiane.
Nessuna.
In tutti i casi sei sempre parte dell’apparato politico-amministrativo dello stato di riferimento.
La Costituzione Italiana parla chiaro.
In tutti i casi ti presenti con liste che sono partiti italiani.
In tutti i casi prendi lo stipendio dallo stato italiano.
In tutti i casi presti giuramento alla bandiera e al Popolo italiano.
In tutti i casi rispondi per ogni azione ai tuoi elettori italiani e per ogni atto illegale alla magistratura italiana.
Chi dice che resta a candidarsi nel proprio comune, provincia o regione per motivi patriottici veneti aborrando Senato o Parlamento italiani dice una tristissima boiata a cui ci possono credere solo coloro i quali non conoscono la costituzione italiana.
Chi resta qui invece di andare a Roma non fa nulla di diverso o di moralmente elevato o supremamente eroico per la causa libertaria del Popolo Veneto contribuisce in egual misura all’allontanamento dal vero obiettivo finale che resta la liberazione della nostra terra e non la partecipazione alla vita politica di chi ti occupa illegalmente da 146 anni.
L’Italia vuole tanti Veneto Stato e tanti Indipendenza Veneta.
Chi non sa guardare al passato non sa leggere il futuro.
Vico docet.

La Costituzione Italiana riconosce esplicitamente il ruolo dei Partiti Politici quando scrive, all’art. 49, che «tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale”.
Mi sembra assolutamente chiaro che un partito politico italiano che si presenta apertamente come indipendentista sia anti-Costituzionale e quindi legalmente irricevibile per qualsiasi tornata elettorale italiana.
Cambia invece se un partito si dichiara autonomista o federalista perché vuole cambiare la forma di stato che è legalmente possibile modificando le leggi costituzionali senza intaccare la conformazione geo-politica dello stato stesso sancita proprio dalla Costituzione stessa.
Quindi VENETO STATO e INDIPENDENZA VENETA non possono essersi dichiarati formalmente come partiti indipendentisti.

OFFENSIVITÀ – PRINCIPIO DI …